Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 850 del 17/01/2020

Cassazione civile sez. III, 17/01/2020, (ud. 17/09/2019, dep. 17/01/2020), n.850

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 13613/2018 proposto da:

C.F., domiciliato in Roma presso la cancelleria Civile

della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’AVVOCATO

PAOLO LOMBARDI;

– ricorrente –

contro

F.A., Profacta S.p.a., in persona del legale

rappresentante F.A., elettivamente domiciliati in

Roma alla via Luigi Luciani n. 1 presso lo studio dell’AVVOCATO

DANIELE MANCA BITTI che li rappresenta e difende unitamente

all’AVVOCATO ANTONELLO LINETTI;

– controricorrenti –

Avverso la sentenza n. 01552 del 27/11/2017 della Corte di Appello di

Brescia.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Brescia, con sentenza n. 01552 del 27/112917, ha confermato la sentenza del tribunale della stessa sede, di condanna di C.F. alla corresponsione di oltre Euro quattrocentocinquantamila in favore di F.L. ed A. quali soci della Brescia Immobili s.r.l. e della F. S.r.l., a titolo di risarcimento dei danni relativamente all’occupazione senza titolo da parte di C.F., dal (OMISSIS), di un immobile sito in Brescia, alla via delle Grazie, n. 23, acquistato dalla Brescia Immobili S.r.l. e non potuto destinare ad impieghi fruttiferi a causa dell’occupazione dello stesso.

Avverso la sentenza della Corte territoriale ricorre con cinque motivi C.F..

Resistono con controricorso F.A., in proprio e quale erede di F.L. e la Profacta S.p.a. (già Gruppo F. S.p.a.).

Entrambe le parti hanno depositato memoria per l’adunanza camerale.

Il P. G. non ha presentato conclusioni.

Diritto

RAGIONE DELLA DECISIONE

Il primo motivo è formulato per violazione e falsa applicazione di legge in relazione ad artt. 1362 e 2380 bis c.c. (nella formulazione precedente la riforma del D.Lgs. n. 6 del 2003), art. 2475 bis c.c. (art. 2487 c.c. nella formulazione precedente la riforma di cui al D.Lgs. n. 6 del 2003) artt. 2475,2488,2489 e 2495 c.c. (art. 2456 prima della riforma di cui al D.Lgs. n. 6 del 2003) e in relazione agli artt. 75,81,112,324 e 345 c.p.c..

Il secondo mezzo attiene a violazione e falsa applicazione dell’art. 2495 c.c. (2456 nella formulazione vigente prima della riforma di cui al D.Lgs. n. 6 del 2003) artt. 2728,2729 e 2697 c.c. e artt. 112 e 345 c.p.c..

Il terzo mezzo concerne violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’art. 2380 bis c.c.(artt. 2380 e 2384 c.c. nella formulazione precedente la riforma del 2006 di cui al D.Lgs. n. 6), art. 2475 bis c.c. (art. 2487 c.c. prima della riforma di cui al D.Lgs. n. 6 del 2003) artt. 2475,2488,2489 e 2495 c.c. (art. 2456 c.c. prima della riforma di cui al D.Lgs. n. 6 del 2003) e artt. 75,81,83 e 307 c.p.c..

Il quarto mezzo è proposto per violazione e falsa applicazione degli artt. 1223,2043,2056 e 2697 c.c. e artt. 112,115 e 345 c.p.c..

Il quinto ed ultimo motivo concernono violazione e falsa applicazione degli artt. 1223 e 2043 c.c..

I primi tre motivi possono essere esaminati congiuntamente.

Essi concernono la legittimazione ad agire per il risarcimento danni dei F., L. ed A., e della società Brescia Immobili S.p.a. e F. S.p.a. e delle altre via via succedutesi nel corso del giudizio a seguito di operazioni di fusione.

I tre motivi sono in parte inammissibili ed in parte infondati.

Inammissibili in quanto, come esattamente rilevato dalla sentenza in scrutinio, enunziati in gran parte in sede di memorie conclusionali, solo dal nuovo difensore del C..

Essi sono, altresì, infondati, posto che la Corte territoriale ha rilevato che i due F., L. ed A., padre e figlio, il primo deceduto in corso di causa, agirono sia in proprio e quali soci della Brescia Immobili S.r.l..

La condanna di prime cure venne pronunciata anche per il periodo di occupazione dell’immobile di (OMISSIS) per il quale era proprietaria la Brescia Immobili S.r.l..

La sentenza in esame ha, con motivazione sostanzialmente fondata su due diverse ragioni, entrambe idonee a sorreggere il provvedimento, affermato che la questione della mancata iscrizione a bilancio di liquidazione delle poste risarcitorie è stata tardivamente proposta, ossia solo in comparsa conclusionale in fase d’appello, dalla difesa del C..

In ogni caso il diritto al risarcimento dei danni si era trasferito ai “soci F.L.N. e F.A. in quanto esso non può ritenersi rinunciato posto che la domanda prodromica (l’accertamento dell’occupazione sine titulo) era stata già sottoposta al vaglio del Tribunale conclusosi con la sentenza n. 3345/1996” ed ha rilevato, altrettanto correttamente, che la fusione per incorporazione di una società in un’altra non comporta modifiche soggettive della parte processuale e non comporta, pertanto, alcuna necessità di interruzione del processo.

I primi tre mezzi devono, pertanto, essere disattesi.

I restanti due motivi concerno la quantificazione dei danni e sono incentrate sugli artt. 1223 e 2043 c.c..

La sentenza d’appello ha in ogni caso ritenuto irrilevanti i profili possessori accampati dal C., in quanto superati dal giudicato petitorio formatosi sulla vicenda, nel quale il C. è risultato del tutto soccombente (Cass. n. 13414 del 29/10/2001).

Su detti profili risarcitori la sentenza della Corte d’Appello di Brescia ha ripercorso la motivazione del Tribunale, che a sua volta aveva perso a base della decisione la consulenza tecnica di ufficio, sulla quale non risultano apportate censure e che non è stata adeguatamente contestata nella fase di merito.

La sentenza d’appello ha, inoltre, rilevato, rigettando la domanda riconvenzionale proposta dal C., che i lavori di ristrutturazione e comunque la cui realizzazione, asseritamente migliorativa dell’immobile, era stata dedotta dal C. non risultavano avere avuto alcun effetto vantaggioso per la proprietà (pagg. 24 della sentenza d’appello).

I restanti due motivi sono, quindi, rigettati.

Il ricorso è, pertanto, infondato

Il ricorso è, conclusivamente, rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

rigetta il ricorso;

condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro 8.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15%, oltre CA ed IVA per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, sezione III civile, il 17 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2020

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