Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8471 del 09/04/2010

Cassazione civile sez. II, 09/04/2010, (ud. 09/03/2010, dep. 09/04/2010), n.8471

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – rel. Presidente –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

ENEL DISTRIBUZIONE SPA (OMISSIS), in persona del legale rapp.te

p.t. elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 5,

presso lo studio dell’avvocato MANZI LUIGI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato LECCE REGINALDO;

– ricorrente –

contro

B.V. (OMISSIS), elettivamente – domiciliato

in ROMA, VIA ALBALONGA 30, presso lo studio dell’avvocato PALMA

CONCETTA, rappresentato e difeso dagli avvocati PIAZZA MANFREDO,

LACARIA GIOVANNI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 307/2006 del TRIBUNALE di LAMEZIA TERME,

depositata il 19/06/2006;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/03/2010 dal Presidente Dott. ROBERTO MICHELE TRIOLA;

udito l’Avvocato CARLO ALBINI con delega depositata in udienza

dell’avvocato LUIGI MANZI difensore del ricorrente che nulla oppone;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio, che concorda con la relazione art. 380

bis c.p.c..

La Corte:

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Che è stata depositata la seguente relazione ex art. 380 bis cod. proc. civ.:

Premesso:

B.V. conveniva davanti al Giudice di pace di Filadelfia l’ENEL Distribuzione S.p.A., e premetteva:

che era proprietario di un fondo sito in agro di (OMISSIS), località (OMISSIS);

che l’Enel aveva posto senza autorizzazione quattro pali per l’attraversamento della linea elettrica di passaggio;

che gli operai dell’Enel avevano praticati scavi nel suo terreno;

che l’attività di scavo e di installazione era fonte di danno alla proprietà ed alle colture praticate;

che la proprietà era ulteriormente deteriorata per le intromissioni dei dipendenti e dei mezzi Enel necessarie per la manutenzione e riparazione della linea elettrica.

Tanto premesso, chiedeva che l’Enel fosse condannato al risarcimento del danno subito nei limiti di Euro 1.032,91, oltre interessi dalla domanda.

L’Enel Distribuzione S.p.A. si costituiva e chiedeva, in via preliminare, che fosse dichiarata l’incompetenza per materia del Giudice di Pace adito in favore del Tribunale di Lamezia Terme; in via gradata, chiedeva che, in ragione del principio di connessione con la riconvenzionale di accertamento di usucapione ovvero di costituzione di servitù, entrambe le domande fossero rimesse al Tribunale di Lamezia Terme; chiedeva, nel merito, che la domanda principale fosse rigettata per difetto di legittimazione, perchè prescritta, non provata e infondata in fatto e in diritto e, in via subordinata, che il risarcimento preteso fosse ridotto in misura equa.

Il Giudice di Pace adito, con sentenza non definitiva in data 1 aprile 2003, dichiarava la propria competenza per materia sulla domanda principale e dichiarava l’inammissibilità della causa riconvenzionale per la propria incompetenza per materia; con sentenza definitiva in data 30 gennaio 2004, nel merito, in accoglimento della spiegata principale, condannava l’Enel Distribuzione S.p.A. al pagamento della somma di Euro 800,00, oltre interessi legali, a titolo di risarcimento danni.

L’Enel Distribuzione S.p.A. interponeva appello e chiedeva che, in integrale riforma della sentenza gravata, fosse dichiarata l’incompetenza del Giudice di pace di Filadelfia in favore del Tribunale adito e che il medesimo Tribunale accogliesse le proposte riconvenzionali e rigettasse la spiegata domanda principale di risarcimento danni.

Con sentenza in data 19 giugno 2006 il Tribunale di Lamezia dichiarava inammissibile l’appello in base alla seguente motivazione:

Il gravame spiegato (appello) è inammissibile poichè, in ragione delle censure sollevate rispetto al tenore della pronuncia impugnata, doveva essere proposto ricorso per Cassazione. Solo quando il giudice di pace decide su cause di valore superiore ad euro millecento deve pronunciare secondo diritto e non secondo equità e ciò comporta che le relative sentenze possono essere impugnate solo con il rimedio dell’appello e non con quello del ricorso immediato per Cassazione, ammissibile, per contro, solo per le cause di valore inferiore. Nella specie, la sentenza del giudice di pace che ha deciso nel merito la domanda principale è da qualificare non già di diritto, ma secondo equità, per la semplice ragione che rientra nella previsione di cui all’art. 7 c.p.c. e rispetta la soglia stabilita per la decisione secondo equità. Segnatamente, la domanda con la quale l’istante chiede di essere risarcito del danno subito a seguito dell’infissione sul proprio fondo di pali di sostegno di una linea elettrica, in mancanza della costituzione di una servitù, non costituisce una causa relativa a beni immobili e, pertanto, se di valore inferiore all’importo tassato dal citato art. 7 c.p.c., appartiene alla competenza del giudice di pace e va decisa secondo equità, se rientra nel limite di valore di cui all’art. 113 c.p.c., comma 2, (cfr. Cass. 26.02.2003, n. 2889). Per converso, la sentenza impugnata ha dichiarato l’incompetenza sulla domanda riconvenzionale della convenuta, autenticamente riferita a beni immobili (dichiarazione di usucapione ovvero costituzione coattiva di servitù), contro cui sarebbe stato in astratto ammissibile solo il rimedio dell’appello e non il ricorso immediato per Cassazione (cfr. Cass. 7.01.2004, n. 55;

