Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8495 del 25/03/2021

Cassazione civile sez. I, 25/03/2021, (ud. 22/12/2020, dep. 25/03/2021), n.8495

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – rel. Presidente –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4059/2019 proposto da:

I.T., elettivamente domiciliato in Roma, Viale G. Mazzini, 6,

presso lo studio dell’avvocato Agnitelli Manuela, che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, elettivamente domiciliato in Roma, Via Dei

Portoghesi 12, Avvocatura Generale Dello Stato che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di TORINO, depositata il 20/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/12/2020 da Dott. ACIERNO MARIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Torino con decreto del 20/12/2018 ha rigettato il ricorso proposto dal cittadino nigeriano, I.T., avverso il provvedimento di diniego della protezione internazionale emesso dalla competente Commissione Territoriale in data 18/01/2018.

Il richiedente ha chiesto in via principale il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria ed, in via subordinata, il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Quanto ai motivi posti a sostegno della domanda, ha dichiarato di essere sposato e di avere figli e di aver lavorato presso il negozio dello zio come saldatore. Nel (OMISSIS), un collega gli proponeva la prostituzione gay. Il (OMISSIS) dello stesso anno, invitato ad una festa, veniva posto in stato di incoscienza ed obbligato ad avere un rapporto sessuale completo con uomo. In seguito, spinto dalla necessità economica, decideva di prostituirsi per tre volte alla settimana presso un alloggio in cui avevano luogo incontri omosessuali. Nel (OMISSIS) il proprietario di casa li denunciava alla polizia che, recatasi presso l’abitazione, arrestava un suo amico ed altre persone. Egli riusciva a fuggire e si rifugiava da un suo amico, anche lui omosessuale, al quale raccontava l’accaduto. Poco dopo decideva di lasciare la Nigeria per il timore di essere arrestato e perseguitato per il suo orientamento sessuale.

Le ragioni poste a fondamento della decisione del Tribunale sono state le seguenti.

In primo luogo, il difetto di credibilità della vicenda narrata in sede di audizione, posto che il richiedente ha affermato di essere gay perchè gli piace senza mai accennare ad un rapporto sentimentale con chicchessia, descrivendo solamente rapporti clandestini di prostituzione per denaro; necessità, quest’ultima, non coerente con il fatto che egli lavorava. D’altra parte risulta inverosimile che il proprietario dell’alloggio in cui si tenevano gli incontri clandestini, nonostante egli abitasse al piano sovrastante, si sia accorto di quanto ivi accadeva solamente dopo 4 anni. Incoerente poi appare la fuga del richiedente che, colto nel pieno dell’amplesso sessuale, sarebbe riuscito a fuggire a ben 4 poliziotti, rifugiandosi nel bosco fino ad andare dal suo amico che immediatamente ha organizzato la sua dipartita dalla Nigeria.

Alla luce di tali elementi il Tribunale ha escluso la sussistenza dei requisiti legittimanti il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b).

Tantomeno ha ritenuto integrata la diversa ipotesi di danno grave di cui alla lett. c) del medesimo art. 14, atteso che le C.O.I. consultate rilevano che la zona specifica di provenienza del richiedente (Edo State) non è interessata da una situazione di violenza indiscriminata e diffusa nell’ambito di un conflitto armato.

Da ultimo, ha negato il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitaria dal momento che il richiedente non è credibile, gode di buona salute e le sue difficoltà riportano ad una condizione generalizzata comune per tutti i richiedenti asilo, tenuto conto che nel Paese di origine la situazione socio-politica non è tale da porre la totalità dei cittadini in condizioni di vulnerabilità.

Avverso il presente decreto di rigetto ha proposto ricorso per cassazione il cittadino straniero. Il Ministero intimato ha depositato controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Nel primo motivo di ricorso si censura la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 ed 11, per avere il giudice del merito negato il riconoscimento dello status di rifugiato nonostante sussista il fondato rischio che il richiedente, in caso di rimpatrio, possa essere perseguitato a cagione del suo orientamento omosessuale.

