Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8512 del 31/03/2017
Cassazione civile, sez. II, 31/03/2017, (ud. 24/01/2017, dep.31/03/2017), n. 8512
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:sul ricorso 15151-2013 proposto da:
M.R., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE
ANGELICO 70, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNA PANSINI, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato CRISPINO IPPOLITO;
– ricorrente –
contro
P.E., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE
ANGELICO 301, presso lo studio dell’avvocato BASILIO PERUGINI, che
la rappresenta e difende unitamente all’avvocato BIAGIO BRUNO;
– controricorrente –
avverso il provvedimento della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata
il 20/04/2012 procedimento R.G.n. 1384/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
24/01/2017 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;
udito l’Avvocato GIOVANNA PANSINI, difensore della ricorrente, che ha
chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato BIAGIO BRUNO, difensore della controricorrente, che
ha chiesto l’accoglimento delle difese in atti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
PRATIS Pierfelice, che ha concluso per l’accoglimento del terzo
motivo e per l’assorbimento degli altri motivi di ricorso.
Fatto
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione del 5.1.2005, M.R. e M.M.F. convenivano in giudizio P.E., affinchè venisse condannata alla demolizione delle opere (pilastri relativi ad una seconda elevazione di un fabbricato già abusivo) illegittimamente realizzate su un terreno in comproprietà indivisa, alla nuova piantumazione degli alberi di agrumi estirpati per far posto alla costruzione ed al risarcimento dei danni.
Nel costituirsi in giudizio, la convenuta si opponeva all’accoglimento delle domande attrici.
Con sentenza n. 4468/2010, il Tribunale di Palermo rigettava le domande, escludendo l’illiceità delle opere, nonchè la lesività della costruzione nei confronti delle attrici, evidenziando altresì che la stessa era stata comunque edificata su terreno di esclusiva pertinenza della convenuta in sede di divisione.
Avverso tale sentenza proponevano appello le M..
La Corte d’Appello di Palermo, con ordinanza del 20.4.2012, ha dato atto della mancata comparizione delle parti in udienza e, verificata la regolarità dell’avviso eseguito ai sensi dell’art. 348 c.p.c., ha dichiarato improcedibile l’appello.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso M.R. (anche quale erede della defunta sorella M.M.F.), sulla base di tre motivi. P.E. ha resistito con controricorso. In prossimità dell’udienza pubblica, le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.= M.R. (anche quale erede della defunta sorella M.M.F.) denuncia:
a) Con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 3, per non aver la corte d’appello, una volta ritenuto che si fossero verificati i presupposti di cui all’art. 348 c.p.c., rinviato la causa per la precisazione delle conclusioni e definito il giudizio con sentenza e per essere stata l’ordinanza-sentenza di improcedibilità sottoscritta dal solo presidente, e non anche dal giudice relatore.
b) Con il secondo motivo, la violazione e falsa applicazione degli artt. 181 (nel testo anteriore alla novella di cui al D.L. n. 112 del 2008, conv. in L. n. 133 del 2008), artt. 348 e 359 c.p.c., per non aver la corte locale considerato che, essendo alle udienze del 20.4.2012 e del 2.12.2011 state assenti entrambe le parti costituite e trattandosi di un giudizio iniziato in primo grado prima del 25.6.2008 (data di entrata in vigore del D.L. n. 112 del 2008, conv. in L. n. 133 del 2008), andava applicato l’art. 181 c.p.c. nel testo precedente (anzichè l’art. 348 c.p.c.), con la conseguenza che la Corte avrebbe dovuto semplicemente cancellare la causa dal ruolo, e non, anche, dichiarare improcedibile l’appello.
c) Con il terzo motivo, la violazione e falsa applicazione dell’art. 348 c.p.c., L. n. 146 del 1990, art. 2 e artt. 2, 24, 40 e 101 Cost., per non aver la corte di merito rilevato che la mancata comparizione delle parti non si era verificata per due udienze consecutive, atteso che all’udienza del 16.3.2012 (che aveva preceduto quella del 20.4.2012, all’esito della quale la corte aveva dichiarato improcedibile l’appello) i difensori delle due parti erano comparsi ed avevano dichiarato di astenersi dalla trattazione della causa per l’astensione collettiva proclamata dagli organismi collettivi di categoria.
1.1. = Pregiudizialmente va esaminato il terzo motivo ed è fondato.
Va qui premesso che ai sensi dell’art. 348 c.p.c., comma 1, la mancata comparizione di entrambe le parti non consente la decisione della causa nel merito, ma impone la fissazione di nuova udienza, da comunicarsi nei modi previsti, nella quale il ripetersi di tale difetto di comparizione comporta la dichiarazione di improcedibilità dell’appello.
Epperò, nel caso in esame, la norma di cui all’art. 348 c.p.c. non andava applicata perchè non si era verificata la mancata comparizione delle parti per due udienze consecutive. Infatti, l’udienza del 16 marzo 2012 non è stata un’udienza inesistente ma un’udienza tenutasi nella quale entrambi le parti hanno svolto un’attività posto che hanno dichiarato di astenersi dalla trattazione della causa per l’astensione collettiva deliberata dagli organismi delle associazioni forensi (insomma per sciopero degli avvocati). In buona sostanza, la presenza degli avvocati all’udienza del 16 marzo 2012 manifestava il chiaro intento di interrompere l’eventuale applicazione dell’art. 348 e/o l’art. 181 e/o 309 c.p.c.. Pertanto, tra l’udienza del 2 dicembre 2011 e l’udienza del 20 aprile 2012 vi è stata un’udienza intermedia (il 16 marzo 2012) che ha interrotto la consecutività delle due udienze necessario per dichiarare improbabile l’appello.
2.= L’accoglimento del motivo rende superfluo l’esame degli altri due motivi i quali devono ritenersi assorbiti.
In definitiva, il ricorso appare meritevole di accoglimento con riferimento al terzo motivo. La sentenza impugnata va pertanto cassata, con rinvio della causa ad altra sezione della Corte d’appello di Palermo per nuovo esame. Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
PQM
La Corte accoglie il terzo motivo del ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della Corte di Appello di Palermo, la quale provvederà al regolamento delle spese, anche del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 24 gennaio 2017.
Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2017