Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8477 del 09/04/2010

Cassazione civile sez. II, 09/04/2010, (ud. 11/03/2010, dep. 09/04/2010), n.8477

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Luigi – rel. Presidente –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA FLAMINIA 366, presso lo studio dell’avvocato

D’ALESSANDRO MARIA CRISTINA, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato ZANETTIN PIERANTONIO;

– ricorrente –

contro

L.O. (OMISSIS), C.B.

(OMISSIS), C.R. (OMISSIS),

CA.RI. (OMISSIS), C.L.

(OMISSIS), C.G. (OMISSIS);

– intimati –

sul ricorso 5808-2005 proposto da:

L.O. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA ANDREA BAFILE 2, presso lo studio dell’avvocato PIZZORNO

ANGELO LODOVICO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

CHIARION VITO;

– ricorrente –

contro

C.G., C.B., C.R.,

CA.RI., C.L., C.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1608/2004 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 30/09/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

11/03/2010 dal Consigliere Dott. LUIGI PICCIALLI;

udito l’Avvocato ZANETTIN PIERANTONIO, difensore del ricorrente che

si riporta agli atti;

udito l’Avvocato PIZZORNO ANGELO LUDOVICO, difensore del

controricorrente che si riporta agli atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso previa riunione: rigetto del ricorso

principale; assorbimento del ricorso incidentale condizionato.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato tra l’8 ed il 16.11.90 L.O., premesso di essere proprietario in (OMISSIS) di un fondo finitimo a quello di C.B., R., G., Ri., L. e G., con confine segnato dalla linea di mezzeria di un fossato per lo scolo delle acque, sul ciglio del quale egli aveva realizzato una recinzione, lamentava che i vicini si erano appropriati dell’intera superficie del fosso suddetto, dopo averlo parzialmente interrato, al tre si costruendo manufatti sconfinanti per circa cm.

50, e pertanto li citava al giudizio del Tribunale di Padova, chiedendo accertarsi il confine così come da lui indicato, ordinarsi ai convenuti l’arretramento delle costruzioni (domanda non riproposta in grado di appello), con risarcimento dei danni ed, infine, dichiarasi il suo diritto, acquisito per usucapione, di tenere una siepe a ridosso della suddetta recinzione (domanda abbandonata in sede di precisazione delle conclusioni in primo grado). Si costituivano i soli R. e C.G., chiedendo la reiezione delle avverse richieste, segnatamente eccependo l’usucapione. Istruita con consulenza tecnica di ufficio e prove orali, la causa veniva infine decisa con sentenza in data 21/22.6.00 del G.O.A. della sezione stralcio dell’adito tribunale, con rigetto di tutte le richieste attrici.

A seguito dell’appello del soccombente, resistito dalla sola C.G., nella contumacia degli altri convenuti appellatala Corte di Venezia, con sentenza del 16.3-30.9.04, in accoglimento parziale del gravame ed in riforma della decisione di primo grado, accertava che il confine tra le due proprietà coincideva con la linea di mezzeria dell’ex fossato, come individuata dal c.t.u., autorizzando l’appellante al corrispondente avanzamento della recinzione e compensando interamente le spese del giudizio. I giudici di appello, premesso che il c.t.u. aveva accertato che il fossato rientrava in realtà per intero nel fondo dell’attore e che dalle prove testimoniali e dalle stesse ammissioni delle parti era emerso che, a seguito dell’interramento, i convenuti ne avevano occupato e posseduto, per oltre un ventennio, solo metà, ritenevano che la sola circostanza che l’attore avesse recintato il proprio fondo, avvalendosi del diritto di cui all’art. 841 c.c., non poteva comportare l’abbandono, per disinteresse dell’intero letto del fossato, essendo la proprietà imprescrittibile, sicchè l’opposta usucapione poteva operare solo per quelle parte effettivamente occupata e posseduta dai convenuti.

Contro tale sentenza C.G. ha proposto ricorso per Cassazione affidato a sei motivi. Ha resistito il L. con controricorso, contenente ricorso incidentale condizionato.

Neppure in questa sede hanno svolto attività difensiva i rimanenti intimati.

La difesa della ricorrente ha depositato una memoria illustrativa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi ai sensi del l’art. 335 c.p.c..

