Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8492 del 14/04/2011

Cassazione civile sez. un., 14/04/2011, (ud. 01/03/2011, dep. 14/04/2011), n.8492

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo Presidente f.f. –

Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente Sezione –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – rel. Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. DI CEREO Vincenzo – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 28908/2008 proposto da:

D.G. ((OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA G. D’AREZZO 18, presso lo studio

dell’avvocato MAGRI’ Ennio, che lo rappresenta e difende, per delega

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA

CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BAIMONTI 25;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 131/2008 della CORTE DEI CONTI – Sezione

seconda giurisdizionale centrale d’appello – ROMA, depositata il

17/04/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

01/03/2011 dal Consigliere Dott. ETTORE BUCCIANTE;

udito l’Avvocato Alessandro DE VITO PISCICELLI per delega

dell’avvocato Ennio Magri;

udito il P.M., in persona dell’Avvocato Generale Dott. IANNELLI

Domenico, che ha concluso per il rigetto del ricorso (giurisdizione

della Corte dei conti).

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 12 maggio 2005 la sezione giurisdizionale per il Lazio della Corte dei conti, adita dal Procuratore regionale nei confronti dell’amministratore dell’ANAS D.G., ha condannato il convenuto a pagare al suddetto ente la somma di 30.000,00 Euro, oltre agli interessi, come risarcimento del danno decurtato dai vantaggi ottenuti dall’amministrazione e ulteriormente ridotto equitativamente – derivato dall’avvenuto conferimento, negli anni dal 1998 al 2001, di compiti di consulenza amministrativa all’avvocato Flavio De Luca; ha respinto l’altra domanda proposta dal pubblico ministero attore, relativa agli incarichi di patrocinio legale affidati in quel periodo allo stesso professionista.

Impugnata dall’una parte e dall’altra, la decisione è stata riformata dalla seconda sezione giurisdizionale d’appello della Corte dei conti, che con sentenza del 17 aprile 2008 ha rideterminato in 150.000,00 Euro il danno per i compensi corrisposti per le consulenze e ha condannato D.G. al pagamento di 1.500.000,00 Euro per gli onorari versati per il patrocinio legale. A tali conclusioni il giudice di secondo grado è pervenuto previo rigetto dell’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice contabile, che già era stata disattesa dalla sezione regionale.

Contro tale sentenza D.G. ha proposto ricorso per cassazione, in base a cinque motivi, poi illustrati anche con memoria. Il Procuratore generale presso La Corte dei conti si è costituito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso D.G. lamenta che erroneamente la Corte dei conti ha ritenuto sussistente la propria giurisdizione, la quale invece avrebbe dovuto essere esclusa, in considerazione sia della natura di ente economico dell’ANAS, diverso dagli organismi di diritto pubblico, sia del carattere industriale e commerciale delle attività che esso svolge.

La doglianza non è fondata.

Negli anni dal 1998 al 2001, in cui sono state tenute le condotte contestate a D.G., l’ANAS aveva assunto la veste di ente pubblico economico, conferitale dal D.Lgs. 26 febbraio 1994, n. 143, art. 1, sicchè i suoi amministratori e dipendenti erano soggetti alla responsabilità amministrativa, poichè questa non è limitata ai comportamenti connessi all’esercizio di poteri autoritativi o allo svolgimento di funzioni pubbliche, ma si estende anche al compimento di attività gestionali e imprenditoriali mediante gli strumenti del diritto civile. In questo senso sì è ormai univocamente orientata la giurisprudenza di questa Corte regolatrice – dalla quale non si ravvisano ragioni per discostarsi, nè del resto ne è stata prospettata specificamente alcuna nel ricorso – in considerazione dell’evoluzione legislativa della materia, conseguente in particolare al D.L. 15 novembre 1993, n. 453, convertito con modificazioni dalla L. 14 gennaio 1994, n. 19, alla L. 14 gennaio 1994, n. 20 e al D.L. 23 ottobre 1996, n. 543 convertito con modificazioni dalla L. 20 dicembre 1996, n. 639, dalle cui disposizioni si è desunto che i discrimine tra la giurisdizione ordinaria e quella contabile risiede nella qualità del soggetto danneggiato e nella provenienza delle risorse finanziarie di cui esso si avvale, indipendentemente dal quadro di riferimento normativo, eventualmente privatistico, in cui si colloca l’attività produttiva del pregiudizio (v., tra le altre, Cass. 20 giugno 2006 n. 14102, relativa proprio all’ANAS).

Risultano quindi inconferenti le deduzioni del ricorrente, relative alla non configurabilità dell’ANAS come “organismo di diritto pubblico”. Si tratta di una nozione derivata dal diritto comunitario, che consente di equiparare alla pubblica amministrazione, ai fini del rispetto delle regole per l’affidamento degli appalti, persone giuridiche che formalmente ne sono estranee, anche se istituite allo scopo specifico di provvedere a esigenze di pubblico interesse, mediante attività di carattere non industriale o commerciale. Invece l’ANAS, per disposizione legislativa, era incluso all’epoca nel novero degli enti pubblici e ciò comportava senz’altro il radicamento della giurisdizione contabile, in relazione alla responsabilità amministrativa dei suoi agenti.

