Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8499 del 09/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 09/04/2010, (ud. 12/02/2010, dep. 09/04/2010), n.8499

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 31333-2005 proposto da:

A.L.L.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

SIRACUSA 16 presso lo studio dell’Avvocato NARDI MASSIMO, che lo

rappresenta e difende giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI FOGGIA in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA FRANCESCO DENZA 20 presso lo studio

dell’Avvocato ROSA LAURA, rappresentato e difeso dall’Avvocato DEL

FEDERICO LORENZO giusta procura ad litem con atto separato;

– resistente con procura ad litem –

avverso la sentenza n. 239/2005 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE SEZIONE DISTACCATA di FOGGIA, depositata il 08/11/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/02/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI GIACALONE;

udito per il ricorrente l’Avvocato MASSIMO NARDI, che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito per il resistente l’Avvocato LAURA ROSA, per delega Avvocato

LORENZO DEL FEDERICO, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

per quanto di ragione.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il 10 giugno 2001 venivano notificati al contribuente sopra indicato tre distinti avvisi di accertamento e liquidazione relativi ad imposta ICI per gli anni dal 1995 al 1997. Il 4-5 settembre 2001, il contribuente proponeva tre distinti ricorsi alla Commissione Tributaria Provinciale di Foggia, richiedendo dichiararsi la nullità degli avvisi per difetto di motivazione, giacchè gli stessi sarebbero stati formati da alcuni fogli sciolti da cui non era possibile trarre alcuna indicazione al fine di contrastare la richiesta dell’Ufficio. Si costituiva in giudizio il Comune di Foggia, confermando la legittimità e correttezza del proprio operato. La Commissione, con la sentenza 305/08/02 del 14 marzo 2003, rigettava il ricorso dell’ A., non verificando la sussistenza di irregolarità negli avvisi in questione.

Avverso detta decisione il contribuente proponeva appello il 20 maggio 2003 lamentando l’omesso esame del motivo principale del ricorso e la presunta contraddittorietà tra la motivazione enunciata e il dispositivo della sentenza. Si costituiva in giudizio il Comune di Foggia. La Commissione Tributaria Regionale della Puglia all’esito dell’udienza del 15 gennaio 2004, emanava un’ordinanza con la quale ordinava all’Ufficio di notificare nuovamente gli avvisi di accertamento (completi e composti di 4 pagine, come dedotto dal Comune) nel termine di 60 giorni. Avverso tale ordinanza, il contribuente proponeva ricorso per Cassazione, che veniva dichiarato inammissibile, con sentenza n. 5748/05, non essendo impugnabili con il mezzo proposto, i provvedimenti istruttori, ancorchè abnormi, in quanto meramente strumentali rispetto alla decisione della causa, revocabili e modificabili dal giudice che li ha emessi e inidonei a determinare il formarsi del giudicato.

La C.T.R., con la sentenza indicata in epigrafe, revocava detta ordinanza e dichiarava inammissibile l’appello del contribuente, in quanto formulato in violazione del divieto di proposizione di domande nuove in appello, dato che sarebbe risultata modificata la causa petendi rispetto a quella dedotta in primo grado; aggiungeva “per completezza e ad abundantiam” che l’impugnazione era infondata anche sotto tutti gli altri aspetti sollevati.

