Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8478 del 13/04/2011

Cassazione civile sez. I, 13/04/2011, (ud. 12/01/2011, dep. 13/04/2011), n.8478

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 19353/2009 proposto da:

CERESA TRASPORTI DI CERESA FIORENZO & C. SAS ((OMISSIS)) in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA LUCREZIO CARO 62, presso lo studio

dell’avvocato CICCOTTI SABINA, rappresentata e difesa dagli avvocati

BECCALI Giampaolo, VINZIA PAOLO ALESSANDRO, giusta procura a margine

dell’atto introduttivo del giudizio;

– ricorrente –

contro

Z.C. (OMISSIS), Z.D.

((OMISSIS)), (componenti lo Studio Zucchetti Dottori

Commercialisti dei Dott. Z.D. e C.),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA M. SAVINI 7, presso lo studio

dell’avvocato ROMAGNA Egidio, che li rappresenta e difende unitamente

agli avvocati GALMOZZI PIER ANGELO, MAIOCCHI EMILIO, giusta procura

speciale in calce alla memoria;

– resistenti –

e contro

GLI ASSICURATORI DEI LLOYD’S;

– intimati –

avverso l’ordinanza n. 2356/07 del TRIBUNALE di LODI del 16.6.09,

depositata il 17/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/01/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ANTONIETTA

CARESTIA.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

p. 1. – Nel ricorso n. 19353 del 2009 sono state acquisite, ai sensi dell’art. 380 ter c.p.c., le conclusioni scritte del P.G. del seguente testuale tenore: “1. Con ordinanza del 16 giugno 2009 e depositata il 17 giugno 2009, il G.I. del tribunale di Lodi, ha sospeso il giudizio in corso (R.G. n. 2396/2007) tra la CERESA Trasporti di Ceresa Fiorenzo & C. s.a.s., odierna ricorrente, e lo Studio dei dottori commercialisti Z.D. e Z. C. avente ad oggetto azione di responsabilità professionale e di risarcimento danni proposta da parte attrice nei confronti dello studio dei commercialisti.

La domanda nasce dal rapporto professionale instaurato dalla CERESA Trasporti che aveva affidato allo studio ZUCCHETTI la gestione della pratica amministrativa insorta a seguito di un accertamento dell’INAIL per effetto del quale era stata disposta la riclassificazione del personale, impiegatizio e non, della ditta di trasporti con conseguente ricalcolo del tasso di premio con decorrenza retroattiva ed irrogazione delle relative sanzioni civili.

Lo studio ZUCCHETTI si era limitato ad esperire il ricorso gerarchico mentre aveva omesso di impugnare i ruoli formati per i relativi crediti e le cartelle esattoriali che ne erano scaturite.

2. Sulla base delle indicate circostanze, la CERESA Trasporti, già in precedenza, aveva convenuto in giudizio dinanzi allo stesso Tribunale di Lodi l’INAIL perchè, disapplicata la nuova classificazione del proprio personale dipendente stante la sua illegittimità, a) l’Istituto fosse condannato a rifondere le somme indebitamente pagate per i periodi pregressi; b) fosse accertato per il periodo successivo (al settembre 2002) la non debenza delle maggiori somme pretese per effetto della diversa classificazione.

In detto giudizio, respinta l’istanza di riunione tra i due procedimenti giudiziari, il tribunale di Lodi ha emesso sentenza con la quale ha respinto la domanda attorea per la mancata impugnazione delle cartelle esattoriali e disattendendo solo implicitamente la questione principale sulla legittimità della nuova classificazione.

La sentenza n. 237/07 (RG. 191/06) del tribunale di Lodi è stata impugnata dalla CERESA Trasporti limitatamente alla questione della fondatezza della pretesa contributiva dell’INAIL, mentre è stata fatta acquiescenza espressa alla parte di sentenza che ha dichiarato la inoppugnabilità della pretesa per la parte oggetto delle cartelle esattoriali non impugnate.

3. Con l’indicata ordinanza il tribunale di Lodi ha ritenuto di motivare la sospensione del giudizio per la ritenuta pregiudizialità, rispetto a tale giudizio, della controversia, avente ad oggetto la legittimità della pretesa contributiva dell’INAIL, pendente in sede di appello dinanzi alla sezione lavoro della Corte di appello di Milano.

