Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8490 del 25/03/2021

Cassazione civile sez. I, 25/03/2021, (ud. 14/10/2020, dep. 25/03/2021), n.8490

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. PACILLI Giuseppina Anna Rosaria – rel. Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15885/2019 proposto da:

S.F., elettivamente domiciliato in Isernia, Via XXIV Maggio,

n. 33, presso lo studio dell’avv. Paolo Sassi, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositato il

4/4/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/10/2020 dal Cons. Dott. GIUSEPPINA ANNA ROSARIA PACILLI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto in data 28 marzo 2019 il tribunale di Campobasso ha rigettato il ricorso proposto da S.F., cittadino del (OMISSIS), avverso il provvedimento, emesso dalla locale Commissione territoriale, di diniego della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato o del diritto alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 2 e 14 o del diritto alla protezione umanitaria ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6. In estrema sintesi, il tribunale molisano ha osservato che – anche a volere prescindere dall’obiettiva minima credibilità del richiedente, il cui racconto era privo di elementi di dettaglio – il ricorrente non aveva prospettato neppure sul piano delle allegazioni gli elementi costitutivi del diritto di protezione, avendo il predetto indicato fatti riconducibili ad un ambito strettamente privatistico, ossia al timore di tornare nel suo paese per paura di essere arrestato, perchè aveva investito ed ucciso una bambina, in qualità di autista di un politico locale, ed era stato cercato dalla polizia che, non avendolo trovato a casa, avevano ucciso il padre. Il tribunale ha specificato poi che il ricorrente non aveva rappresentato una condizione di personale e diretta esposizione al rischio di un danno rilevante D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c); ha constatato come non risultassero nemmeno dedotti fattori di vulnerabilità e, di conseguenza, ha rigettato le domande proposte, revocando nel contempo l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

2. S.F. ricorre per cassazione avverso questa pronuncia mentre il Ministero dell’Interno non resiste.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. Il ricorso si articola in due motivi.

Con il primo motivo il ricorrente lamenta congiuntamente la violazione di plurimi articoli del D.Lgs. n. 25 del 2008 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, l’omesso esame di fatto decisivo “in relazione alla mancata valutazione della vicenda personale del richiedente e della situazione esistente nel Ghana sulla base della documentazione allegata e all’omessa attività istruttoria” e la “mancanza totale di motivazione” con riguardo allo status di rifugiato e alla protezione sussidiaria. Secondo il ricorrente, il Tribunale avrebbe dovuto disporre la sua audizione, al fine di ottenere una giustificazione sull’asserita non credibilità e genericità, e avrebbe violato l’obbligo di cooperazione istruttoria. Il medesimo Tribunale, inoltre, avrebbe omesso qualsivoglia valutazione in merito ai presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, trascurando di considerare l’attuale sussistenza della violenza indiscriminata e diffusa, che coinvolge il Ghana.

Con il secondo motivo (indicato in ricorso come terzo) si deduce la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione alla mancata valutazione della situazione esistente nel Ghana e l’omessa attività istruttoria in merito alla protezione umanitaria.

4. Il primo motivo è fondato nei sensi di seguito indicati.

Il tribunale molisano non ha riconosciuto lo status di rifugiato e il diritto alla protezione di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), sulla base del rilievo che il ricorrente non aveva indicato i presupposti richiesti per tali forme di protezione.

Difatti, il ricorrente aveva dichiarato di avere timore di tornare nel suo paese per paura di essere arrestato, perchè aveva investito ed ucciso una bambina, in qualità di autista di un politico locale, ed era stato cercato dalla polizia che, non avendolo trovato a casa, aveva ucciso il padre.

Posto che la domanda di protezione internazionale non si sottrae all’applicazione del principio dispositivo, che esige che il ricorrente indichi i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli di ufficio (Cass., 29 ottobre 2018, n. 27336; 28 settembre 2015, n. 19197), deve affermarsi l’inammissibilità delle censure del ricorrente avverso il diniego dello status di rifugiato e della protezione prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), ribadendosi altresì che, in difetto di allegazioni sui fatti costitutivi del diritto non vi era il potere-dovere del giudice di accertare la sussistenza dei presupposti per l’accoglimento della domanda (Cass. 28 giugno 2018, n. 17069); nè vi era il dovere di disporre l’audizione del richiedente.