Il contribuente ricorre per cassazione con tre motivi, illustrati con memoria; il Comune ha depositato atto di costituzione ed ha partecipato alla discussione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il contribuente deducendo motivazione apparente, contraddittoria ed insufficiente su punto decisivo, violazione ed erronea interpretazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 e conseguente omesso esame della domanda ex art. 112 c.p.c., perchè, diversamente da quanto ritenuto dalla C.T.R., non aveva modificato la causa petendi in appello, essendo essa consistita anche in primo grado dalla doglianza secondo cui dagli avvisi di accertamento non era dato desumere e trarre alcuna utile indicazione per contrastare la pretesa dell’Ufficio; l’interpretazione della C.T.R. si rivelava “estrema” e collegata a considerazioni metagiuridiche; aggiunge il contribuente di non aver mai sostenuto in appello la nullità della notifica degli avvisi per la mancanza di qualche foglio nella copia notificata, avendo ribadito la nullità degli stessi per difetto di motivazione; solo a seguito delle controdeduzioni del Comune in appello si sarebbe appreso che gli avvisi constavano di quattro pagine ciascuno; i due fogli mancanti erano proprio quelli contenenti i motivi ed il quantum della pretesa tributaria; l’erronea dichiarazione d’inammissibilità del gravame avrebbe determinato l’omessa pronunzia sui motivi dello stesso.

Con il secondo motivo, il contribuente, denunzia:

a. violazione dell’art. 112 c.p.c. per aver affermato l’efficacia sanante della notificazione degli avvisi di accertamento per avvenuto raggiungimento dello scopo dell’atto, a seguito della proposizione del ricorso, trattandosi di questione non oggetto del contendere;

b. violazione D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 2, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, artt. 1335 e 2697 c.c. per avere la C.T.R. erroneamente affermato che, in presenza di avvisi comunicati mediante spedizione in busta semplice ed in caso di contestazione circa la possibilità di comprendere gli estremi della pretesa tributaria, incombeva sul contribuente (e non sull’ente impositore) l’onere della prova circa il contenuto della busta e la consistenza numerica dei fogli degli avvisi;

c. violazione degli artt. 116 e 2697 c.c. e vizio di motivazione su punto decisivo, per avere la C.T.R. affermato che dai soli due fogli comunicati il contribuente avrebbe potuto comprendere esattamente i motivi ed il quantum della pretesa mentre tali dati minimi erano mancanti.

Col terzo motivo, il contribuente lamenta violazione art. 112 c.p.c., per avere la C.T.R. liquidato le spese di appello in misura superiore (Euro 1.000,00) a quanto richiesto dal Comune nella nota spese allegata alle controdeduzioni del 16 luglio 2003 (Euro 441,58).

Il primo motivo è fondato.

Infatti, non è stato nella specie violato il principio dell’esclusione dello ius novorum nel giudizio tributario di appello, espresso nel1’art. 57 d.lgs. cit.. Come noto, questo comporta la preclusione del mutamento in secondo grado degli elementi materiali del fatto costitutivo della pretesa e non anche (Cass. 12 gennaio 2 007 n. 525; 3 maggio 2002 n. 6347) della diversa qualificazione giuridica del rapporto dedotto in giudizio in relazione agli elementi già acquisiti al processo. Questa Corte (Cass. 18 giugno 2003 n. 9754 e, in riferimento al procedimento regolato dall’abrogato D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, come modificato dal D.P.R. 3 novembre 1981, n. 739, Cass. 6 luglio 1999 n. 6954), inoltre, ha già affermato che il processo tributario è caratterizzato (a) da un meccanismo di instaurazione di tipo impugnatorio e (b) da un oggetto del giudizio rigidamente delimitato dai motivi specificamente dedotti dal contribuente nel ricorso introduttivo in primo grado. Il processo tributario, infatti, in quanto rivolto a sollecitare il sindacato giurisdizionale sulla legittimità del provvedimento impositivo, è strutturato come un giudizio di impugnazione del provvedimento stesso e tale caratteristica circoscrive il dibattito alla pretesa effettivamente avanzata con l’atto impugnato alla stregua dei presupposti di fatto e di diritto in esso indicati ma entro i limiti delle contestazioni mosse dal contribuente (Cass. 11 maggio 2007 n. 10779; 3 aprile 2006 n. 7766; 7 marzo 2002 n. 3345; 3 dicembre 2001 n. 15234; cfr., altresì, Cass. 22 marzo 2002 n. 4125): per il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, infatti, i vizi dell’atto di accertamento dell’imposta non fatti valere dal contribuente con tempestivo ricorso, rendono definitivo, per tal verso, l’atto impositivo (Cass. 24 aprile 2002 n. 6029).