Con il primo motivo del ricorso principale si deduce “omessa e/o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversi a”, essenzialmente censurandosi in quanto “arbitraria”, la valorizzazione da parte della corte di merito, ai fini dell’accertamento del confinerei la “convinzione delle parti che lo stesso fosse segnato dalla linea di mezzeria del fossato. essendo stata tale opinione espressa dalla sola parte attrice, per di più ad oltre trent’anni dall’erezione ad opera della medesima, di una recinzione priva di varchi e mascherata da una siepe, che si arrestava sul ciglio del fossato stesso, così manifestando l’assoluto disinteresse a possederlo.

Con il secondo motivo si deduce violazione degli artt. 1164, 1158 e 1154 c.c., ed omessa motivazione, per non aver la corte suddetta valutato, contrariamente a quanto aveva correttamente fatto il primo giudice, l’interversione del possesso verificatasi, per effetto del sopra esposto mutamento della situazione dei luoghi, comportante, da una parte, disinteresse ed esclusione di ogni possibilità di usufruire del fossato, dall’altra, esclusività del relativo possesso, segnatamente estrinsecatosi nelle attività di ordinaria manutenzione e pubblicamente protrattosi per oltre un ventennio sull’intera superficie dello stesso prima e dopo l’interramento.

Con il terzo motivo si deduce “omessa e/o insufficiente motivazione su un punto decisivo .. “e violazione dell’art. 2697 c.c., per non aver tenuto conto delle risultanze istruttorie comprovanti l’esercizio del possesso da parte dei convenuti sull’intero fossato e non solo per metà.

Con il quarto motivo si deduce contraddittoria ed illogica motivazione su ulteriore punto decisivo, per avere la corte di merito illogicamente dichiarato solo nei limiti in precedenza indicati l’usucapione, al riguardo attribuendo arbitrariamente a C. R., con gli effetti di cui all’art. 2733 c.c., l’ammissione che la propria manutenzione del fossato fosse stata limitata solo fino alla linea di mezzeria, mentre in realtà il suddetto, nella comparsa di costituzione e risposta ed in quella conclusionale di primo grado, si era limitato ad ammettere che il confine era costituito dalla linea suddetta, a dedurre che il fossato non era allo stato funzionale ed a negare di essersi personalmente appropriato del fondo, senza tuttavia escludere che altri componenti della propria famiglia lo avessero fatto, nè dedurre che la manutenzione dello stesso fosse stata limitata come sopra.

Con il quinto motivo si deduce violazione dell’art. 2733 c.c. e art. 229 c.p.c., con contraddittoria motivazione, per essere stato attribuito valore confessorio ad assunte ammissioni contenute negli scritti difensivi, che non provenendo personalmente dalla parte, nè essendo spontanee o provocate a mezzo di interrogatorio formale, non avrebbero potuto spiegare tale effetto.

Con il sesto motivo si lamenta, infine, vizio di motivazione, per erronea o illogica interpretazione parte dei C. alla sola metà, mentre invece le deposizioni avrebbero riferito che in presenza di una recinzione esistente da almeno trent’anni sul limite del fondo di parte attrice, solo convenuti vi avevano provveduto.

Tanto premessola Corte ritiene opportuna la trattazione congiunta dei sopra esposti motivi di impugnazione, considerato che relative censure, al di là della molteplice articolazione, risultano in larga parte ripetitive e comunque strettamente connesse ed interdipendenti.

La parte attrice, sulla premessa che la linea di confine tra i due fondi fosse rappresentata da quella di mezzeria del canale che in origine li separava, aveva lamentato l’occupazione della metà dello stesso, previo interramento, da parte della convenuta;questa aveva, a sua volta, eccepito la risalenza ultraventennale dell’assetto dei luoghi ex adverso lamentato e, quindi, di aver comunque delle risultanze testimoniali, non avendo alcun teste circoscritto la manutenzione del fossato da usucapito l’area (corrispondente alla metà del letto del fossato) rivendicata dall’attore; il consulente tecnico, andando al di là delle stesse convinzioni ed aspettative della parte attrice, accertava che in realtà il fossato ricadeva interamente nell’ambito della proprietà attrice; la Corte d’Appello ritenuto che l’eccezione di usucapione fosse fondata soltanto in relazione alla metà del fossato, vale a dire di quella parte che l’attrice non aveva rivendicato nella sua domanda (ed in opposizione alla quale, attesi i limiti della pretesa azionata, non vi sarebbe stata alcuna ragione di esaminare, estensivamente, l’eccezione riconvenzionale), accoglieva la domanda attrice nei limiti oggettivi di cui all’originaria formulazione.