Ugualmente non pertinente è l’argomento tratto nella memoria del ricorrente dalla giurisprudenza che ha escluso la soggezione alla giurisdizione della Corte dei conti degli amministratori e dipendenti delle società “in mano pubblica” per i danni ad esse cagionati (v., per tutte, Cass. 19 dicembre 2009 n. 26806). La trasformazione dell’ANAS in s.p.a. è stata disposta con il D.L. 8 luglio 2002, n. 138, convertito con modificazioni dalla L. 8 agosto 2002, n. 38, successivamente quindi ai fatti contestati a D.G., sicchè è ininfluente in questo giudizio.

Con il secondo motivo di ricorso si sostiene che la Corte dei conti ha travalicato i limiti della propria sfera di giurisdizione, avendo esercitato un sindacato sul merito di scelte discrezionali, compiute in coerenza con i fini dell’ANAS e derivanti dalla necessità di rivolgersi al libero foro, a causa dell’indisponibilità più volte manifestata dall’Avvocatura dello Stato e dell’inidoneità del neoistituito ufficio legale interno.

Anche questa censura va disattesa.

Come si è osservato nella sentenza impugnata, la materia di cui si tratta non era affatto rimessa alle valutazioni dell’ente circa la convenienza di utilizzare un dato mezzo, tra i vari possibili, per ottenere il miglior risultato, ma era soggetta a una precisa disciplina, dettata sia dal regolamento di organizzazione, che demandava all’ufficio legale i compiti di consulenza giuridica, sia da disposizioni del Ministero dei lavori pubblici, che prescrivevano la limitazione degli incarichi esterni a “casi eccezionali, debitamente accertati e motivati, di oggettiva necessità”, sia dall’art. 43 del T.U. approvato con il R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, che limita a “casi speciali” il ricorso al libero foro per gli enti autorizzati, come era l’ANAS, ad avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato. Invece sono stati ingiustificatamente affidati a uno stesso professionista compiti generici e indeterminati anche nel tempo di consulenza, nonchè incarichi di difesa per un numero rilevante di giudizi, con una spesa complessiva ammontante al cospicuo importo di 4.766.107,90 Euro.

Con il terzo motivo di ricorso D.G. lamenta di essere stato condannato al risarcimento di danni per fatti da reputare commessi senza dolo o colpa grave, date le difficoltà in cui versava l’Avvocatura dello Stato, riconosciute dallo stesso giudice a quo come idonee a consentire almeno in alcuni casi l’utilizzazione di professionisti esterni; ne deduce che sono stati superati i limiti della giurisdizione contabile, la quale non può essere esercitata in mancanza dell’elemento soggettivo richiesto per la configurabilità della responsabilità amministrativa.

La censura è inammissibile, poichè il vizio da cui si assume essere affetta la sentenza impugnata consiste in ipotesi in un error in iudicando e non incide sulla giurisdizione, in quanto è compito del giudice contabile, adito con azione di responsabilità amministrativa, accertare se il fatto sia stato commesso con dolo o colpa grave, trattandosi di un requisito attinente alla fondatezza nel merito della domanda (v. Cass. 19 novembre 1998 n. 11719, 12 giugno 1999 n. 326).

Per la medesima ragione deve essere disatteso il quarto motivo di ricorso, con cui il difetto di. giurisdizione della Corte dei conti viene prospettato come derivante dalla mancanza nella specie di ogni danno erariale: mancanza desumibile, secondo D.G., da ciò che nella stessa sentenza impugnata si è riconosciuto in ordine ai vantaggi che l’ANAS ha ottenuto dall’affidamento a un legale esterno dei compiti di consulenza e di patrocinio in questione. Anche a questo proposito va rilevato che si verte su un punto attinente non alla giurisdizione, ma al merito della controversia, che non può quindi formare oggetto di sindacato da parte di questa Corte (cfr. Cass. 25 novembre 2008 n. 28059).

Con il quinto motivo di ricorso vengono riproposte le censure formulate nel terzo e nel quarto e si sostiene che possono comunque avere ingresso in questa sede – anche se considerate estranee al tema della giurisdizione – poichè il R.D. 12 luglio 1934, n. 1214, art. 71, consente di ricorrere per cassazione contro le sentenze della Corte dei conti non soltanto per “incompetenza”, ma anche per “eccesso di potere”: vizio quest’ultimo ravvisabile nelle ipotesi di decisioni che sono affette da contraddittorietà, irragionevolezza e illogicità, come secondo il ricorrente è quella che ha affermato la sua responsabilità, nonostante la dimostrata assenza sia di dolo o colpa grave, sia di effettivo danno erariale.

L’assunto non è fondato, poichè il vizio cui si riferisce la disposizione richiamata dal ricorrente è l’eccesso di potere “giurisdizionale”, che è ravvisabile nei casi di esplicazione da parte del giudice di una funzione propria del potere legislativo o di quello esecutivo, sicchè rappresenta un aspetto dei “motivi inerenti alla giurisdizione” per i quali soltanto, a norma dell’art. 111 Cost., è ammesso il ricorso per cassazione contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti (v. Cass. 19 febbraio 2004 n. 3349).

Rigettato pertanto il ricorso, deve essere dichiarata la giurisdizione della Corte dei conti.

Non vi è da provvedere sulle spese del giudizio di cassazione, stante la natura di parte solo in senso formale del Procuratore generale presso la Corte dei conti (cfr. Cass. 2 aprile 2003 n. 5105).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; dichiara la giurisdizione della Corte dei conti.

Così deciso in Roma, il 1 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2011

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