Il tribunale di Lodi, quindi, ha disposto la sospensione, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., sul presupposto che la fattispecie integri una ipotesi di pregiudizialità logico-giuridica di tipo necessario che imponga l’applicazione della sospensione necessaria ovvero dipendendo o, quantomeno, essendo il secondo condizionato in misura determinante dal primo”.

4. E’ proposto ricorso per regolamento di competenza, ai sensi dell’art. 42 c.p.c., deducendo l’insussistenza dei presupposti della sospensione necessaria: a) perchè il giudizio pregiudicante pende in fase di appello con la conseguenza che la relazione tra i due procedimenti deve essere regolata dall’art. 337 c.p.c., e non già dall’art. 295 c.p.c., vertendosi quindi in ipotesi di sospensione facoltativa e non necessaria; b) perchè non può sussistere un rapporto di pregiudizialità tra i due giudizi avendo essi parti differenti (il primo: CERESA Trasporti – INAIL e il secondo: CERESA Trasporti – Studio dei dottori commercialisti Z.D. e Z.C.); c) nel giudizio in fase di appello la CERESA Trasporti ha fatto acquiescenza alla parte di sentenza relativa alle somme oggetto di cartelle esattoriali, con la conseguenza che su questo tema, che coinvolge l’eventuale responsabilità dello studio ZUCCHETTI, si è già formato il giudicato, mentre è ancora in discussione solo la legittimità della riclassificazione per il periodo successivo al settembre 2002 per il quale non vi è contenzioso con lo studio ZUCCHETTI. 5. Controparte nella memoria di costituzione eccepisce: 1) l’inammissibilità del ricorso per la inadeguatezza della formulazione dell’unico quesito di diritto proposto; 2) la legittimità dell’ordinanza di sospensione da interpretarsi come provvedimento emesso ai sensi dell’art. 337 c.p.c.; 3) in subordine, ove venga accolto i ricorso per erronea applicazione di legge: art. 295 c.p.c. anzichè art. 337 c.p.c., presta adesione al ricorso con riserva di richiesta al giudice del merito di provvedimento di sospensione ex art. 337 c.p.c..

Osserva:

6. Il ricorso è ammissibile e merita accoglimento.

L’epoca di deposito del provvedimento impugnato (depositato in data antecedente all’entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69, abrogatrice del quesito di diritto) comporta l’applicazione della precedente novella del rito civile di legittimità che aveva introdotto l’obbligo di formulazione del quesito di diritto (D.Lgs. n. 40 del 2 febbraio 2006). Ne consegue che è necessario valutare l’esatta corrispondenza del quesito, contenuto nel presente ricorso, ai requisiti di legge. Sul punto, va rilevato che l’istanza di regolamento di competenza deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 295 c.p.c., che, ancorchè articolata con tre distinti motivi, censura il provvedimento con un triplice profilo di violazione che – premessa l’espressa necessità di formulazione del quesito – viene conclusivamente riassunto con un quesito di diritto esposto nelle pagine tredici/quattordici del ricorso che sia pur attraverso una triplice enunciazione, in ogni caso, soddisfa il requisito di cui all’art. 366 bis c.p.c., (Cass., ord., sez. 3^, 29/08/2008, n. 21924).

7. Nel merito, le deduzioni avanzate contro l’ordinanza di sospensione sono fondate. Invero, il G.I. ha erroneamente disposto la sospensione del giudizio pendente avanti a lui in quanto nella fattispecie:

a) difetta il necessario presupposto dell’identità dei soggetti che hanno assunto la veste di parte nei due giudizi per i quali si è affermata l’esistenza di un rapporto di pregiudizialità (Cass. n. 13799/ 2004);

b) l’esito del giudizio attualmente in fase di appello tra la CERESA Trasporti e l’INAIL – anche per effetto dell’avvenuta acquiescenza della CERESA Trasporti in ordine alla pretesa dell’Inail per gli importi risultanti dalle cartelle esattoriali per i periodi di riclassificazione sino al settembre 2002 (unico periodo oggetto dell’azione di responsabilità proposta nei confronti dello studio professionale Zucchetti) – non potrà incidere in alcun modo sulla questione sulla quale si è già formato il giudicato tra quelle parti e che costituisce l’unico antecedente logico-giuridico su cui dovrà svolgersi il contraddittorio tra parti diverse (Ceresa Trasporti e Studio Zucchetti) per il consequenziale giudizio di responsabilità.