2. Con il secondo motivo si deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), posto che la protezione sussidiaria è stata negata a prescindere da una valutazione effettiva sulla sussistenza del danno grave richiesto dalla norma. Invero, non è stato affatto considerato che in Nigeria l’omosessualità è punita come reato e che le azioni giudiziarie o le sanzioni penali discriminatorie integrano a tutti gli effetti forme di persecuzione.

3. Nel terzo motivo si lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), per avere il giudice del merito rigettato la domanda di protezione sussidiaria senza valutare la situazione effettiva ed attuale del Paese di origine con specifico riferimento al sistema carcerario e giustiziale per il reato di omosessualità, nè fare cenno al motivo che ha costretto il ricorrente a fuggire. Invero, quest’ultimo è stato denunciato dal proprietario di casa per il suo orientamento sessuale ed è attualmente ricercato dalla polizia, rischiando dunque di essere perseguitato ed arrestato.

4. Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente censura il mancato rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari atteso che il Tribunale non ha valutato la situazione personale del ricorrente ed ha omesso di esaminare in modo specifico ed attuale la situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine.

5. I primi due motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione logico-giuridica, non superano il vaglio di ammissibilità considerato che la difesa contesta genericamente la mancata valutazione della condizione di omosessualità del richiedente, che asserisce di essere ricercato dalla polizia, nonchè dell’assetto normativo e carcerario della Nigeria, ove le persone omosessuali sono perseguitate e discriminate sia dai civili che dal potere pubblico, insistendo nel ritenere doveroso il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 lett. a) e b). Tuttavia, la censura non è riuscita a scalfire la ratio del provvedimento impugnato dal momento che ha mancato di contrastare, se non in modo indiretto e generico, la valutazione negativa di credibilità della vicenda narrata, in forza della quale sono state negate le forme di protezione citate. Precisamente, il Tribunale ha tenuto conto delle dichiarazioni del ricorrente ma non le ha ritenute attendibili, tanto con riferimento al suo orientamento sessuale quanto al reale accadimento dei fatti narrati, motivando adeguatamente tale conclusione sulla base dei numerosi elementi di debolezza ed incoerenza rilevati. Di conseguenza, ha ritenuto di non dover condurre alcun accertamento istruttorio in relazione al rischio persecutorio paventato, così operando in piena conformità al consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte, secondo il quale il difetto di attendibilità delle dichiarazioni rese dal cittadino straniero fa venire meno il dovere del giudice di esercitare i propri poteri istruttori ed approfondire la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, limitatamente all’accertamento dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b), (Cass., Sez. 1, n. 24575/2020; Cass., Sez. 1, n. 10286/2020).

5.1. Il terzo motivo è inammissibile posto che il giudice del merito ha correttamente esercitato i propri poteri officiosi, acquisendo C.O.I. precise ed aggiornate sulla situazione socio-politica del Paese di origine del richiedente, alla luce delle quali ha escluso la sussistenza nella regione dell’Edo State di una situazione di violenza indiscriminata di intensità tale da mettere a rischio la vita o l’incolumità di un civile per la sola presenza sul territorio. Per contro, il ricorrente, richiamando il contenuto del sito ministeriale viaggiare sicuri (26/10/2018) – che si riferisce in modo generico alla Nigeria, senza menzionare la regione dell’Edo State – si è limitata a prospettare una lettura alternativa della situazione generale del Paese di origine del richiedente, così limitandosi a censurare nel merito il provvedimento impugnato.

5.2. Il quarto motivo non supera il vaglio di ammissibilità per difetto di specificità non avendo il ricorrente nè dedotto nè allegato alcun profilo di vulnerabilità soggettiva o di integrazione da comparare alla situazione generale di privazione dei diritti umani. (Cass., Sez. 1, n. 13573 del 2020).

In conclusione la Corte dichiara inammissibile il ricorso. Le spese legali seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in 2100,00 Euro oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato par a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2021

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