Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8510 del 25/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 25/03/2021, (ud. 21/01/2021, dep. 25/03/2021), n.8510

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20098-2019 proposto da:

EOLICA POMARICO SRL, in persona dell’Amministratore unico e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

FILIPPO NICOLAI 73, presso lo studio dell’avvocato ROSAMARIA

NICASTRO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 691/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA BASILICATA, depositata il 20/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. DELLI

PRISCOLI LORENZO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Eolica Pomarico s.r.l. ricorreva avverso l’avviso di accertamento con il quale l’Ufficio accertava e rettificava sulla base della stima allegata a tale atto, la rendita di una unità immobiliare costituita da una pala eolica, elevandola rispetto alla proposta contenuta nella DOCFA, da 2.036 Euro a 7.040 Euro.

La Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso della parte contribuente ritenendo l’atto accertativo non adeguatamente motivato.

La Commissione Tributaria Regionale della Basilicata, respingeva l’appello della parte contribuente osservando che nell’avviso di accertamento impugnato erano tutti presenti i riferimenti normativi, che si potevano evincere dall’allegata relazione di stima diretta ed era esplicitato sia il metodo che i criteri utilizzati per l’accertamento del classamento con l’attribuzione della rendita posto che trattandosi di immobile censito in categoria D la rendita accertata era stata eseguita con riferimento ai dati oggettivi evincibili dalla DOCFA presentata dal contribuente; la differenza, accertata tra la rendita proposta e quella ritenuta discendeva dal diverso apprezzamento del valore dell’immobile. La determinazione della rendita catastale per le unità a destinazione speciale (categorie D e E) come quella oggetto dell’accertamento avviene mediante stima diretta, assumendo il valore del cespite riferito al biennio economico 1988/89 capitalizzato con un saggio di fruttuosità. Punto centrale del calcolo riguarda l’inclusione nel calcolo della torre in acciaio destinata a sostenere il peso della navicella e del rotore, che deve essere in grado di resistere alle sollecitazioni del movimento del rotore e della potenza del vento e che pertanto, seppur imbullonata, presenta caratteristiche di stabilità, di consistenza volumetrica e di ancoraggio al suolo tali da poter essere annoverata come costruzione ai fini della determinazione della rendita catastale.

Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione la parte contribuente, affidandosi ad un unico motivo di impugnazione. Resiste l’Agenzia delle Entrate con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il motivo di impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la parte contribuente lamenta nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in quanto la motivazione sarebbe meramente apparente e in contrasto con il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato.

Il motivo è infondato.

Considerato infatti che, secondo questa Corte:

il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass. 23 luglio 2019, n. 19911; Cass. n. 23940 del 2017; Cass. SU n. 8053 del 2014);

in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, ma i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111 Cost., comma 6, e, nel processo civile, dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4. Tale obbligo è violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perchè perplessa ed obiettivamente incomprensibile) e, in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (Cass. n. 13248 del 2020; Cass. n. 19911 del 2019; Cass. n. 22598 del 2018);

in tema di giudizio di appello, il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, come il principio del “tantum devolutum quantum appellatum”, non osta a che il giudice renda la pronuncia richiesta in base ad una ricostruzione dei fatti autonoma rispetto a quella prospettata dalle parti, ovvero in base alla qualificazione giuridica dei fatti medesimi ed all’applicazione di una norma giuridica diverse da quelle invocate dall’istante, nè incorre nella violazione di tale principio il giudice d’appello che, rimanendo nell’ambito del “petitum” e della “causa petendi”, confermi la decisione impugnata sulla base di ragioni diverse da quelle adottate dal giudice di primo grado o formulate dalle parti, mettendo in rilievo nella motivazione elementi di fatto risultanti dagli atti ma non considerati o non espressamente menzionati dal primo giudice (Cass. n. 513 del 2019);

il processo tributario è annoverabile tra quelli di “impugnazione-merito”, in quanto diretto ad una decisione sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente, sia dell’accertamento dell’Ufficio, sicchè il giudice, ove ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi non formali, ma di carattere sostanziale, non può limitarsi al suo annullamento, ma deve esaminare nel merito la pretesa e ricondurla alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte (Cass. n. 18777 del 2020);

ritenuto che nel caso di specie la CTR – osservando che: nell’avviso di accertamento impugnato erano tutti presenti i riferimenti normativi, che si potevano evincere dall’allegata relazione di stima diretta ed era esplicitato sia il metodo che i criteri utilizzati per l’accertamento del classamento con l’attribuzione della rendita posto che trattandosi di immobile censito in categoria D la rendita accertata era stata eseguita con riferimento ai dati oggettivi evincibili dalla DOCFA presentata dal contribuente; la differenza, accertata tra la rendita proposta e quella ritenuta discendeva dal diverso apprezzamento del valore dell’immobile; la determinazione della rendita catastale per le unità a destinazione speciale (categorie D e E) come quella oggetto dell’accertamento avviene mediante stima diretta, assumendo il valore del cespite riferito al bienno economico 1988/89 capitalizzato con un saggio di fruttuosità; punto centrale del calcolo riguarda l’inclusione nel calcolo della torre in acciaio destinata a sostenere il peso della navicella e del rotore, che deve essere in grado di resistere alle sollecitazioni del movimento del rotore e della potenza del vento e che pertanto, seppur imbullonata, presenta caratteristiche di stabilità, di consistenza volumetrica e di ancoraggio al suolo tali da poter essere annoverata come costruzione ai fini della determinazione della rendita catastale – ha ampiamente raggiunto la soglia del “minimo costituzionale” di motivazione in quanto ha criticamente e ragionevolmente dato conto dei motivi in base ai quali ha ritenuto infondato l’appello del contribuente; quanto al lamentato difetto di corrispondenza tra chiesto e pronunciato la CTR, nel respingere l’appello della parte contribuente, ha implicitamente ma chiaramente esaminato tutti i motivi di appello (in quanto non ricorre il vizio di mancata pronuncia su una eccezione di merito sollevata in appello qualora essa, anche se non espressamente esaminata, risulti incompatibile con la statuizione di accoglimento della pretesa dell’attore, deponendo per l’implicita pronunzia di rigetto dell’eccezione medesima, sicchè il relativo mancato esame può farsi valere non già quale omessa pronunzia, e, dunque, violazione di una norma sul procedimento – art. 112 c.p.c. – bensì come violazione di legge e difetto di motivazione, in modo da portare il controllo di legittimità sulla conformità a legge della decisione implicita e sulla decisività del punto non preso in considerazione: Cass. n. 24953 del 2019), risolvendosi in realtà le doglianze della parte contribuente in una surrettizia richiesta di rivalutazione del merito della controversia, preclusa in sede di legittimità, se, come è avvenuto nel caso di specie, congruamente motivato (Cass. n. 15675 del 2020);

ritenuto pertanto che il motivo di impugnazione è infondato e che quindi il ricorso va conseguentemente rigettato; le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 2.500, oltre a spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 21 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2021

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