Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8501 del 06/05/2020

Cassazione civile sez. III, 06/05/2020, (ud. 23/10/2019, dep. 06/05/2020), n.8501

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17079/2018 proposto da:

D.R.G., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato P difeso dall’avvocato

GIUSEPPE INFANTE;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), in persona dell’amministratore p.t., domiciliato ex lege

in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato GENNI MELORO;

– resistente con memoria di costituzione –

avverso la sentenza n. 458/2018 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 05/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/10/2019 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO.

Fatto

RILEVATO

che:

con atto di citazione del 10 giugno 2004, l’architetto D.R.G. evocava in giudizio il (OMISSIS), innanzi al Tribunale di Salerno per sentirlo condannare al pagamento della somma di Euro 12.222, oltre accessori, a titolo di compensi professionali spettanti per avere svolto, nel periodo dal 6 maggio 1998, al 23 luglio 2002, l’incarico di coordinatore della sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione dei lavori di ristrutturazione, ai sensi della L. n. 219 del 1981;

si costituiva il condominio contestando la domanda. All’udienza del 12 ottobre 2006 il difensore di parte convenuta dichiarava di rinunziare al proprio mandato e da quel momento la parte convenuta non compariva alle successive udienze e non svolgeva ulteriore attività difensiva. Il giudice disponeva consulenza tecnica per accertare le attività svolte dall’attore e per la determinazione del relativo compenso, ritenendo superflua la prova testimoniale richiesta del professionista con riferimento all’an, in quanto non contestato;

con sentenza n. 136 del 2011 il Tribunale di Salerno accoglieva la domanda condannando il condominio al pagamento della somma di Euro 13.175, oltre accessori e spese di lite;

avverso tale decisione proponeva appello il condominio rappresentato in giudizio da altri difensori, lamentando vizio di motivazione perchè l’attore non avrebbe provato l’esecuzione delle attività, la nullità della consulenza per omessa comunicazione dell’inizio delle operazioni peritali, la inammissibilità della domanda per mancata presentazione delle particelle vistate e per la inesigibilità del credito, l’infondatezza per carenza di prova sull’esecuzione dell’incarico, sia in fase di progettazione, che di esecuzione, l’errata determinazione dell’importo dovuto, la carenza di motivazione sul coefficiente percentuale applicato, con violazione del D.M. 4 aprile 2001, art. 3, in tema di rimborso delle spese in fase progettuale ed esecutiva, nonchè l’errata determinazione delle spese processuali;

si costituiva l’architetto D.R. chiedendo il rigetto del gravame;

la Corte d’Appello di Salerno, con sentenza del 5 aprile 2018, accoglieva l’appello e, in riforma della sentenza, rigettava la domanda proposta da D.R.G. nei confronti del condominio con condanna del professionista al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio;

avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’architetto D.R.G. affidandosi a tre motivi. Resiste con controricorso il (OMISSIS), che illustra con memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si lamenta la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, si deduce l’utilizzabilità della consulenza tecnica di ufficio, allorquando non è possibile accedere alla documentazione in possesso della controparte ovvero, in via alternativa, la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e l’utilizzabilità della consulenza quale mezzo di prova. Il professionista non aveva più accesso ai documenti depositati presso la pubblica amministrazione o presso il condominio, in quanto il cantiere era stato sottoposto sequestro penale, con procedimento a carico, tra gli altri, dell’amministratore del condominio. Per tale motivo la consulenza d’ufficio avrebbe potuto essere richiesta e utilizzata. In secondo luogo, la circostanza di avere redatto il piano di sicurezza costituiva un profilo non contestato. Per tale motivo il consulente di ufficio ha agito quale CTU percipiente. Inoltre, non vi sarebbe stato il disconoscimento del documento relativo alla notifica preliminare di inizio lavori del 6 maggio 1998, che attesterebbe il conferimento dell’incarico. In sostanza il consulente avrebbe acquisito documenti che il professionista non aveva più il potere di richiedere;

il motivo è inammissibile perchè dedotto in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6. Parte ricorrente fa riferimento a documentazione (notifica preliminare di inizio lavori del 6 maggio 1998, sequestro penale del cantiere, procedimento a carico dell’amministratore, impossibilità di accedere ai documenti relativi all’attività di coordinatore della sicurezza in fase di progettazione) della quale non trascrive il testo, non individua la fase processuale nella quale sarebbe stata ritualmente prodotta o discussa e la localizzazione della stessa all’interno del fascicolo di legittimità. Ciò non consente alla Corte di cassazione di operare una qualsiasi valutazione di rilevanza di tali atti.