Si ha, quindi, domanda nuova, inammissibile in appello, per modificazione della causa petendi, quando i nuovi elementi, dedotti innanzi al giudice di secondo grado, comportino il mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato, modificando l’oggetto sostanziale dell’azione ed i termini della controversia, in modo da porre in essere una protesa diversa, per la sua intrinseca essenza, da quella fatta valere in primo grado e sulla quale non si è svolto in quella sede il contraddittorio (Cass. 13 ottobre 2006 n. 22010; 18 aprile 2002 n. 5565; 3 agosto 2001 n. 10737; 17 gennaio 2002 n. 464).

Nel caso, l’insussistenza della preclusione rilevata nella decisione impugnata emerge chiaramente dalla comparazione tra gli atti introduttivi dei due gradi del giudizio: nel ricorso introduttivo, il contribuente chiede annullarsi l’atto impositivo per “difetto assoluto di motivazione” contestando, in premessa, che l’avviso era formato da alcuni fogli sciolti da cui non era dato desumere e trarre alcuna utile indicazione al fine di contrastare la richiesta dell’Ufficio, non essendo quindi in grado, di approntare una guaisiasi difesa; nell’appello deduce l’omesso esame del motivo principale del ricorso introduttivo, spiegando che questo era incentrato sull’impossibilità di trarre alcuna indicazione atta a contrastare la richiesta dell’Ufficio in quanto gli avvisi erano formati da alcuni fogli sciolti, sicchè era evidente che gli avvisi erano incompleti e non lo avevano messo in grado di produrre un’idonea difesa, non potendosi conoscere le argomentazioni e le ragioni poste a base della maggiore pretesa tributaria, sostanzialmente riproponendo le tesi espresse nel ricorso alla C.T.P..

Erroneamente, quindi, la C.T.R. ha ritenuto inammissibile il gravame, non avendo questo introdotto diversi presupposti di fatto e di diritto: in entrambi i gradi è stata lamentata la mancanza di idonea motivazione della pretesa a causa dell’impossibilità di desumere la stessa dai fogli sciolti ricevuti. L’incompletezza del tenore letterale dell’atto impositivo (e non solo dei fogli pervenuti) era, quindi, un presupposto logico intrinseco della causa petendi azionata in primo grado, non un quid novi introdotto in appello.

Nè è stato dedotto in secondo grado un diverso vizio dell’atto impositivo – nullità della notifica anzichè inadeguatezza della motivazione – essendo ben chiaro il tenore dell’atto di appello in ordine alla riproposizione del difetto motivazionale della pretesa, su cui dovrà pronunciare il giudice di rinvio.

La censure di cui al secondo motivo sono inammissibili, in tutti i loro profili, dovendosi ribadire che, qualora il giudice, dopo aver adottato – come nella specie – una statuizione di inammissibilità, con la quale si sia spogliato della potestas iudicandi in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l’onere nè l’interesse ad impugnare; conseguentemente è ammissibile l’impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale ed è viceversa inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta “ad abundantiam” nella sentenza gravata (Cass. S.U. il. 3840/07; Cass. n. 13997 e 15234/07; v. anche Cass. n. 13997/07).

L’accoglimento del primo motivo e il conseguente annullamento dell’impugnata sentenza assorbono ogni decisione in ordine alla terza censura, relativa alla liquidazione delle spese di quella fase.

Accolto, pertanto, il primo motivo e dichiarati inammissibile il secondo ed assorbito il terzo, la sentenza deve essere cassata e la causa va rinviata – per nuovo esame dell’appello del contribuente e per la determinazione delle spese anche del presente giudizio – ad altra Sezione della medesima CTR.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara inammissibile il secondo ed assorbito il terzo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione C.T.R. Puglia.

Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 9 aprile 2010

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