Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8511 del 31/03/2017


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Cassazione civile, sez. II, 31/03/2017, (ud. 24/01/2017, dep.31/03/2017),  n. 8511

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12731-2012 proposto da:

C.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.B.

VICO 1, presso lo studio dell’avvocato LORENZO PROSPERI MANGILI,

rappresentato e difeso dall’avvocato CARLO PAGANI;

– ricorrente –

contro

S.G. (OMISSIS), S.O. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA PACUVIO 34, presso lo studio dell’avvocato

GUIDO ROMANELLI, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato ALBERTO LUPPI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 311/2011 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 25/03/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/01/2017 dal Consigliere Dott. SCALISI ANTONINO;

udito l’Avvocato CHIARA ROMANELLI, con delega dell’Avvocato GUIDO

ROMANELLI difensore dei controricorrenti, che ha chiesto

l’inammissibilità o il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS PIERFELICE che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.M. con ricorso notificato il 7 maggio 2012 ha chiesto la cassazione della sentenza n. 311 del 2011, con la quale la Corte di Appello di Brescia confermava la sentenza n. 2521/2006 del Tribunale di Brescia, che aveva accolto la domanda di O. e S.G., proprietari di un fondo, distinto con i mappali (OMISSIS) foglio (OMISSIS) del NCTR del Comune Pozzolengo, per ottenere il riconoscimento del proprio diritto di servitù di passaggio sul fondo di C.M., confinante con il proprio, il quale aveva interrotto il percorso della stradella su cui veniva esercitata la servitù di passaggio, collocando su di essa, all’interno del mappale n. (OMISSIS), un cancello ed occupando la sede stradale con una costruzione. Secondo la Corte distrettuale, aveva errato il Tribunale nel ritenere che il diritto di servitù, di cui si dice, fosse stato acquistato degli attori per usucapione perchè non aveva tenuto conto che per tabulas non sussisteva un possesso ventennale, tuttavia, vi era prova che tale diritto fosse stato costituito per destinazione del padre di famiglia posto che la stradella su cui veniva esercitata la servitù di passaggio esisteva al momento della divisione del fondo e in modo inequivoco la stradella era stata adibita al servizio di una parte del fondo. La Corte distrettuale condannava l’appellante al risarcimento dei danni, nonchè al pagamento delle spese del grado.

La cassazione è stata chiesta da C.M. per cinque motivi. S.G. ed O. hanno resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.= Con il primo motivo di ricorso C.M. lamenta ex art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 1061 e 1062 c.c.. Inesistenza della servitù di passaggio a carico dei fondi proprietà di C.M. e a favore dei fondi di S.O. e G.. Il ricorrente sostiene che la Corte distrettuale avrebbe frainteso la norma di cui all’art. 1062 c.c. o, comunque, non l’avrebbe applicata correttamente perchè, dai dati processuali, non sarebbe emersa l’esistenza di una servitù di transito in favore dei fondi dei sigg. S., cioè un’oggettiva subordinazione di un fondo ad un altro, presupposto indispensabile per l’acquisto del diritto di servitù per destinazione del padre di famiglia. Insomma, non sarebbe emersa adeguata prova in ordine al requisito della ccdd. apparenza richiesto dagli artt. 1061 e 1062 c.c., dovendosi ritenere escluso che l’originario proprietario del fondo ( S.L.) avesse realizzato opere visibili e permanenti tali da far apparire che una parte del fondo veniva asservito ad altra parte del fondo. Non sarebbe sufficiente di per sè l’esistenza di una strada o di un percorso idoneo allo scopo perchè sarebbe necessario un quid pluris che dimostri la specifica destinazione. La Corte distrettuale, sempre secondo il ricorrente, non avrebbe tenuto conto della circostanza che negli atti divisori (del novembre 1983 e del gennaio 1984) i condividenti per ben due volte abbiano riconosciuto confermato e regolato la servitù a favore di S.A. nulla dicendo a proposito di altre servitù. Ciò sarebbe indice della circostanza che essi avrebbe rinunciato ad ogni rivendica essendo già dotati di altri ben comodi accessi.

1.1.= Il motivo è infondato ed essenzialmente perchè l’assunta violazione di legge si basa e presuppone una diversa valutazione e ricostruzione delle risultanze di causa (valutazione della prova testimoniale e interpretazione degli atti divisionali, il cui contenuto, peraltro non è puntualmente riportato in ricorso), censurabile – e solo entro certi limiti – sotto il profilo del vizio di motivazione, secondo il paradigma previsto per la formulazione di detto motivo.

Va qui ribadito che in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa (di qui la funzione di assicurare l’uniforme interpretazione della legge assegnata alla Corte di cassazione dall’art. 65 ord. giud.); viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e impinge nella tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione; il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato, in modo evidente, dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (in tal senso essenzialmente cfr. (Cass. n. 16698 e 7394 del 2010).

2.= Il ricorrente lamenta ancora:

a) Con il secondo motivo ex art. 360 c.p.c., n. 5, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa il fatto dell’esistenza della stradella come da tracciato predisposto dagli attori. Il ricorrente ritiene che la sentenza sia affetta da evidenti vizi di omessa insufficiente motivazione posto che: a) la Corte distrettuale non avrebbe illustrato compiutamente le ragioni per le quali ha ritenuto provata l’esistenza del tracciato ipotizzato dagli attori nonostante il ricorrente avrebbe sempre denunciato l’inesistenza: b) non avrebbe adeguatamente valutato la documentazione in atti, in particolare i rapporti fotografici prodotti da entrambi i contendenti; c(avrebbe omesso di considerare che la stradella non risulta esistente nelle mappe castali; d) avrebbe omesso di valutare le risultanze del ctu svolte in altra vertenza; e) non avrebbe soppesato adeguatamente le prove testimoniali; f) non avrebbe considerato alcuni ostacoli, che smentirebbero la presenza del tracciato.

