Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8479 del 09/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 09/04/2010, (ud. 24/11/2009, dep. 09/04/2010), n.8479

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Latte Sud S.r.l. in persona del legale rappresentante p.t, sig.

V.F., elettivamente domiciliato in San Marcellino (CE)

al C.so Italia n. 141, presso lo studi dell’avv. Della Corte

Francesco, dal quale è rappresentata e difesa in virtù di procura

speciale a margine del ricorso.

contro

Ministero dell’Economie e delle Finanze dello Stato in persona del

Ministro pro tempore, e dell’Agenzia delle Entrate in persona del

Direttore pro tempore rappresentate e difese dall’Avvocatura Generale

dello Stato presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghese n. 12,

sono domiciliati;

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Napoli

n. 12/27/05;

udita la relazione del Consigliere Dr. Renato Polichetti;

sentite le conclusioni dell’avv. Zerman Paola Maria per l’Avvocatura

Generale dello Stato che ha chiesto il rigetto del ricorso;

Udite le conclusioni scritte del P.G. dott. Wladimiro De Nunzio che

ha chiesto il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Considerato quanto segue:

Con sentenza n. 313/17/02 del 21.06.02, la Commissione Tributaria Provinciale di Caserta rigettava il ricorso presentato dall’amministratore unico della S.r.l. Latte Sud, V.F., avverso l’avviso di accertamento, notificato dall’Ufficio II.DD. di Aversa per l’anno d’imposta 1996.

Premesso che l’accertamento dell’Ufficio era fondato sul mancato riconoscimento di costi fiscalmente non deducibili, per un importo di L. 2.456.940.000, relativi ad operazioni inesistenti, i primi giudici, rilevata la validità motivazionale dell’avviso, ritenevano fondati gli accertamenti della G. di F. e del G.O.I., posti a base della pretesa fiscale, non inficiati dalle banali e pretestuose giustificazioni addotte dai presunti fornitori della “Latte Sud” e dalle irrilevanti eccezione della ricorrente.

Avverso tale sentenza proponeva appello il V., lamentando che i primi giudici, sulla base di un erroneo tentativo di inversione dell’onere della prova, avevano fondato le loro decisioni su dati controversi e presunti quali quelli derivanti da fatture ritenute fittizie e su presunzioni del G.O.I., acriticamente accettate dall’Ufficio di Aversa della Agenzia delle Entrate. All’udienza del 27 gennaio 2005 la causa veniva assegnata a sentenza.

La Commissione rigettava l’appello sulla base della seguente motivazione.

“Va, innanzitutto, premesso che la legittimità dell’avviso di accertamento è stata ritenuta dai primi giudici con ampia ed esauriente motivazione: l’analitica esposizione dei motivi dell’accertamento, le risultanze scaturite dal processo verbale di constatazione e dai riscontri incrociati, l’esame delle scritture contabili della società, sono circostanze ritualmente portate a conoscenza della Latte Sud e ne hanno consentito un’adeguata e completa difesa.

Nel merito l’appello è incentrato sull’inconsistenza fattuale e giuridica della motivazione della sentenza, fondata su molteplici presunzioni, su accertamenti eseguiti su soggetti diversi e sull’evidente tentativo di invertire l’onere della prova.

Queste doglianze non sono fondate.

I primi giudici hanno rilevato: che dei quattro fornitori di latte, le cui operazioni di acquisto sono state ritenute inesistenti, uno era lo stesso amministratore unico della società V.F., mentre tutti gli altri erano suoi familiari o parenti; che gli animali di ciascun fornitore erano risultati inesistenti o ceduti ad acquirenti vari in data 31.05.93, senza che tali vendite fossero suffragate da assegni, cambiali o altri titoli; la mancata esibizione di assegni o altri titoli comprovanti il pagamento delle cessioni di latte, nè l’iscrizione sui libri contabili dell’avvenuto pagamento giornaliero in contanti; che l’intero quantitativo di latte fatturato costituiva la risultanza di una produzione giornaliera di 23 litri per ciascun animale.