4.1 Sono fondate, invece, le censure avverso il diniego della protezione di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

Questa Corte ha già avuto modo di affermare che, in tema di protezione internazionale sussidiaria, il requisito della individualità della minaccia grave alla vita o alla persona di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), non è subordinato, in conformità alle indicazioni della Corte di Giustizia UE (sentenza 17 febbraio 2009, in C-465/07), vincolante per il giudice di merito, alla condizione che il richiedente fornisca la prova che egli è interessato in modo specifico, a motivo di elementi peculiari della sua situazione personale. Ciò in quanto l’esistenza del menzionato requisito può desumersi anche dal grado di violenza indiscriminata che caratterizza il conflitto armato in corso, da cui dedurre che il rientro nel Paese d’origine determinerebbe un rischio concreto per la vita del richiedente (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 16202 del 30/07/2015, Rv. 636614 – 01).

Una volta che il richiedente abbia allegato i fatti costitutivi del diritto, il giudice del merito è tenuto, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, a cooperare nell’accertare la situazione reale del paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri-doveri officiosi di indagine e di acquisizione documentale, in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate sul Paese di origine del richiedente. Al fine di ritenere adempiuto tale onere, il giudice è, quindi, tenuto ad indicare specificatamente le fonti in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 11312 del 26/04/2019; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 17069 del 28/06/2018, Rv. 649647 – 01; Sez. 6 – 1, Sentenza n. 7333 del 10/04/2015, Rv. 634949 – 01).

Occorre anche ribadire che, in tema di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2017, ex art. 14, lett. c), il potere-dovere di indagine d’ufficio del giudice circa la situazione generale esistente nel paese d’origine del richiedente non trova ostacolo nella non credibilità delle dichiarazioni rese dal richiedente stesso riguardo alla propria vicenda personale, sempre che il giudizio di non credibilità non investa il fatto stesso della provenienza dell’istante dall’area geografica interessata alla violenza indiscriminata che fonda tale forma di protezione (Sez. 1, Ordinanza n. 14283 del 24/05/2019, Rv. 654168 – 01).

Alla stregua dei riportati principi deve rilevarsi che il tribunale molisano non ha indicato le fonti da cui ha tratto informazioni, così pretermettendo l’accertamento istruttorio officioso del quale si sarebbe dovuto far carico circa la situazione di conflitto armato e di conseguente violenza generalizzata in pregiudizio della popolazione civile del Ghana.

Deve precisarsi che l’inclusione del Ghana nell’elenco dei paesi sicuri non inficia la suddetta conclusione. Come deciso in questa stessa udienza.

Questa Corte (Sez. 1, n. 25311 dell’11/11/2020, Rv. 659576 – 01) ha affermato che, in tema di protezione internazionale, l’inserimento del paese di origine del richiedente nell’elenco dei “paesi sicuri” produce l’effetto di far gravare sul ricorrente l’onere di allegazione rinforzata in ordine alle ragioni soggettive o oggettive per le quali invece il paese non può considerarsi sicuro, soltanto per i ricorsi giurisdizionali presentati dopo l’entrata in vigore del D.M. n. 4 ottobre 2019, (circostanza che non ricorre nella specie), poichè i principi del giusto processo ostano al mutamento in corso di causa delle regole cui sono informati i detti oneri di allegazione, restando comunque intatto per il giudice, a fronte del corretto adempimento di siffatti oneri, il potere-dovere di acquisire con ogni mezzo tutti gli elementi utili ad indagare sulla sussistenza dei presupposti della protezione internazionale.

Alla luce di quanto precede, assorbiti gli altri motivi, in accoglimento parziale del primo motivo, deve cassarsi il decreto impugnato nei limiti indicati e deve disporsi il rinvio della causa al tribunale di Campobasso, che si atterrà nel giudizio rescissorio al principio di diritto enunciato.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo nei sensi di cui in motivazione, assorbiti i restanti; cassa il provvedimento impugnato e rinvia, anche per le spese, al tribunale di Campobasso in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 14 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2021

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