Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8511 del 06/05/2020

Cassazione civile sez. III, 06/05/2020, (ud. 06/12/2019, dep. 06/05/2020), n.8511

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17179/2018 proposto da:

L.T., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NOMENTANA,

91, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI BEATRICE, rappresentato

e difeso dall’avvocato GIAN LUCA FALCINELLI;

– ricorrente –

contro

B.A., B.M., R.M., nella qualità di

eredi di B.V., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

PANAMA, 86, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI RANALLI che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALESSANRO RICCI;

– controricorrenti –

e contro

L.P.S.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 920/2017 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 11/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

6/12/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Nel 2010, L.T. convenne in giudizio, innanzi al Tribunale di Perugia, B.V. chiedendo di: 1) accertare e dichiarare l’inesistenza di un rapporto fondamentale di debito in relazione alla scrittura del 21/01/2005 in favore di B.V. e, per l’effetto, dichiarare l’inefficacia vincolante della stessa; 2) accertare e dichiarare l’inesistenza di qualsiasi posizione debitoria del L. nei confronti del B.; 3) accertare e dichiarare che il fratello, L.P.S., fosse l’unico soggetto obbligato nei confronti del B..

Quest’ultimo si costituì in giudizio, eccependo che i rapporti economici intercorsi tra lui e L.P.S. fossero del tutto estranei all’obbligazione assunta da L.T. nella richiamata scrittura del 2005 e chiese, pertanto, il rigetto della domanda.

Si costituì in giudizio anche L.P.S., che aderì alla domanda dell’attore, L.T., in relazione all’accertamento dell’estraneità di quest’ultimo al rapporto di credito con il B., e chiese di accertare e dichiarare che con l’atto del 21/01/2005, sottoscritto per garanzia dal fratello L.T., L.P.S. e B.V. avevano convenuto che l’ammontare delle somme dovute (a vario titolo) da L.P.S. allo zio B.V. fosse determinato in Euro 100.000,00 e che il B. avrebbe dovuto restituire tutti i titoli (assegni e cambiali)

rilasciati nel tempo da L.P.S.. Quest’ultimo chiese, inoltre, di accertare e dichiarare che, in adempimento di tale accordo, aveva già corrisposto Euro 32.340,00 e di determinare, altresì, il residuo importo dovuto.

Il Tribunale di Perugia, con sentenza n. 1088/2013, ritenne l’inesistenza del rapporto fondamentale alla base della ricognizione di debito e promessa di pagamento sottoscritta da L.T. il 21/01/2005, dichiarò, quindi, non dovuta dal predetto al B. la somma di Euro 100.000,00, oltre interessi; dichiarò, altresì, inammissibili le altre domande dell’attore e le domande riconvenzionali del convenuto e regolò le spese di lite tra le parti.

Avverso la sentenza di primo grado il B. propose appello chiedendo che fosse dichiarata l’efficacia vincolante per L.T. della scrittura privata già richiamata.

Gli appellati si costituirono chiedendo il rigetto del gravame.

Il giudizio di secondo grado venne interrotto a seguito del deposito in udienza della sentenza del Tribunale di Perugia n. 16/2016 dichiarativa dell’intervenuto fallimento di L.P.S..

Nel giudizio riassunto dal B., si costituì soltanto L.T..

La Corte di Appello di Perugia, con sentenza n. 920/2017, pubblicata in data 11/12/2017, accolse l’appello e, in riforma dell’appellata sentenza, rigettò la domanda avanzata da L.T. e, per l’effetto, dichiarò l’efficacia vincolante della scrittura dallo stesso sottoscritta in data 21/01/2005 e compensò per intero le spese processuali del doppio grado del giudizio di merito.

Avverso la sentenza della Corte territoriale L.T. ha proposto ricorso per cassazione, basato su quattro motivi e illustrato da memoria.

Hanno resistito con controricorso B.A., B.M., R.M., nella qualità di eredi di B.V., deceduto il (OMISSIS).

L’intimato non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, deducendo: “Nullità della sentenza gravata per violazione dell’art. 112 c.p.c. (errore di diritto per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato), deducibile in sede di legittimità come vizio che riverbera ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4)”, si lamenta che la Corte di appello abbia omesso di decidere in ordine all’eccezione di inammissibilità dell’appello proposta dall’attuale ricorrente.

