Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8492 del 06/05/2020

Cassazione civile sez. trib., 06/05/2020, (ud. 05/12/2019, dep. 06/05/2020), n.8492

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17856/2014 R.G. proposto da:

F.A., elettivamente domiciliato in Roma, viale Cortina

D’Ampezzo n. 269, presso lo studio dell’avv. Francesco De Santis,

che lo rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

Contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 140/45/14 della Commissione tributaria

regionale di Napoli 45, depositata in data 10 gennaio 2014;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5 dicembre

2019 dal Consigliere Dott. Fraulini Paolo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Commissione tributaria regionale per la Campania, confermando la sentenza di primo grado che aveva accolto parzialmente il ricorso del contribuente, ha respinto l’impugnazione proposta da quest’ultimo avverso l’avviso di accertamento (OMISSIS), relativo a Irpef, Iva e Irap per l’anno di imposta 2007.

2. Ha rilevato il giudice di appello che, sulla base di un accordo intervenuto tra il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e le maggiori organizzazione di categoria del settore dell’autotrasporto, la percentuale del rapporto tra consumo di carburante e ricavo era stata fissata al 20%, laddove il contribuente aveva indicato nella dichiarazione una percentuale del 37,242%, con uno scostamento a favore del contribuente che non era stato giustificato, tanto da legittimare l’accertamento induttivo del maggior reddito tramite studio di settore;

3. Per la cassazione della citata sentenza F.A. ricorre con cinque motivi, resistiti dall’Agenzia delle Entrate con controricorso.

4. Il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380bis1 c.p.c.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso lamenta:

a. Primo motivo: “Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, anche in relazione al D.L. n. 331 del 1993, art. 62-sexies, conv. in L. n. 427 del 1993 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)” deducendo che la sentenza avrebbe erroneamente trasformato l’accertamento compiuto dall’Ufficio da analitico in sintetico-induttivo.

b. Secondo motivo: “Nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2,” deducendo che il giudice del merito, pur ritenendo invalido l’avviso di accertamento per ragioni di ordine sostanziale, avrebbe rideterminato il reddito del contribuente travalicando ogni domanda ed eccezione di parte, posto che l’Ufficio aveva solo difeso il metodo analitico-induttivc applicato alla fattispecie.

c. Terzo motivo: “Violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, nonchè dell’art. 132 c.p.c., anche in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)” deducendo nonchè dell’art. 132 c.p.c., anche D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, anche in relazione al D.L. n. 331 del 1993, art. 62-sexies, conv. in L. n. 427 del 1993 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3″ deducendo l’insanabile contrasto tra l’affermata legittimità dell’emissione dell’avviso di accertamento e l’avvenuta rideterminazione del reddito attraverso l’applicazione del metodo sintetico degli studi di settore.

d. Quarto motivo: “Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, anche in relazione al D.L. n. 331 del 1993, art. 62-bis e s.s., conv. in L. n. 427 del 1993, nonchè agli art. 2729 c.c. e s.s., e art. 2697 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)” deducendo l’erroneità della sentenza per aver omesso di rilevare che in primo grado le risultanze dello studio di settore erano state acquisite in violazione di legge, siccome non precedute da alcun contraddittorio con il contribuente nella fase amministrativa.

e. Quinto motivo: “Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, anche in relazione agli artt. 2729 c.c. e s.s., e art. 2697 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)” deducendo che le presunzioni derivanti dall’accordo tra il Ministero dei Trasporti e le organizzazioni di categoria del settore non assurgevano alla precisione e concordanza richiesta dalla norma per costituire prova, anche perchè il settore del piccolo trasporto esercitato dal contribuente era escluso dall’accordo medesimo.

2. L’Agenzia delle Entrate argomenta l’infondatezza del ricorso, di cui chiede il rigetto.

3. Il ricorso va respinto.

4. In riferimento a tutti i motivi di ricorso va evidenziato che non è contestato dal ricorrente che l’avviso di accertamento impugnato (e depositato anche nel proprio fascicolo in questa sede in ossequio al disposto dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4) contenesse ab origine la richiesta al contribuente di fornire, attraverso compilazione di apposito questionario e versamento di documentazione a sostegno, delucidazioni in riferimento: 1) all’antieconomicità del risultato dichiarato; 2) allo scostamento dagli studi di settore; 3) alla ricostruzione analitica del maggior reddito attraverso il consumo del carburante.

5. Tali circostanze conducono al rigetto di tutte le censure mosse.

6. Il primo motivo è infondato, poichè non è vero che l’accertamento si basasse unicamente su una valutazione analitica; al contrario, esso contestava alternativamente sia la valutazione sintetica dello studio di settore che quella analitica dell’accertamento in concreto.

7. Il secondo motivo è infondato. Proprio dalla pacifica giurisprudenza, citata anche dal ricorrente, secondo cui il giudice tributario è tenuto ad esaminare la pretesa tributaria e a ricondurla a corretta misura, si evince la legittimità della decisione impugnata che, ben lungi dal pronunciare ultra petita, ha semplicemente giudicato applicando le risultanze dello studio di settore, peraltro in senso più favorevole per il contribuente, che come detto risultavano oggetto dell’avvenuta contestazione in fase amministrativa, così entrando appieno a far parte della controversia impugnatoria dell’avviso.

8. Il terzo motivo è infondato. Proprio in applicazione della citata giurisprudenza delle Sezioni Unite n. 8053 del 2014, nella specie si evince che la motivazione resa dal giudice di secondo grado è ben lungi dall’essere perplessa o incomprensibile; essa ha correttamente valutato un metodo ricostruttivo del maggior reddito tra quelli contestati al contribuente dall’Ufficio.

9. Il quarto motivo e il quinto motivo, che per la loro connessione possono essere congiuntamente esaminati, sono infondati. In tema di accertamento mediante studi di settore, al fine di superare la presunzione di reddito determinata dalla procedura standardizzata, grava sul contribuente l’onere di dimostrare, attraverso informazioni ricavabili da fonti di prova acquisite al processo con qualsiasi mezzo, la sussistenza di circostanze di fatto tali da far discostare la sua attività dal modello normale al quale i parametri fanno riferimento e giustificare un reddito inferiore a quello che sarebbe stato normale in virtù di detta procedura (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 769 del 15/01/2019; id., Sentenza n. 14288 del 13/07/2016; id, Sentenza n. 3415 del 20/02/2015). Un tale onere il ricorrente non ha assolto, non essendo citate nel ricorso le fonti di prova acquisite nella fase di merito a sostegno dell’unica affermazione a ciò riconducibile (mancata applicazione dell’Accordo ministeriale sulla percentuale di rapporto costo/ricavo).

10. La soccombenza regola le spese.

11. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna F.A. al pagamento, in favore della Agenzia delle Entrate, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 dicembre 2019.

Depositato in cancelleria il 6 maggio 2020

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