Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8479 del 31/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 31/03/2017, (ud. 25/01/2017, dep.31/03/2017),  n. 8479

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18850-2015 proposto da:

S.V., elettivamente domiciliato in ROMA, V. INNOCENZO XI

8, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO GALATI, rappresentato e

difeso dall’avvocato VINCENZO VAITI;

– ricorrente –

contro

G.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 647/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 10/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/01/2017 dal Consigliere Dott. PAGETTA ANTONELLA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso che il Collegio ha deliberato la redazione della motivazione dell’ordinanza in forma semplificata, ai sensi del decreto del primo Presidente in data 14/9/2016;

Rilevato:

1. che G.M. adiva il giudice del lavoro chiedendo la condanna di S.V. al pagamento di somme a titolo di differenze retributive e tfr;

2. che il giudice di primo grado respingeva la domanda;

3. che la Corte d’appello di Catanzaro, in parziale riforma della decisione, ritenuta la natura subordinata del rapporto intercorso tra le parti, ha condannato S.V. al pagamento in favore dell’originario ricorrente della somma complessiva di Euro 37.662,37 (di cui Euro 5.830,13 a titolo di TFR) ed alle spese di lite.;

4. che per la cassazione della decisione ha proposto ricorso S.V. sulla base di cinque motivi;

5. che la parte intimata non ha svolto attività difensiva;

Considerato:

6. che il primo motivo di ricorso, con il quale si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, nullità della sentenza o del procedimento in relazione all’art. 112 c.p.c., e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, censurandosi la decisione per avere omesso di motivare in ordine alla sussistenza, nel caso di specie, dei requisiti qualificanti la subordinazione, è manifestamente infondato; il giudice di appello, ha, infatti, esplicitamente indicato le ragioni per le quali ha ritenuto di qualificare l’attività di riparazione di autovetture svolta, per circa otto anni, dal G. all’interno dell’officina del S. come di natura subordinata, argomentando dalla corrispondenza di tale attività svolta con la qualifica professionale alla cui acquisizione era preordinato il contratto inter partes di formazione e lavoro, dall’inserimento del G. nella struttura aziendale facente capo al S., dalla non plausibilità dell’assunto di quest’ultimo, secondo il quale il G. avrebbe svolto all’interno dell’officina attività, riparazione di automezzi propri e di propri familiari;

7. che il secondo motivo di ricorso, con il quale si deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, in relazione agli artt. 2094 e 2220 c.c. nonchè degli artt. 2967 e 2103 c.c. e dell’art. 115 c.p.c., censurandosi la decisione di appello per avere attribuito rilievo esclusivo ed assorbente alla presenza del G. all’interno dell’officina senza verificare la effettiva e sistematica sottoposizione del G. al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del preteso datore di lavoro e la stessa sussistenza degli indici sussidiari della subordinazione, è manifestamente infondato;

7.1 che, come ripetutamente affermato da questa Corte, la qualificazione del rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, è censurabile in sede di legittimità soltanto con riferimento alla determinazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto, mentre costituisce accertamento di fatto, come tale incensurabile in detta sede, se sorretto da motivazione adeguata ed immune da vizi logici e giuridici, la valutazione delle risultanze processuali che hanno indotto il giudice del merito ad includere il rapporto controverso nell’uno o nell’altro schema contrattuale(cfr. tra le altre, Cass. n. 23455 del 2009, ord, n. 9808 del 2011, n. 5960 del 1999);

7.2 che dalla motivazione della decisione non emerge affatto che la verifica della pretesa attorea sia stata condotta sulla base di un parametro normativo non conforme al disposto dell’art. 2094 c.c., avendo il giudice di appello espressamente ancorato l’accertamento della subordinazione a indici tradizionalmente considerati come sintomatici della natura subordinata del rapporto quali l’inserimento del G. nell’organizzazione aziendale del S. e la continuità nel tempo della prestazione da questi resa (v. tra le altre, Cass. n. 4171 del 2006);

8. che il terzo motivo di ricorso, con il quale si deduce omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, motivo illustrato mediante richiamo ai passi di alcune testimonianze che avrebbero – si sostiene – deposto nel senso dell’insussistenza del vincolo della subordinazione, è inammissibile in quanto non coerente con l’attuale configurazione del vizio di motivazione in relazione al quale le sezioni unite di questa Corte hanno chiarito che il controllo previsto dal nuovo n. 5) dell’art. 360 c.p.c., concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale), che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia) (“sufficienza” della motivazione”). (Cass. ss.uu. n. 8053 del 2014). L’omesso esame di un “fatto decisivo” non è prospettabile, infatti, in relazione alle deposizioni testimoniali richiamate dal ricorrente in quanto il giudice di appello, nel motivare la decisione, ha fatto espressamente riferimento agli esiti della prova orale, dovendosi altresì rilevare che secondo l’insegnamento costante di questa Corte, dovendosi altresì rilevare che, per costante insegnamento di questa Corte, la denuncia del vizio di motivazione non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare autonomamente il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio bensì soltanto quello di controllare, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, le argomentazioni svolte dal giudice di merito al quale spetta in via esclusiva il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, controllarne l’attendibilità e concludenza nonchè scegliere tra le complessive risultanze del processo quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro;

9. che il quarto motivo di ricorso, con il quale si deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, in relazione agli artt. 2094 e 2222 c.c. nonchè degli artt. 2967 e 2103 c.c. e dell’art. 115 c., censurandosi la decisione per avere omesso ogni indagine in ordine all’effettivo svolgimento da parte dell’originario ricorrente di attività lavorativa concretamente ascrivibile alla qualifica rivendicata, alla quale rapportare gli emolumenti retributivi, è inammissibile in quanto non sorretto dall’adeguata ricostruzione della vicenda processuale nelle fasi di merito. Premesso, infatti., che la specifica questione della qualifica alla quale rapportare le differenze attribuite non è stata affrontata dalla decisione impugnata, costituiva onere del ricorrente dimostrarne, mediante puntuale riferimento agli atti di causa, la avvenuta rituale deduzione nelle fasi di merito onde dar modo alla Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa… (Cass. n. 11731 del 2011, n. 20518 del 2008, n. 16303 del 2002, n. 2140 del 2006, n. 12138 del 2011, n. 4752 del 2011);

10. che il quinto motivo di ricorso, con il quale si deduce nullità della sentenza e/o del procedimento in relazione all’art. 112 c.p.c., censurandosi la decisione per avere omesso di pronunziare sulla eccezione di prescrizione formulata in prime cure e reiterata in appello, è manifestamente fondato, in quanto dall’esame diretto degli atti di causa, richiamati, con riguardo a tale specifica questione, in maniera puntuale ed in conformità del principio di autosufficienza nel ricorso per cassazione, risulta che con la memoria di costituzione di primo grado l’odierno ricorrente aveva eccepito la prescrizione dei crediti azionati da controparte (v. memoria di primo grado, pag. 2) e che tale eccezione era stata reiterata nella memoria di costituzione in appello (v. pag. 8), eccezione sulla quale la sentenza impugnata ha omesso di pronunziare;

11. che, pertanto, in base alle considerazioni che precedono, devono essere respinti i primi quattro motivi e accolto il quinto;

11.1. che a tanto consegue la cassazione della decisione in relazione al motivo accolto e il rinvio, anche ai fini del regolamento delle spese del giudizio di legittimità Ad altro giudice di secondo grado che si designa nella Corte d’appello di Reggio Calabria.

PQM

La Corte accoglie il quinto motivo e rigetta gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Reggio Calabria.

Motivazione Semplificata.

Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2017

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