Cass. 26.02.2003 n. 2890). Sennonchè, la decisione appellata ha anche statuito sull’inesistenza di ragioni di connessione tra le due domande. Il che ha comportato la loro separazione, con la conseguente decisione nel merito della principale e con la disposizione della rimessione al giudice superiore (tribunale) per la riconvenzionale (vedi declaratoria di inammissibilità). Pertanto, l’eccezione sollevata dall’appellato, nei limiti in cui investe nella sua interezza il gravame per appello che ne occupa, è degna di pregio, alla luce dell’ultima giurisprudenza del Giudice di legittimità che ha affrontato la questione (cfr. Cass. 11.07.2005, n. 14517). Ai sensi dell’art. 40 c.p.c., quando, come nella specie, davanti ai giudici di pace sia stata proposta, in via principale, una domanda da decidere secondo equità e, in via riconvenzionale, una domanda eccedente la sua competenza per materia o per valore, quel giudice non è tenuto a rimettere questa automaticamente al giudice competente ma deve procedere ad accertare se le due cause siano connesse. Non rileva, in questo momento dell’indagine diretta a individuare il mezzo di impugnazione esperibile contro la sentenza del giudice di pace, prendere posizione sulla questione relativa alla ricostruzione dei principi con i quali accertare se vi sia o meno connessione. Quel che rileva, invece, è che il giudice di pace, se ritiene esservi connessione, deve spogliarsi della domanda principale e di quella riconvenzionale, assegnando alle parti un termine perentorio per la riassunzione davanti al giudice superiore. Ove, invece, escluda la sussistenza della connessione, deve trattenere e decidere la causa di valore inferiore ai millecento euro secondo equità e rimettere al tribunale solo la causa riconvenzionale, così come accaduto nella fattispecie. Ne discende, quindi, che l’accertamento sull’esistenza o meno della connessione costituisce momento logico-giuridico imprescindibile per la pronuncia del giudice di pace adito in via principale secondo equità e in via riconvenzionale con domanda eccedente la sua competenza e che la relativa statuizione, esplicita o implicita, è comunque indefettibile nella pronuncia resa in tale situazione processuale e costituisce capo autonomo della pronuncia. Tale situazione poi è, per un verso, di natura strettamente processuale e, per altro verso, direttamente inerente alla causa principale, perchè influisce sulla competenza del giudice di pace a conoscere della causa originariamente proposta davanti a lui e sul suo potere di decidere in via di equità. Ora, se venga in contestazione detta statuizione e ne venga contestata la correttezza giuridica, nei suoi confronti unico rimedio impugnatorio esperibile è il ricorso per Cassazione, proponibile contro la sentenza d’equità del giudice di pace cui inerisce la decisione processuale (cfr. Cass. 23.12.2003, n. 19762;

Cass. 5.09.2003, n. 1080; Cass. S.U. 15.10.1999, n. 716, tra molte).

Tanto premesso, occorre distinguere il caso nel quale il giudice di pace abbia riconosciuto da quello in cui abbia negato la connessione.

Nel primo caso, che non riguarda la vicenda in esame, se il giudice di pace si è spogliato delle due cause, unica impugnazione ammissibile è il ricorso per Cassazione e, ove la Corte di legittimità confermi la decisione, nulla quaestio. Se accolga il ricorso e neghi la connessione, rimetterà al giudice di pace la controversia principale e al tribunale quella di valore superiore.

Nel secondo caso, in cui il giudice di merito ha escluso la connessione, come è avvenuto nella specie, la casistica è più articolata: a) anzitutto se, come è conforme a diritto, il giudice di pace ha pronunciato nel merito sulla principale e si è spogliato dell’altra causa, la censura potrà riguardare la sola statuizione sulla connessione o anche quella sul merito e, in entrambi i casi, unico rimedio esperibile è il ricorso per Cassazione perchè, per le già dette ragioni, la tematica attiene solo al processo di equità.