Orbene queste non sono presunzioni, ma circostanze di fatto e considerazioni logiche che, per la loro gravità, concordanza e precisione, non comportano alcuna inversione dell’onere della prova, ma conducono fondatamente a ritenere che, quelle indicate dalla società in bilancio, sono operazioni inesistenti, con il conseguente mancato riconoscimento di costi fiscalmente non deducibili, per un ammontare di L. 2.456.940.000. E’ pur vero che alcuni degli elementi sopra indicati sono scaturiti da accertamenti presso terze società, ma questa circostanza è un’ulteriore riprova della serietà degli accertamenti eseguiti dalla G. di F. e dall’Ufficio, non smentiti da contrari e concreti dati di fatto.

Inoltre è indubitabile che, come hanno sostenuto i primi giudici, l’accertamento dell’Ufficio non possa essere considerato induttivo, non avendo interessato i ricavi e gli utili, ma essendosi limitato a non riconoscere quei costi di produzione relativi ad operazioni giustamente ritenute inesistenti.

Infine va rilevato che le sentenze prodotte dalla contribuente, sia quelle allegate all’atto di appello che quelle prodotte dell’odierna pubblica udienza, tutte non risultanti definitive, attengono a pretese fiscali diverse per oggetto e per anni d’imposta, come nel caso delle decisioni intervenute nei confronti degli eredi di S.M., mentre, in merito alle sentenze n. 115/18/04 e n. 116/18/04, emesse dalla Commissione Tributaria Regionale di Napoli, attinenti all’IVA e favorevoli alla società, l’avviso di rettifica, derivante dallo stesso processo verbale di constatazione, è stato ritenuto frutto di una forzata ricostruzione dei fatti che ha considerato come condizione fondante dell’accertamento il rapporto di parentela con l’amministratore e comunque fondato su presunzioni, ma tali considerazioni appaiono sommarie, riduttive e assolutamente non condivisibili”.

Avverso la suddetta sentenza propone ricorso innanzi a questa Corte sulla base di tre motivi la Latte Sud s.r.l. Con il primo motivo viene dedotta l’insufficienza e contraddittorietà della motivazione, in quanto la stessa non darebbe conto in modo esaustivo delle ragioni del mancato accoglimento dell’appello e, inoltre la stessa sarebbe contraddittoria.

Il motivo è infondato in quanto come è agevole desumere dal testo della motivazione della sentenza sopra riportato, i secondi giudici danno conto in modo dettagliato ed esaustivo della motivazione del rigetto, in base a dati specifici, in assenza di qualsivoglia contraddizione; laddove viceversa la società ricorrente in buona sostanza suggerisce una lettura alternativa dei dati esaminati dai secondi giudici. Lettura alternativa ovviamente improponibile nel giudizio di cassazione a fronte di una sentenza ben motivata e priva di qualsivoglia contraddizione o illogicità.

Con il secondo motivo viene dedotto che i secondi giudici avrebbero fatto ricorso a presunzioni semplici prive dei requisiti della gravità, precisione e concordanza.

Anche questo motivo è infondato in quanto dalla lettura della motivazione è agevole desumere che non di meri indizi si è trattato ma di circostanze oggettive specifiche, attentamente valutate dai secondi giudici; circostanze che possono essere o meno condivise, ma non certo messe in discussione nel presente giudizio di legittimità, in assenza come si è avuto modo di rilevare nell’esame del precedente motivo di profili di illogicità o contraddittorietà.

Con il terzo motivo viene eccepita l’omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia ed in particolare la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75.

In particolare i secondi giudici anche ammettendo per pura ipotesi che alcuni dei costi fossero fittizi avrebbero comunque dovuto riconoscere i costi comunque sostenuti per la produzione della mozzarella venduta. Il motivo è generico e come tale non accoglibile in quanto si chiede la deduzione dei costi di produzione senza in alcun modo quantificare gli stessi,e, comunque provare l’effettivo pagamento degli stessi.

Ne consegue il rigetto del ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio che liquida in Euro diecimila e duecento, di cui duecento per spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 9 aprile 2010

 

 

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