Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8469 del 25/03/2021

Cassazione civile sez. II, 25/03/2021, (ud. 11/09/2020, dep. 25/03/2021), n.8469

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23910/2019 proposto da:

T.P.U., rappresentato e difeso dall’avvocato FELICE PATRUNO,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

e contro

PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE CASSAZIONE;

– intimato –

avverso il decreto di rigetto n. 3603/2019 del TRIBUNALE di BARI,

depositato il 08/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/09/2020 dal Consigliere Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO.

La Corte:

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con decreto dell’8/7/2019, il Tribunale di Bari ha respinto il ricorso proposto da T.P.U., cittadino (OMISSIS), avverso la decisione della locale Commissione territoriale, di reiezione delle domande di protezione internazionale ed umanitaria, ritenendo le dichiarazioni della parte (il ricorrente, vissuto nell'(OMISSIS), aveva riferito di avere lasciato la Nigeria perchè accusato di essere omosessuale, per questo era fuggito dal villaggio di origine, era andato a (OMISSIS), dove era stato ospite di un ragazzo e del suo compagno, ma che in detta abitazione era arrivata la polizia ed i vicini lo avevano accusato di omosessualità, per cui era fuggito dal suo Paese) vaghe e generiche, oltre che contraddittorie in vari punti, e, richiamati e fatti propri i rilievi della Commissione, ha specificamente ritenuto vaga e generica l’amicizia con O.C. (coordinatore degli apprendisti), poco credibile che il ricorrente non avesse subito ripercussioni personali, stante il clima omofobico in Nigeria, nè comprensibile perchè il ricorrente avesse continuato a tenere un atteggiamento imprudente; in più punti contraddittorio l’episodio della scoperta del fratello dell’amico, ed inverosimile la permanenza presso la coppia omosessuale.

Il Tribunale ha pertanto escluso i requisiti per il riconoscimento dello status di rifugiato; ha altresì escluso la protezione sussidiaria, stante la complessiva vaghezza e le numerose contraddizioni della narrazione; ha escluso la sussistenza dei requisiti di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), avuto riguardo ai report dell’EASO, aggiornato a febbraio 2019, di Amnesty International, Human Rights Watch, della Farnesina, disponibile sul sito (OMISSIS).

E’ stata altresì esclusa la protezione umanitaria, stante la carenza di situazione di specifica vulnerabilità, escludendosi anche la prova di un’effettiva attività lavorativa in Italia (a fronte della comunicazione e lettera di assunzione della soc. Tecnoimpianti srl per il periodo 21/8/2018-21/2/2020, il Tribunale ha osservato che, dagli accertamenti della Guardia di Finanza, risultava che la società dal 1997 non aveva presentato alcuna dichiarazione dei redditi, che la rappresentante legale, accusata di numerosi reati, era detenuta nella Casa circondariale di (OMISSIS)).

Avverso detta pronuncia ricorre T.P.U. con due motivi.

L’Avvocatura generale dello Stato si è limitata a depositare “atto di costituzione”.

Il P.G. ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo, il ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, commi 8 e 11, in combinato disposto con l’art. 16 della Direttiva 32/2013; il ricorrente denuncia che, in mancanza della videoregistrazione del colloquio avanti alla Commissione territoriale, non è stata fissata l’udienza di comparizione delle parti al fine dell’audizione personale, ” al fine di spiegare l’eventuale assenza di elementi e/o le eventuali incoerenze o contraddizioni delle sue dichiarazioni”.

Col secondo, si duole della violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251/07, artt. 3 e 4, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3; sostiene che la grave criminalizzazione dell’omosessualità in Nigeria avrebbe dovuto costituire presupposto sufficiente per concedere la protezione sussidiaria o, comunque, l’umanitaria; si duole dell’essersi il Tribunale limitato a considerare particolari irrilevanti, senza svolgere istruttoria più accurata anche d’ufficio.

Il primo motivo di impugnazione è inammissibile.

La formulazione del motivo, non particolarmente lineare, esige l’esatta ricostruzione dello stesso.

