Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8511 del 25/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 25/03/2021, (ud. 28/01/2021, dep. 25/03/2021), n.8511

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7872-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

A.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2587/22/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della PUGLIA, SEZIONE DISTACCATA di LECCE, depositata il

05/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MOCCI

MAURO.

 

Fatto

RILEVATO

che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia, che aveva rigettato il suo appello contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Lecce. Quest’ultima aveva accolto l’impugnazione di A.M. avverso l’avviso di accertamento per IRAP, per l’anno 2004.

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato a due motivi;

che col primo, la ricorrente denuncia la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, e falsa applicazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, giacchè la sentenza impugnata avrebbe erroneamente affermato che gli scostamenti dagli studi di settore, in difetto di contraddittorio, sarebbero mere presunzioni semplici, mentre l’insufficienza del reddito dichiarato a remunerare il capitale ed a mantenere la famiglia dell’imprenditore non avrebbe dato luogo a gravi incongruenze, nè sarebbe a tal fine valsa la capacità di spesa rilevata dai beni indice;

che, col secondo, l’Agenzia assume la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4;

che, infatti, la CTR avrebbe assiomaticamente affermato l’irrilevanza di gravi incongruenze, anche ai fini dell’antieconomicità, rispetto alla capacità di spesa rilevata dai beni indice e considerata nell’accertamento;

che l’intimato non si è costituito;

che il primo motivo è infondato;

che, in tema di “accertamento standardizzato” mediante parametri o studi di settore, il contraddittorio con il contribuente costituisce elemento essenziale e imprescindibile del giusto procedimento che legittima l’azione amministrativa, in ispecie quando si faccia riferimento ad una elaborazione statistica su specifici parametri, di per sè soggetta alle approssimazioni proprie dello strumento statistico, e sia necessario adeguarle alla realtà reddituale del singolo contribuente, potendo solo così emergere gli elementi idonei a commisurare la “presunzione” alla concreta realtà economica dell’impresa. Ne consegue che la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel mero rilievo dello scostamento dai parametri ma deve essere integrata (anche sotto il profilo probatorio) con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente in sede di contraddittorio, solo così emergendo la gravità, precisione e concordanza attribuibile alla presunzione basata sui suddetti parametri e la giustificabilità di un onere della prova contraria (ma senza alcuna limitazione di mezzi e di contenuto) a carico del contribuente (Sez. 5, n. 13908 del 31/05/2018; Sez. 6-5, n. 30370 del 18/12/2017);

che, in effetti, dalla motivazione della CTR emerge come i giudici di appello abbiano valutato gli elementi considerati dall’Ufficio, pervenendo alla conclusione della loro irrilevanza rispetto all’individuazione delle gravi incongruenze, con un giudizio che è essenzialmente fattuale e che, pertanto, non può essere sindacato in questa sede;

che il secondo motivo, dipendendo dal precedente, ne resta assorbito;

che al rigetto del ricorso non segue la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese processuali, in mancanza di attività difensiva da parte dell’intimato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2021

 

 

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