Del resto, ripetesi a prescindere dalla circostanza che per il periodo pregresso al settembre 2002 la Ceresa Trasporti ha già riconosciuto di dovere all’INAIL gli importi iscritti in cartella esattoriale, l’eventuale riconoscimento dell’erroneità della nuova classificazione attribuita dall’INAIL all’attività svolta dal personale dipendente della ditta di Trasporti non potrà assumere alcun valore condizionante e pregiudicante dell’azione di responsabilità professionale ma, al più, potrebbe incidere sugli effetti della relativa decisione, nel senso di renderla inutiliter data (in termini, Cass. 13799/2004).

8. Da ultimo, è necessario dar conto dell’osservazione prospettata da entrambe le parti; esse hanno rilevato che l’ordinanza di sospensione è stata adottata in espressa applicazione dell’art. 295 c.p.c., nonostante il giudizio pregiudicante fosse pendente in sede di appello, essendosi già esaurito il primo grado con sentenza non ancora passata in giudicato. In tale evenienza la relazione tra i due giudizi avrebbe dovuto essere vagliata secondo la disciplina dell’art. 337 c.p.c. secondo cui “1. L’esecuzione della sentenza non è sospesa per effetto dell’impugnazione di essa, salve le disposizioni degli artt. 283, 373, 401 e 407. 2. Quando l’autorità di una sentenza è invocata in un diverso processo, questo può essere sospeso se tale sentenza è impugnata” (sulla applicabilità di tale norma anche all’ipotesi di sentenza non passata in giudicato, vedi Cass. 15794 del 2005 che sostiene tale tesi principalmente come effetto della generale efficacia esecutiva assegnata alla sentenza di primo grado).

Entrambe le parti, quindi, concordano in via pregiudiziale sull’annullabilità dell’ordinanza impugnata per essere stato, nella fattispecie, illegittimamente esercitato il potere di sospensione previsto dall’art. 295 c.p.c.; mentre le stesse parti divergono nelle loro conclusioni subordinate. Gli odierni ricorrenti, nel merito, ritengono, infatti, che la valutazione sulla pregiudizialità sia erronea perchè è insussistente l’invocato rapporto di pregiudizialità necessaria; i resistenti, invece, affermano che sussiste un tale vincolo di pregiudizialità, almeno logica, tra i due giudizi e che esso, in ogni caso, andrebbe vagliato dal tribunale, dopo il disposto annullamento della sospensione da parte della Cassazione, secondo il parametro della “sospensione facoltativa” prevista dall’art. 337, comma 2.

Sul punto, va rilevato che la Cassazione, anche di recente, ha affermato che “quando tra due giudizi esista rapporto di pregiudizialità, e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, è possibile la sospensione del giudizio pregiudicato soltanto ai sensi dell’art. 337 c.p.c., comma 2, e non ai sensi dell’art. 295 c.p.c.; ne consegue che se il giudice disponga la sospensione del processo ai sensi di tale ultima norma, il relativo provvedimento è di per sè illegittimo, a prescindere da qualsiasi accertamento di merito circa la sussistenza del rapporto di pregiudizialità” (Cass., ord., sez. 3^, 29-08-2008, n. 21924).

Secondo questa impostazione, pertanto, il giudizio della Cassazione si arresta alla rilevazione dell’illegittimità del provvedimento di sospensione adottato ai sensi dell’art. 295 c.p.c., con rinvio al tribunale per l’eventuale adozione di un nuovo provvedimento motivato ai sensi dell’art. 337 c.p.c..

9. Osserva questo Ufficio che una tale tesi pare debba essere superata sotto diversi profili.

A) Quando la legge prevede un potere del giudice, il cui esercizio si deve concretare nell’adozione di un provvedimento avente la forma dell’ordinanza ed un determinato contenuto, l’adozione del provvedimento con quel contenuto e con l’espressa indicazione della sua pronuncia, ai sensi della norma che prevede il potere di emissione del provvedimento, comporta che, nel giudizio di impugnazione il giudice dell’impugnazione debba scrutinare il provvedimento considerandolo pronunciato in forza dell’esercizio del potere previsto dalla norma indicata nel provvedimento, restando preclusa la possibilità di qualificarlo come provvedimento che avrebbe potuto o dovuto essere pronunciato ai sensi di altra norma, che pure preveda un potere di emissione di un provvedimento di analogo contenuto, ma basato su presupposti e ragioni diverse, salvo il caso in cui proprio queste ultime siano espressamente esplicitate nel provvedimento sì da indurre a far ritenere che, al di là della formale invocazione di una norma, in realtà il giudice abbia in concreto esercitato il potere previsto dall’altra (Cass., ord., sez. 3^, 04-07-2007, n. 15111, principio enunciato dalla suprema corte in sede di regolamento di competenza avverso pronuncia di sospensione del processo adottata ai sensi dell’art. 295 c.p.c., che il ricorrente pretendeva fosse considerata adottata ai sensi dell’art. 337 c.p.c., comma 2).