L’accoglimento della censura di natura pregiudiziale sulla connessione comporterà, insieme alla cassazione della decisione del giudice di pace, l’attribuzione della competenza di entrambe le cause al giudice superiore, rimanendo così travolta la sentenza di merito sulla causa principale. Il rigetto della censura, invece, comporterà, con la conferma della statuizione del giudice di pace, il passaggio all’esame dei motivi proposti avverso la sentenza di merito sulla causa principale; b) qualora, invece, il giudice di pace, pur escludendo la connessione, abbia pronunciato in via di equità sulla domanda principale ed, evidentemente errando, anche nel merito della riconvenzionale, il soccombente dovrà impugnare col rimedio del ricorso per Cassazione la pronuncia di equità e con l’appello la pronuncia sulla riconvenzionale, atteso che quest’ultima statuizione attiene ad un processo che, una volta esclusa la connessione, è – per definizione – distinto, separato e autonomo rispetto a quello di equità. Nella fattispecie, data l’autonomia delle statuizioni sulle due domande e rilevato che il giudice di pace ha escluso ogni collegamento tra la riconvenzionale di accertamento dell’usucapione o di costituzione coattiva della servitù e la principale tesa ad ottenere il risarcimento dei danni patiti per l’illegittima infissione dei pali, nei limiti di valore per l’applicazione dell’equità cd. sostitutiva (sulla quale peraltro cfr. Corte cost. 5.07.2004, n. 206), le distinte statuizioni non connesse sarebbero state soggette a diversi mezzi di impugnazione, cioè la pronuncia sulla principale di equità a ricorso per Cassazione e quella sulla riconvenzionale di diritto ad appello.

Sennonchè, Enel Distribuzione S.p.A. ha contestato a monte che non vi fosse connessione tra le domande e che la domanda principale rientrasse nella competenza per materia del giudice di pace, il che esigeva che tali doglianze fossero fatte valere con il rimedio specifico del ricorso in Cassazione, secondo lo schema sub a) prima esposto. A sostegno della soluzione adottata militano – da un canto – la coerenza rispetto ai precedenti citati, pure delle Sezioni Unite, sui rimedi impugnatori dei vizi processuali inerenti al giudizio di equità davanti al giudice di pace e – d’altro canto – la piena aderenza ai principi costituzionali del giusto processo, superandosi problemi posti dall’inammissibilità per legge del regolamento di competenza. Una diversa soluzione, come l’appello contro l’intera statuizione, allungherebbe i tempi del processo, perchè, fermo restando che, con l’appello, si potrebbe censurare pure il capo sulla connessione, al gravame potrebbe seguire il ricorso per Cassazione con ulteriore rinvio, in qualche caso, al giudice di pace. In conclusione, l’impugnazione è inammissibile, poichè i vizi lamentati nella sentenza appellata dovevano essere fatti valere con lo strumento del ricorso per Cassazione.

Contro tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l’ENEL Distribuzione s.p.a., con un unico motivo, proponendo il seguente principio di diritto:

se sia l’appello il mezzo di impugnazione appropriato avverso la sentenza del giudice di pace che, in presenza di una domanda principale di equità e di una domanda riconvenzionale connessa ma esclusa dalla sua competenza per materia, abbia deciso la domanda principale e abbia rimesso la sola riconvenzionale al tribunale competente per materia. Resiste con controricorso B. V..

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

Che nella specie devono trovare applicazione i principi affermati da questa S.C. (ord. 30 marzo 2009 n. 7676) in una causa identica e precisamente:

Quando in un giudizio dinanzi al giudice di pace avente ad oggetto una domanda sottoposta come tale a regola di decisione secondo equità viene proposta una domanda riconvenzionale di competenza del tribunale, la regola di giudizio -indipendentemente dalla concreta soluzione che possa avere la questione sulla sussistenza o meno della connessione ai sensi dell’art. 36 cod. proc. civ. – diventa quella di diritto, con la conseguenza che, nel regime anteriore all’attuale art. 339 cod. proc. civ. (come modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 1, comma 1), la sentenza resa dal giudice di pace su entrambe le domande, così come la decisione parziale resa separatamente sulla riconvenzionale per negare la connessione (con irrituale declaratoria di inammissibilità per tale ragione o con rituale rimessione al tribunale della riconvenzionale) e la successiva sentenza definitiva sulla principale (anche nel caso in cui non sia stata fatta riserva avverso la parziale ed essa sia divenuta definitiva), sono da intendere pronunciate secondo diritto, con la conseguenza della loro appellabilità. Questo regime impugnatolo può escludersi, con la derivante assoggettabilità della relativa statuizione al ricorso per cassazione, solo nell’ipotesi in cui il giudice di pace abbia risolto espressamente la questione del modo della decisione pronunciandosi sul punto ed affermando che la regola di decisione sulla domanda è quella secondo equità.

P.Q.M.:

Si conclude per la fondatezza del ricorso.

Roma, 20 dicembre 2009.

IL RELATORE Roberto Triola.

Il collegio ritiene di condividere tale relazione, con la conseguenza che la sentenza impugnata va cassata, con rinvio al Tribunale di Lamezia Terme, che deciderà in persona di diverso magistrato addetto all’ufficio e provvederà a decidere sull’appello considerando ammissibile. Al giudice di rinvio è rimessa la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata. Rinvia al Tribunale di Lamezia Tenne, in persona di diverso magistrato addetto all’ufficio, anche per le spese del giudizio di Cassazione.

Così deciso in Roma, il 9 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 9 aprile 2010

 

 

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