Inoltre, deduce la non contestazione in ordine alla realizzazione del piano di sicurezza. Tale deduzione, peraltro generica (non si individua l’ambito esatto dell’incarico e il periodo) viola l’art. 366 c.p.c., n. 6, poichè nell’ipotesi in cui si deduca la violazione dell’art. 115 c.p.c. (tale norma non compare nell’intestazione del motivo, ma costituisce il presupposto implicito della tesi dell’utilizzabilità della consulenza di ufficio percipiente) il ricorrente avrebbe dovuto trascrivere l’atto introduttivo nella parte relativa alla specifica deduzione di tale attività professionale (per comprendere quali specifiche attività si assumono espletate) e, soprattutto, il contenuto della comparsa di costituzione del convenuto e delle eventuali memorie successive, al fine di dimostrare l’esistenza di una contestazione generica o di una non contestazione;

con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e del relativo principio di non contestazione. In particolare, nell’atto di appello il condominio avrebbe riconosciuto il conferimento dell’incarico in favore dell’architetto con la conseguenza che tale circostanza non avrebbe richiesto la prova dei singoli atti;

il motivo è fondato. Non è contestato che il condominio abbia conferito l’incarico professionale al ricorrente, ma questo non esonera il creditore dall’onere di provare l’oggetto specifico dell’incarico e cioè le singole attività richieste. A riguardo, il ricorrente ha dedotto in appello che “il Condominio, in effetti, non ha negato che un incarico fosse stato conferito all’architetto D.R., nè, obiettivamente, avrebbe potuto, emergendo tale circostanza dalla notifica preliminare del 5 giugno 98, allegata all’atto di citazione”;

la Corte d’Appello precisa che a fronte di tale deduzione dell’attore, il Condominio ha svolto due difese:

1. in primo luogo ha affermato che vi sarebbe stato un accordo su una

cifra diversa, quindi, non disconoscendo di aver affidato quell’incarico professionale, ma ha eccepito l’esistenza di un accordo sulle competenze. Questo significa che il condominio avrebbe dovuto dimostrare i fatti costitutivi della eccezione e cioè l’esistenza di una preventiva determinazione delle competenze, a prescindere dalla tariffa professionale;

2. in secondo luogo, avrebbe contestato la parcella per presunti errori nell’applicazione della tariffa professionale.

Orbene poichè il condominio dopo la comparsa di costituzione non è comparso all’udienza successiva è evidente che nulla ha dimostrato riguardo alla esistenza di un accordo preventivo sulle competenze. Quindi residua la contestazione su alcune voci della parcella. Deve, pertanto, ritenersi che non sia contestata la esistenza dell’incarico di coordinatore della sicurezza, in fase di progettazione e di esecuzione. Mentre non è dato sapere se l’incarico è stato espletato, come e con quali adempimenti specifici;

pertanto, sulla base di tale presupposto legittimamente stata disposta consulenza tecnica della quale possono essere presi in esame gli elementi forniti dal consulente, ove legittimamente acquisiti; sulla base di quanto precede il motivo deve trovare accoglimento e la decisione va cassata sul punto, mentre in sede di rinvio la corte territoriale dovrà verificare se si trattava di consulenza percipiente o meno e quali attività risultavano effettivamente provate, anche attraverso gli accertamenti espletati dal consulente. In particolare, riguardo alla redazione o meno del piano di sicurezza e coordinamento. La Corte dovrà accertare se il professionista ha verificato l’applicazione del documento, eventualmente redatto da altri e se lo ha adeguato come richiedere art. 2 e se ha svolto qualcuna delle attività indicate da quella norma (organizzazione del lavoro e di verifica, accessi al cantiere, incontri con i committenti e le imprese e altri adempimenti eventualmente indicati);

con il terzo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione delle norme in tema di spese processuale con l’errata attribuzione di essere in favore dei difensori non costituiti in giudizio;

la Corte territoriale nella sentenza impugnata ha liquidato le spese di lite in favore dei difensori dichiaratisi antistatari. Si tratta dei professionisti che hanno rappresentato il condominio soltanto nella fase di appello, mentre in primo grado, dopo l’iniziale costituzione in giudizio il difensore del tempo, il Condominio non è comparso alle successive udienze;

il motivo è assorbito in considerazione dell’accoglimento del secondo motivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il primo motivo, accoglie il secondo motivo, dichiara assorbito il terzo motivo;

cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Salerno, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza della Corte Suprema di Cassazione, il 23 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2020

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