Orbene, il tribunale di Lodi, pur richiamando la norma dell’art. 295 c.p.c., ha ritenuto che, nella fattispecie, la sospensione oltre ad essere imposta da un rapporto di pregiudizialità necessaria trova giustificazione nella circostanza che il giudizio sospeso “dipende o, quantomeno, è condizionato in misura determinante dal primo”.

E’ evidente che una tale motivazione prospetta una ipotesi alternativa di sospensione, non a carattere necessario bensì facoltativa o di mera opportunità.

La Cassazione ha ritenuto che la ratio dell’art. 42 c.p.c., nel testo novellato dalla L. n. 353 del 1990, nella parte in cui prevede l’impugnabilità con regolamento di competenza dell’ordinanza che dispone la sospensione del processo, è quella di sottoporre a controllo un atto che era in precedenza sottratto ad ogni sindacato, verificando la legittima applicazione della norma dettata dall’art. 295 c.p.c., nonchè, nei casi in cui il giudice ha – in forza di altre disposizioni – il potere ma non il dovere di sospendere il giudizio pendente avanti a lui, se il caso ricada nell’ambito di applicazione di esse (Cass., ord., sez. 3^, 10-11-2006, n. 24104).

Quando il caso rientri in una delle ipotesi facoltative, si pone il problema se la Corte si debba arrestare nell’esercizio del suo sindacato a questo accertamento o se le competa anche compiere un giudizio di legittimità sulla argomentazione svolta dal giudice di merito a sostegno del provvedimento adottato.

In tale situazione il provvedimento di sospensione risponde ad un mero criterio di opportunità legato ad esigenze di economia processuale e cioè alla eventualità che l’esito del giudizio relativo alla rinnovazione del contratto determini il venire meno della materia in contesa nel giudizio sospeso. Nel caso di specie, la lettura complessiva del provvedimento impugnato comporta che il giudizio della Cassazione debba estendersi anche alla motivazione subordinata del provvedimento e che – secondo quanto ritenuto da Cass., ord., sez. 3^, 14-01-2005, n. 671 – “alla luce di un’interpretazione costituzionalmente orientata a tutela della garanzia del giusto processo, deve ritenersi che sia impugnabile con il regolamento di competenza necessario il provvedimento di sospensione facoltativa del giudizio, previsto dalla legge nell’art. 337 c.p.c., comma 2, e ne deve discendere” la conseguenza che la corte di cassazione, secondo i poteri d’indagine che le sono riconosciuti anche sul fatto in tema di regolamento di competenza, può sindacare nel merito il provvedimento”.

Con l’ulteriore conseguenza che ” in mancanza di adeguata motivazione sulle ragioni di opportunità che avrebbero potuto legittimare tale tipo di sospensione, il relativo provvedimento è da annullare, con correlata assegnazione di un termine per la riassunzione del giudizio, rimanendo salva la possibilità di adozione, per il giudice di merito, di un nuovo e motivato provvedimento di sospensione riconducibile all’esercizio del potere discrezionale riconosciutogli dal citato art. 337 c.p.c. (Cass., ord., sez. 3^, 28-7-2005, n. 15794).

B) La illegittimità del provvedimento di sospensione, del resto, trova giustificazione – al di là dell’isolata prospettazione di Cass., ord., sez. 2^, 05-12-2006, n. 25900, secondo cui “nell’attuale sistema, non vi è più spazio per una discrezionale e non sindacabile facoltà di sospensione del processo, al di fuori dei casi di sospensione ex lege, sicchè deve essere cassata l’ordinanza con cui il giudice ha sospeso, ai sensi dell’art. 337 c.p.c., comma 2, il processo nel quale era stata prodotta una sentenza emessa in altro giudizio ed impugnata in cassazione” – anche in un rafforzamento del principio costituzionale della ragionevole durata del processo e “nell’incidenza dei principi del giusto processo sul giudizio di cassazione e sul potere di controllo officioso ad essa demandato secondo una nuova concezione del processo – anche in ordine alla consecutio logica delle questioni da trattare – e che ha trovato rispondenza nell’art. 360 bis c.p.c., ricognitivo di un principio definitivamente acquisito nel diritto vivente” come affermato nella recente decisione Cass. 6 luglio – 9 agosto 2010, n. 18480).