E di più, la motivazione della sentenza impugnata è viziata anche perchè muove da un presupposto errato e, cioè, che il Tribunale non si fosse espresso rispetto ad un eventuale acquisto del diritto di servitù per destinazione del padre di famiglia, quando, invece, il primo Giudice aveva preso in considerazione tale aspetto della questione e aveva escluso che, nel caso in concreto, potesse configurarsi un acquisto per destinazione del padre di famiglia.

b) Con il terzo motivo, ex art. 360 c.p.c., n. 5, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa il fatto della sussidenza di opere visibili e permanenti destinate all’esercizio della servitù a favore dei fondi dei sigg. S.O. e G. ed a carico dei fondi del sig. C.. I ricorrenti sostengono che la sentenza impugnata non spiegherebbe adeguatamente per quale ragione deve ritenersi provata una situazione tale da riflettere anche la sussistenza di opere visibili e permanenti, mediante le quali la reclamata servitù sarebbe stata esercitata.

2.1.= Entrambi i motivi, che per la loro innegabile connessione vanno esaminati congiuntamente, sono inammissibili, per diverse ragioni: a) essenzialmente perchè dietro un’apparente denuncia di un vizio motivazionale viene richiesto a questa Corte un riesame del merito della causa non proponibile nel giudizio di cassazione. Infatti, il motivo in esame, non censura incongruenze logiche o errori di diritto nella valutazione dei dati processuali effettuata dalla Corte distrettuale, ma propone una diversa e difforme valutazione delle prove testimoniali degli atti divisionali e della CTU; b) per violazione del principio di autosufficienza, dato che il ricorrente omette di riportare, sia pure nel suo contenuto essenziale: 1) le prove testimoniali e documentali che ritiene siano state erroneamente valutate; 2) il contenuto della CTU che la Corte distrettuale, a suo dire, avrebbe trascurato.

Tuttavia e comunque il ricorrente non ha indicato, neppure, le ragioni per le quali gli elementi di prova non valutati o valutati erroneamente, avrebbero comportato, oltre ogni ragionevole dubbio, una decisione diversa da quella adottata.

2.1.a) Il ricorrente, comunque, non tiene conto che la Corte di prossimità ha indicato le ragioni posti a fondamento della decisione assunta ed ha ampiamente chiarito: a) che il manufatto reclamato per tale uso dagli attori, come descritto nella consulenza tecnica di ufficio e risultante dalle descrizioni fornite dai testimoni, risponda ai canoni, ab immemore, prospettati dalla giurisprudenza di legittimità; b) che la stradella per cui è causa era idonea a far desumere dal suo tracciato, senza incertezze ed ambiguità, la sua funzione di accesso al fondo dominante. Parimenti la stessa era obiettivamente manifesta per chiunque possedesse il fondo servente, così come non era revocabile in dubbio la sua specifica destinazione; c) nell’atto di divisione i condividenti hanno dato atto dell’esistenza della strada privata in questione e, lungi dal manifestare la volontà di sottrarla all’uso reclamato dagli attori ora appellati, si sono premurati di assicurare che su di essa potesse esercitare il diritto di passaggio anche il terzo, assegnato ad Ada S. madre dell’appellante e comprendente appunto il mappale n. (OMISSIS).

3.= Con il quarto motivo il ricorrente lamenta ex art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 1079, 2697, 2043, 1218 c.c.. Il ricorrente sostiene che la Corte distrettuale avrebbe accolto la domanda di risarcimento del danno avanzata dagli attori pur in assenza dei relativi presupposti, posto che i sigg. S. non avrebbe offerto la prova dei danni che avrebbero subito.

3.1. = Il motivo è infondato. Infatti, la Corte distrettuale ha deciso la questione di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte di Cassazione. E’ costante insegnamento giurisprudenziale che il danno derivante dalla limitazione di una servitù deve ritenersi “in re ipsa”, senza necessità di una specifica attività probatoria (cfr. Cass. n. 11196 del 07/05/2010).

4.= Con il quinto motivo il ricorrente lamenta ex art. 360 c.p.c., n. 3 violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., ricorrenza dei presupposti per la compensazione delle spese di lite. Secondo il ricorrente la Corte distrettuale avrebbe erroneamente condannato il C. al pagamento delle spese di lite senza tener conto che aveva accolto parte delle doglianze del C., nella parte in cui ha ritenuto inesistenti i presupposti per l’acquisto della servitù per usucapione.

4.1.= Anche questo motivo è infondato.

Va qui premesso che la soccombenza, costituisce un’applicazione del principio di causalità, per il quale non è esente da onere delle spese la parte che, col suo comportamento antigiuridico (per la trasgressione delle norme di diritto sostanziale) abbia provocato la necessità del processo. Nel caso concreto, la Corte distrettuale, con propria valutazione in ordine all’intero giudizio, insindacabile, non presentando vizi logici o giuridici, in sede di giudizio di legittimità, ha chiarito che il rigetto dei due motivi di appello e l’accoglimento dell’appello incidentale denunciavano la totale soccombenza di C.M..

In definitiva il ricorso va rigettato e il ricorrente, in ragione del principio di soccombenza ex art. 91 c.p.c., va condannato a rimborsare parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione, che vengono liquidate con il dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare parte controricorrente le spese del presente giudizio che liquida in Euro 4.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali pari al 15% ed accessori, come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione, il 24 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2017

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