Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8487 del 25/03/2021

Cassazione civile sez. I, 25/03/2021, (ud. 14/10/2020, dep. 25/03/2021), n.8487

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. PACILLI Giuseppina Anna Rosaria – rel. Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12060/2019 proposto da:

C.E., elettivamente domiciliato in Isernia, Via XXIV Maggio,

n. 33, presso lo studio dell’avv. Paolo Sassi, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositata il

26/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/10/2020 dal Cons. Dott. GIUSEPPINA ANNA ROSARIA PACILLI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con decreto del 21 febbraio 2019 il Tribunale di Campobasso ha rigettato il ricorso proposto dal cittadino nigeriano C.E. avverso il provvedimento, emesso dalla locale Commissione territoriale, di diniego della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato o del diritto alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 2 e 14 o del diritto alla protezione umanitaria ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6. In particolare, il tribunale ha rilevato che: – non risultavano nemmeno prospettate situazioni di persecuzione così come elencate dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 7, avendo lo stesso ricorrente ammesso di aver lasciato la Nigeria per motivazioni di carattere personale e non potendo essere dedotte in sede giudiziaria questioni non affrontate dinanzi alla Commissione territoriale; – in Nigeria non sarebbe in atto una violenza indiscriminata, rilevante al fine della protezione sussidiaria; quanto alla protezione umanitaria, non sarebbero stati allegati ulteriori profili di vulnerabilità.

Avverso tale decisione il ricorrente ha proposto tre motivi di ricorso per cassazione.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si lamenta congiuntamente la violazione di plurimi articoli del D.Lgs. n. 25 del 2008 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, l’omesso esame di fatto decisivo “in relazione alla mancata valutazione della vicenda personale del richiedente e della situazione esistente in Nigeria sulla base della documentazione allegata e dell’omessa attività istruttoria” e la “mancanza totale di motivazione” (art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5) con riguardo allo status di rifugiato e alla protezione sussidiaria. Secondo il ricorrente, il tribunale avrebbe dovuto disporre la sua audizione, al fine di ottenere una giustificazione sull’asserita non credibilità e genericità, e avrebbe violato l’obbligo di cooperazione istruttoria. Il medesimo Tribunale, inoltre, avrebbe errato nell’avere ritenuto non deducibile in sede giudiziaria la questione dell’omosessualità, non prospettata dinanzi alla Commissione territoriale, e nel non avere fissato l’udienza di comparizione D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 bis, comma 11, in presenza di elementi di fatto nuovi e in mancanza della videoregistrazione. Il tribunale, inoltre, avrebbe omesso qualsivoglia valutazione in merito ai presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, trascurando di considerare l’attuale sussistenza della violenza indiscriminata e diffusa, che coinvolge il Bangladesh.

Il motivo è fondato.

Il D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, pure inserito dal D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, convertito con modificazioni dalla L. 13 aprile 2017, n. 46, concernente le controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale, dopo avere stabilito al comma 9 che il procedimento è trattato in Camera di consiglio, dispone, al comma 10, che: “E’ fissata udienza per la comparizione delle parti esclusivamente quando il giudice: a) visionata la videoregistrazione di cui al comma 8 ritiene necessario disporre l’audizione dell’interessato; b) ritiene indispensabile richiedere chiarimenti alle parti; c) dispone consulenza tecnica ovvero, anche d’ufficio, l’assunzione di mezzi di prova”. La medesima disposizione, al comma 11, aggiunge che: “L’udienza è altresì disposta quando ricorra almeno una delle seguenti ipotesi: a) la videoregistrazione non è disponibile; b) l’interessato ne abbia fatto motivata richiesta nel ricorso introduttivo e il giudice, sulla base delle motivazioni esposte dal ricorrente, ritenga la trattazione del procedimento in udienza essenziale ai fini della decisione; c) l’impugnazione si fonda su elementi di fatto non dedotti nel corso della procedura amministrativa di primo grado”.

Alla luce di tale disposizione è evidente, in primo luogo, che il tribunale molisano ha errato nel ritenere che fosse inammissibile la questione relativa all’omosessualità del migrante, in quanto dedotta per la prima volta dinanzi a sè.

Del resto, non avendo il giudizio D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 bis, natura di impugnazione in senso stretto del provvedimento amministrativo della Commissione territoriale, il richiedente, nel determinare il thema decidendum in sede giurisdizionale, può allegare nuovi elementi di fatto a fondamento della sua pretesa (vedi Cass. n. 27073/2019, che ha richiamato Cass. S.U. n. 19393/2009 e Cass. n. 7385/2017).

In secondo luogo, deve rilevarsi che il menzionato tribunale avrebbe dovuto fissare l’udienza di comparizione. Ciò è reso palese non solo dalla lettera del comma 10 dell’art. 35 bis citato, rilevante ai sensi dell’art. 12 preleggi, in ragione dell’uso dell’indicativo nella locuzione “L’udienza è altresì disposta…”, ma anche dal raffronto tra le ipotesi di cui al comma 10 e quelle indicate dal comma 11; nel primo di essi il legislatore ha infatti raggruppato i casi di cui il giudice può fissare discrezionalmente l’udienza (sia perchè ritiene di approfondire quanto emerge dal colloquio videoregistrato, sia perchè ritiene di dar corso all’istruzione probatoria), distinguendoli da quelli, menzionati al comma 11, in cui egli, almeno tendenzialmente, deve fissarla.

Deve altresì aggiungersi che il tribunale molisano avrebbe dovuto disporre anche l’audizione del richiedente, in linea con quanto affermato da questa Corte (Sez. 1, n. 21584 del 7/10/2020, Rv. 658982), secondo cui, nei giudizi in materia di protezione internazionale il giudice, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione territoriale, ha l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione, ma non anche quello di disporre l’audizione del richiedente, a meno che: a) nel ricorso non vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda (sufficientemente distinti da quelli allegati nella fase amministrativa, circostanziati e rilevanti); b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incogruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) il richiedente faccia istanza di audizione nel ricorso, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire chiarimenti e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile.

Alla stregua di quanto precede il provvedimento impugnato deve essere cassato con rinvio al tribunale di Campobasso, il quale, nel procedere a nuovo esame della causa, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere alle spese di questo giudizio.

Le altre censure sono assorbite.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia la causa al Tribunale di Campobasso in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 14 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2021

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