E’ evidente, infatti, l’irragionevolezza di una decisione di annullamento “limitato” ed espresso nella logica di un mero annullamento con rinvio allorchè, dall’esame degli atti e della complessiva argomentazione del provvedimento, la Cassazione abbia già rilevato l’erroneità dell’impostazione giuridica e della “lettura” della fattispecie operata dal giudice di merito. Ragioni di economia processuale e l’applicazione dei principi del giusto processo impongono di non limitarsi ad un mero rilievo della illegittima applicazione del solo art. 295 c.p.c..

In conclusione, il provvedimento di sospensione adottato deve essere annullato perchè appaiono insussistenti le ragioni prospettate tanto con riferimento alla sussistenza dei presupposti per la sospensione necessaria (art. 295 c.p.c.) quanto alla subordinata prospettazione di un’ipotesi di sospensione facoltativa (art. 337 c.p.c.).

P.Q.M.:

chiede che la Corte di Cassazione, in Camera di consiglio, accolga il ricorso, con le conseguenze di legge.

p. 2.- Osserva il Collegio che le conclusioni del pubblico ministero vanno pienamente condivise quanto alla fondatezza del motivo di ricorso posto a base del regolamento di competenza (violazione dell’art. 295 c.p.c.) mentre non possono essere condivise quanto all’esclusione dei presupposti di cui all’art. 337 c.p.c..

Infatti, anche di recente questa Corte (Sez. 3, Ordinanza n. 549 del 2010) ha ribadito la validità del principio – al quale il Collegio intende conformarsi – per il quale quando tra due giudizi esista rapporto di pregiudizialità, e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, è possibile la sospensione del giudizio pregiudicato soltanto ai sensi dell’art. 337 c.p.c., comma 2, e non ai sensi dell’art. 295 c.p.c.. Ne consegue che se il giudice disponga la sospensione del processo ai sensi di tale ultima norma, il relativo provvedimento è di per sè illegittimo, a prescindere da qualsiasi accertamento di merito circa la sussistenza del rapporto di pregiudizialità (Cass. (ord.) n. 21924 del 2008).

Nè la S. Corte può scrutinare il provvedimento considerandolo, al di là della sua espressa qualificazione, come provvedimento emesso sostanzialmente ai sensi dell’art. 337 c.p.c., comma 2 perchè quando la legge prevede un potere del giudice, il cui esercizio si deve concretare nell’adozione di un provvedimento avente la forma dell’ordinanza ed un determinato contenuto, l’adozione del provvedimento con quel contenuto e con l’espressa indicazione della sua pronuncia, ai sensi della norma che prevede il potere di emissione del provvedimento, comporta che, nel giudizio di impugnazione che sia previsto in ordine al provvedimento, il giudice dell’impugnazione debba scrutinare il provvedimento considerandolo pronunciato in forza dell’esercizio del potere previsto dalla norma indicata nel provvedimento, restando preclusa la possibilità di qualificarlo come provvedimento che avrebbe potuto o dovuto essere pronunciato ai sensi di altra norma, che pure preveda un potere di emissione di un provvedimento di analogo contenuto, ma basato su presupposti e ragioni diverse, salvo il caso in cui proprio queste ultime siano espressamente esplicitate nel provvedimento sì da indurre a far ritenere che, al di là della formale invocazione di una norma, in realtà il giudice abbia in concreto esercitato il potere previsto dall’altra (Cass. (ord.) n. 15111 del 2007).

Per contro, nella concreta fattispecie, il provvedimento impugnato non risponde a tale ultimo requisito. Infatti, la sussistenza del rapporto di pregiudizialità avrebbe potuto costituire solo il presupposto per l’esercizio del potere di sospensione ai sensi dell’art. 337 c.p.c., comma 2 nel senso che, una volta ritenuta sussistente la pregiudizialità, il Tribunale avrebbe dovuto delibare la forza di convincimento della sentenza di primo grado resa nell’altro giudizio e, qualora si fosse convinto della sua idoneità a resistere all’impugnazione, avrebbe potuto, valutato ogni altro elemento, sospendere (cfr. Sez. 3, Ordinanza n. 549 del 2010).