Tale particolare esito del giudizio, a parte l’inutilità della conferma parziale dell’eccezione di usucapione, che in parte de qua non aveva ragione di essere attesi i limiti dell’avversa pretesa, risulta sorretto da un sufficiente apparato argomentativo. I giudici di appello, partendo dalle corrette affermazioni di principio, secondo le quali l’esercizio della facoltà, in via generale riconosciuta al proprietario dall’art. 841 c.c., di recintare il proprio fondo, ove in concreto non si estenda fino all’estremo limite dello stesso (modalità nella specie non consentita dalla originaria presenza di un fossato pieno d’acqua), non è fosse per sè sintomatico della dismissione del diritto sulla parte posta oltre la recinzione, tenuto conto dell’imprescrittibilità di quello di proprietà, hanno ritenutogli l’opposto versante, non raggiunta la prova che l’intero fossato (canale in origine, relativo letto interrato poi) fosse stato posseduto in via esclusiva per oltre un ventennio dalle parti convenute. Tale conclusione risulta sorretta dal richiamo, non censurabile in questa sede in quanto costituente accertamento di fatto, alle testimonianze di tali L.A. e A.M., riferenti della manutenzione della metà del fossato, prima ad opera del padre dell’attore, e poi da parte di quest’ultimo dal 1978, circostanza che smentiva, o quantomeno comportava il ridimensionamento di quelle altre deposizioni, addotte da parte convenuta, secondo le quali sarebbe stata sempre e solo quest’ultima ad occuparsi della manutenzione dell’intero canale. Tale contrastarne di per sè solo sarebbe stato tale da far ritenere non sufficientemente provati gli estremi dell’eccepita usucapione, sia sotto il profilo cronologico (essendo stato il giudizio instaurato solo dodici anni dopo il 1978) sia sotto quello dell’esclusività del possesso, la corte di merito ha ritenuto altresì di poter risolvere valorizzando anche le ammissioni, circa l’individuazione della linea di confine catastale in quella di mezzeria del fossato, desumibili dalle posizioni assunte in giudizio da uno dei convenuti. C. R., sostanzialmente confermative della tesi attrice. Ma tale assunta ammissione, quale che ne fosse la valenza confessoria e l’estensibilità a sfavore degli altri, non confitenti, convenuti, rappresentava solo un argomento rafforzativo del convincimento espresso dalla corte, non indispensabile alla reiezione dell’eccezione di usucapione, che il già evidenziato, quanto meno incerto, esito delle altre risultanze istruttorie non consentiva di ritenere provata.

Le suesposte considerazioni comportano, in definiva, la reiezione di tutti i motivi di ricorso:del primo, terzo e sesto, perchè contenenti sostanziali censure in fatto, non evidenzianti alcuna carenza o illogicità di motivazione, nè malgoverno delle regole di riparto probatorio dettate dall’art. 2697 c.c., secondo le quali sarebbe stata la parte convenuta a dover fornire la prova del fatto acquisitivo dedotto a sostegno dell’eccezione riconvenzionale;dei secondo, per quanto detto circa l’imprescrittibilità del diritto di proprietà e la non significatività delle particolari modalità di esercizio della facoltà di recintare il proprio fondo ai fini della dismissione del possesso (ben potendo la manutenzione del fossato compiersi anche al di là della recinzione), con conseguente inidoneità del relativo fatto a configurare una “interversione” ex art. 1164 c.c., dovendo peraltro questa provenire da atto oppositivo dell’altra parte, idoneo ad escludere l’esercizio del possesso da parte del titolare originario;del quarto e del quinto, per la sopra evidenziata non decisività dell’argomentazione censurata con tali mezzi d’impugnazione.

Il ricorso principale va, conclusivamente, respinto, con conseguente assorbimento di quello incidentale condizionato, che non deduce questioni sulle quali sia necessario comunque l’esame di ufficio. Ne consegue il regolamento delle spese secondo soccombenza.

PQM

La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il principale, dichiara assorbito l’incidentale e condanna la ricorrente C. G. al rimborso delle spese del giudizio in favore del resistente L.O. in misura di complessivi Euro 1.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi.

Così deciso in Roma il 11 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 9 aprile 2010

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