Ed infatti, nel motivo il ricorrente, che non allega che sia stata tenuta udienza di comparizione, richiama due distinte questioni processuali, prospettabili nel caso di assenza di videoregistrazione dell’audizione della parte avanti alla Commissione territoriale, ovvero, la fissazione dell’udienza di comparizione delle parti e la fissazione di udienza per l’audizione della parte; tale equivocità di riferimento è resa palese dal richiamo all’orientamento risalente alla pronuncia 17717/2018 (seguito, tra le altre, dalle pronunce 27182/18, 32029/18, 2817/19, 5973/19, 1088/20), secondo il quale nel giudizio di impugnazione della decisione della Commissione territoriale innanzi all’autorità giudiziaria, in caso di mancanza della videoregistrazione del colloquio, il giudice deve necessariamente fissare l’udienza per la comparizione delle parti, configurandosi, in difetto, la nullità del decreto con il quale viene deciso il ricorso, per violazione del principio del contraddittorio. Tale interpretazione è resa evidente non solo dalla lettura, in combinato disposto, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, commi 10 ed 11, che distinguono, rispettivamente, i casi in cui il giudice può fissare discrezionalmente l’udienza, da quelli in cui egli deve necessariamente fissarla, ma anche dalla valutazione delle intenzioni del legislatore che ha previsto la videoregistrazione quale elemento centrale del procedimento, per consentire al giudice di valutare il colloquio con il richiedente in tutti i suoi risvolti, inclusi quelli non verbali, anche in ragione della natura camerale non partecipata della fase giurisdizionale.

Peraltro, deve ritenersi che la doglianza di base del ricorrente verta sulla mancata fissazione dell’udienza per l’audizione della parte, atteso lo specifico reiterato riferimento nelle pagine 2 e 3 del ricorso (vedi le precipue indicazioni in grassetto).

In ogni caso, ove si potesse ritenere che sia stata fatta valere la mancata fissazione dell’udienza di comparizione delle parti, andrebbe rilevato che, pur non indicando il decreto in oggetto che è stata tenuta udienza di comparizione, che ciò sia avvenuto si evince alla stregua del richiamo, dopo l’intestazione del provvedimento,allo scioglimento di riserva, che necessariamente presuppone che detta udienza sia stata celebrata.

Ciò posto, e valutando il contenuto precipuo del motivo, si rileva quanto segue. Il Tribunale ha ritenuto non imposto ex lege il rinnovo dell’audizione, che la rinnovazione di tale incombente debba essere vagliata caso per caso, allo scopo di garantire alla parte un rimedio effettivo (sentenza Moussa Sacko 26/7/2017, causa C.348/16), e che le dichiarazioni della parte risultanti dal verbale di audizione avanti alla Commissione erano “sufficientemente ampie e adeguatamente illustrative dei motivi dell’invocata protezione”.

A fronte di detto rilievo, il ricorrente ha fatto valere l’obbligo procedurale di disporre l’audizione, reso ancora più necessario poichè “l’orientamento sessuale è una caratteristica invisibile o comunque nascosta”.

Ora, anche a ritenere che l’obbligo per il giudice di fissare l’udienza di comparizione delle parti nel caso di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 11, in mancanza della videoregistrazione dell’intervista del richiedente asilo davanti alla Commissione territoriale, comporti, quale connaturato incombente processuale, anche che il giudice ascolti la parte personalmente presente in udienza al fine di perseguire il fine voluto dal Legislatore nel disporre la specifica deroga alla regola generale della decisione in Camera di consiglio non partecipata, deve rilevarsi come nella specie il ricorrente non abbia neppure allegato di essere comparso personalmente all’udienza.

Nè potrebbe ritenersi che dovesse essere fissata ulteriore udienza per l’audizione personale, come prospettato in ricorso, non prevedendosi dalla legge altro che l’udienza di comparizione.

Il secondo motivo presenta profili di inammissibilità ed infondatezza.

Quanto alla valutazione in ordine alla credibilità del racconto del richiedente, essa costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (Sez. 1, ordinanza n. 3340 del 05/02/2019).

Nella specie il racconto del richiedente non è stato ritenuto credibile alla stregua dei parametri di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, dandone il Tribunale specifica ragione, con l’evidenziare la genericità, le plurime contraddizioni, la non verosimiglianza di alcune circostanze rilevanti, presenti nella narrazione del ricorrente.

A fronte di detti specifici e molteplici rilievi, è infondata la deduzione del T.P.U. secondo cui il Tribunale avrebbe valutato aspetti irrilevanti ed ininfluenti e nel resto, la parte si limita del tutto genericamente a sostenere di contro che le dichiarazioni rese sono precise, concordanti, credibili, senza in alcun modo avere riguardo agli specifici e plurimi rilievi resi dal Tribunale.

Conclusivamente, va respinto il ricorso; non v’è luogo alla pronuncia sulle spese, non avendo il Ministero depositato controricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 11 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2021

 

 

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