1.1. Il motivo è inammissibile.

Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, al quale va data continuità in questa sede, il vizio di omessa pronuncia è configurabile solo nel caso di mancato esame di questioni di merito e non anche di questioni o eccezioni processuali (Cass. 28/03/2014, 7406; Cass., ord., 25/01/2018, n. 1876; Cass. 11/10/2018, n. 25154, Cass. 15/04/2019, n. 10422).

2. Con il secondo motivo, lamentando “Nullità della sentenza impugnata per falsa applicazione di norme di diritto ed in particolare dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4) e art. 118 disp. att. c.p.c., nonchè dell’art. 111 Cost., comma 6, deducibile come vizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4)”, si sostiene che la sentenza gravata sarebbe viziata per inesistenza della motivazione, in quanto, non avendo la Corte di merito esplicitato le ragioni in base alle quali ha ritenuto che i documenti prodotti in giudizio e le risultanze della prova testimoniale non potevano far ritenere provata l’inesistenza iniziale dell’obbligazione, la motivazione non permetterebbe di comprendere l’iter logico giuridico seguito dal Giudice del secondo grado per pervenire alla decisione di accogliere l’impugnazione proposta dal B..

2.1. Il motivo è infondato.

Ed invero la sentenza impugnata in questa sede è motivata e la motivazione evidenzia l’iter logico seguito dalla Corte di merito.

Inoltre, il ricorrente con il motivo all’esame, in sostanza, tende ad una rivalutazione delle risultanze istruttorie, non consentita in sede di legittimità (Cass., 2/08/2016, n. 16056, Cass., ord., 7712/2017, n. 29404).

3. Con il terzo motivo, deducendo la “Nullità della sentenza impugnata per falsa applicazione di norme di diritto ed in particolare dell’art. 115 c.p.c., deducibile come vizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4)”, si sostiene che la Corte territoriale si sarebbe limitata a valutare la “compatibilità” delle obbligazioni contenute nelle due scritture dell’1/02/2002 e del 21/01/2005 ma non avrebbe tenuto conto nè delle risultanze delle prove testimoniali assunte nè della documentazione depositata in primo grado.

3.1. Il motivo è inammissibile.

Ed invero, questa Corte ha già avuto modo di affermare, e tanto va ribadito in questa sede, che, in materia di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 115 c.p.c., può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dall’art. 116 c.p.c. (Cass. 10/06/2016, n. 11892; Cass., ord., 23/10/2018, n. 26769).

Nella specie, peraltro, la Corte di merito ha valutato le prove offerte ma ne ha tratto una valutazione diversa da quella che ne vorrebbe trarre il ricorrente; va pure evidenziato che a p. 5 della sentenza impugnata la Corte territoriale ha ritenuto che sulla causa di garanzia della scrittura in questione si sarebbe formato ormai giudicato interno e tale affermazione non risulta assolutamente censurata.

Inoltre, va osservato che l’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonchè la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass. 2/08/2016, n. 16056).

4. Con il quarto motivo si deduce “Nullità della sentenza gravata per violazione dell’art. 112 c.p.c. (errore di diritto per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato), deducibile in sede di legittimità come vizio che riverbera ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), relativamente all’ottavo motivo di impugnazione”.

Sostiene il ricorrente che la Corte di merito avrebbe pronunziato ultra petita laddove, nella sentenza impugnata, a p. 8, ad abundantiam ha rilevato che “un atto di prestazione di garanzia personale da parte di L.T. in favore del fratello potrebbe configurare a suo carico un’obbligazione di carattere espromissorio, tenuto conto delle dichiarazioni delle parti convenute…”, senza che al riguardo fosse stata proposta domanda o formulato un motivo di impugnazione.

4.1. Il motivo è inammissibile, censurandosi con lo stesso un mero e palese obiter dictum non costituente la ratio decidendi.

Ed invero il vizio di extrapetizione ricorre soltanto ove il giudice modifichi, a prescindere dalla richiesta delle parti, il petitum e/o la causa petendi, sicchè lo stesso non sussiste in presenza di un obiter dictum, in quanto inidoneo ad incidere su tali elementi costitutivi della domanda giudiziale (Cass., ord., 5/06/2018, n. 14444).

5. Il ricorso, alla luce di quanto precede, va rigettato.

6. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza tra le parti costituite, mentre non vi è luogo a provvedere per dette spese nei confronti dell’intimato, non avendo lo stesso svolto attività difensiva in questa sede.

7. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 6 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2020

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