Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8473 del 25/03/2021

Cassazione civile sez. II, 25/03/2021, (ud. 06/10/2020, dep. 25/03/2021), n.8473

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22127/2019 proposto da:

M.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OTRANTO n. 12,

presso lo studio dell’avvocato MARCO GRISPO, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

contro

COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE

INTERNAZIONALE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1251/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 30/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

06/10/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con apposito ricorso il ricorrente impugnava il provvedimento della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Catania, con il quale era stata respinta la sua istanza volta ad ottenere la predetta tutela.

Con ordinanza del 31.1.2017 il Tribunale di Catania rigettava il ricorso.

Interponeva appello avverso detto provvedimento il M. (alias M.) e il Ministero non si costituiva in seconde cure.

Con la sentenza impugnata, n. 1251 del 2019, la Corte di Appello di Catania respingeva l’impugnazione.

Propone ricorso per la cassazione di detta sentenza M.F., affidandosi a due motivi.

Resiste con controricorso il Ministero dell’Interno.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,7,14,16 e 17 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, nonchè l’omesso esame di fatti decisivi, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, perchè la Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto inattendibile la storia personale, senza tener conto delle informazioni tratte dal rapporto EASO 2018, che attesterebbe l’esistenza di un considerevole rischio di attentati nel Punjab – zona di origine del M. – e del fatto che in Pakistan non è presente un sistema in grado di assicurare il corretto esercizio dei diritti fondamentali dell’individuo. A sostegno del proprio assunto, il ricorrente cita una serie di precedenti di merito, evidentemente relativi a diverse vicende personali, che – a suo dire – confermerebbero il quadro di grave compromissione dei diritti umani esistente in Pakistan.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta invece la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, nonchè l’omesso esame di fatti decisivi, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, perchè la Corte catanese avrebbe omesso di apprezzare la particolare condizione di vulnerabilità del richiedente, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria.

Le due censure, che possono essere esaminate congiuntamente, sono inammissibili. Esse, invero, non si confrontano con la ratio della decisione impugnata: il giudice di merito, infatti, ha ritenuto non credibile la storia riferita dal M., dando atto delle specifiche contraddizioni in cui egli era incorso (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata). Detto articolato passaggio motivazionale non è attinto specificamente dalle due censure, che si limitano a proporre argomenti generici, privi di attinenza al caso specifico. Inoltre la Corte etnea ha dato atto che il ricorrente, alla fine del suo racconto, aveva chiaramente affermato di esser venuto in Italia per sostenere economicamente i propri familiari: ciò rivela una motivazione essenzialmente economica alla base della migrazione, che di per sè non giustifica il riconoscimento di alcun genere di protezione, internazionale o umanitaria. Con specifico riferimento a quest’ultima forma di tutela, poi, il richiedente nulla di specifico allega, ed in tal modo non supera l’ulteriore passaggio della sentenza impugnata (cfr. pag. 6) con cui il giudice di merito ha escluso la sussistenza di profili di vulnerabilità individuale, evidenziando la giovane età e la scolarizzazione del M..

In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.100 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 6 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2021

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