Valutazioni affatto assenti nel provvedimento impugnato.

Conclusivamente, l’ordinanza impugnata appare illegittima e va disposta la prosecuzione del giudizio.

Al giudice del merito va rimesso il regolamento delle spese di questo procedimento.

P.Q.M.

chiede che la Corte di Cassazione, in Camera di consiglio, accolga il ricorso, con le conseguenze di legge.

p. 2.- Osserva il Collegio che le conclusioni del pubblico ministero vanno pienamente condivise quanto alla fondatezza del motivo di ricorso posto a base del regolamento di competenza (violazione dell’art. 295 c.p.c.) mentre non possono essere condivise quanto all’esclusione dei presupposti di cui all’art. 337 c.p.c..

Infatti, anche di recente questa Corte (Sez. 3, Ordinanza n. 549 del 2010) ha ribadito la validità del principio – al quale il Collegio intende conformarsi – per il quale quando tra due giudizi esista rapporto di pregiudizialità, e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, è possibile la sospensione del giudizio pregiudicato soltanto ai sensi dell’art. 337 c.p.c., comma 2, e non ai sensi dell’art. 295 c.p.c.. Ne consegue che se il giudice disponga la sospensione del processo ai sensi di tale ultima norma, il relativo provvedimento è di per sè illegittimo, a prescindere da qualsiasi accertamento di merito circa la sussistenza del rapporto di pregiudizialità (Cass. (ord.) n. 21924 del 2008).

Nè la S. Corte può scrutinare il provvedimento considerandolo, al di là della sua espressa qualificazione, come provvedimento emesso sostanzialmente ai sensi dell’art. 337 c.p.c., comma 2 perchè quando la legge prevede un potere del giudice, il cui esercizio si deve concretare nell’adozione di un provvedimento avente la forma dell’ordinanza ed un determinato contenuto, l’adozione del provvedimento con quel contenuto e con l’espressa indicazione della sua pronuncia, ai sensi della norma che prevede il potere di emissione del provvedimento, comporta che, nel giudizio di impugnazione che sia previsto in ordine al provvedimento, il giudice dell’impugnazione debba scrutinare il provvedimento considerandolo pronunciato in forza dell’esercizio del potere previsto dalla norma indicata nel provvedimento, restando preclusa la possibilità di qualificarlo come provvedimento che avrebbe potuto o dovuto essere pronunciato ai sensi di altra norma, che pure preveda un potere di emissione di un provvedimento di analogo contenuto, ma basato su presupposti e ragioni diverse, salvo il caso in cui proprio queste ultime siano espressamente esplicitate nel provvedimento sì da indurre a far ritenere che, al di là della formale invocazione di una norma, in realtà il giudice abbia in concreto esercitato il potere previsto dall’altra (Cass. (ord.) n. 15111 del 2007).

Per contro, nella concreta fattispecie, il provvedimento impugnato non risponde a tale ultimo requisito. Infatti, la sussistenza del rapporto di pregiudizialità avrebbe potuto costituire solo il presupposto per l’esercizio del potere di sospensione ai sensi dell’art. 337 c.p.c., comma 2 nel senso che, una volta ritenuta sussistente la pregiudizialità, il Tribunale avrebbe dovuto delibare la forza di convincimento della sentenza di primo grado resa nell’altro giudizio e, qualora si fosse convinto della sua idoneità a resistere all’impugnazione, avrebbe potuto, valutato ogni altro elemento, sospendere (cfr. Sez. 3, Ordinanza n. 549 del 2010).

Valutazioni affatto assenti nel provvedimento impugnato.

Conclusivamente, l’ordinanza impugnata appare illegittima e va disposta la prosecuzione del giudizio.

Al giudice del merito va rimesso il regolamento delle spese di questo procedimento.

P.Q.M. La Corte accoglie l’istanza di regolamento di competenza e dispone la prosecuzione del giudizio. Fissa per la riassunzione dinanzi al Tribunale di Lodi il termine di mesi tre dalla comunicazione del deposito della presente ordinanza e rimette la decisione sulle spese del regolamento a detto giudice.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, a seguito di riconvocazione, il 2 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2011

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