Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8468 del 13/04/2011

Cassazione civile sez. II, 13/04/2011, (ud. 03/12/2010, dep. 13/04/2011), n.8468

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

CONDOMINIO DI VIA (OMISSIS), in persona

dell’amministratore pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocato

ATTOLINI Giuseppe A., per procura speciale in calce al ricorso,

elettivamente domiciliato in Roma, viale Angelico n. 32, presso lo

studio dell’Avvocato Andrea Melucco;

– ricorrente –

contro

C.B.;

– intimata –

avverso la sentenza del Giudice di pace di Brindisi n. 56/06,

depositata in data 17 gennaio 2006;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 3

dicembre 2010 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

lette le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. DESTRO Carlo, il quale ha chiesto l’inammissibilità

del ricorso;

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Pratis Pierfelice, che si è riportato alle conclusioni scritte.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 17 gennaio 2006, il Giudice di pace di Brindisi ha accolto l’opposizione proposta da C.B. al decreto ingiuntivo, notificatole dal Condominio di via (OMISSIS), per il pagamento della somma di Euro 299,50, asseritamente dovute per spese condominiali relative a riparazioni straordinarie eseguite nell’anno 2003.

Il Giudice di pace, rilevato che il credito si riferiva, quanto ad Euro 26,00, a spese ordinarie e, quanto ad Euro 273,50, a spese straordinarie, ha ritenuto che l’opponente non potesse essere considerata condomino del Condominio creditore, e che quindi non fosse tenuta al pagamento delle spese di gestione dello stesso.

Quanto alle spese straordinarie, ha ritenuto provato, sulla base delle risultanze istruttorie, che le stesse si riferivano a lavori eseguiti sul lastrico solare di copertura dell’edificio condominiale e non anche al lastrico sovrastante al locale di proprietà dell’opponente.

Il Condominio di via (OMISSIS) ha proposto ricorso per la cassazione di questa sentenza sulla base di un motivo; l’intimata non ha svolto attività difensiva.

Ravvisatesi le condizioni per la trattazione in camera di consiglio, la Procura Generale presso la Corte di cassazione ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso, il Condominio ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 116 cod. proc. civ., nonchè errata e contraddittoria valutazione delle prove e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.

Il ricorrente sostiene che la decisione impugnata sia frutto di macroscopici errori di valutazione delle prove in atti, che il Giudice di primo grado ha compiuto facendo malgoverno dei criteri di valutazione delle emergenze probatorie sanciti dal codice di rito, con ciò intendendo che risultavano acquisiti al giudizio tutti gli elementi necessari a che il Giudice potesse formarsi un convincimento opposto rispetto a quello poi espresso nella gravata sentenza. In particolare, il ricorrente si duole del fatto che il Giudice di pace non abbia desunto la qualità di condomina della opponente dalle ricevute di versamento delle quote condominiali dalla stessa versate dal momento dell’acquisto dell’immobile, e dall’atto di acquisto, dal quale risultava altresi l’accettazione, da parte dell’acquirente, del regolamento condominiale. Il Giudice di pace, inoltre, avrebbe sottoposto al c.t.u. quesiti irrilevanti e non quello volto ad accertare se il locale della opponente facesse o meno parte strutturalmente dell’edificio condominiale.

Il ricorso è inammissibile.

Il giudizio ha ad oggetto la domanda di pagamento, azionata in via monitoria dal Condominio, di una somma di Euro 299,50. Si è quindi in presenza di una controversia che, ai sensi dell’art. 113 c.p.c., comma 2, doveva ritenersi soggetta alla giurisdizione equitativa del giudice di pace, con la conseguenza che la sentenza che la ha definita era, ratione temporis, ricorribile per cassazione con i limiti specificamente individuati dalla giurisprudenza di legittimità per l’impugnazione di siffatte decisioni.

E’ noto che, le sentenze pronunciate dal giudice di pace secondo equità, ai sensi dell’art. 113 cod. proc. civ., comma 2 sono ricorribili in cassazione per violazione delle norme processuali, delle norme della Costituzione e di quelle comunitarie, nonchè per violazione dei principi informatori della materia e per nullità attinente alla motivazione, che sia assolutamente mancante o apparente, o fondata su affermazioni in radicale ed insanabile contraddittorietà; ne consegue che la violazione dell’art. 2697 cod. civ. sull’onere della prova, che pone una regola di diritto sostanziale, da luogo ad un error in iudicando non deducibile con il ricorso per cassazione avverso le sentenze pronunciate dal giudice di pace secondo equità (Cass., S.U., n. 564 del 2009).

Sotto altro profilo, si è chiarito che la valutazione delle prove attiene ad un compito esclusivo del giudice del merito e pertanto è censurabile in sede di legittimità soltanto attraverso la motivazione, che, se attiene ad una sentenza del giudice di pace secondo equità, è censurabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, cod. proc. civ., ossia se la motivazione è meramente apparente o radicalmente contraddittoria, sì da potersi ritenere inesistente (Cass., n. .11859 del 2000; Cass., n. 12611 del 1998).

In sostanza, “in tema di provvedimenti del giudice di pace ed in ipotesi di pronuncia secondo equità – ai sensi dell’art. 113 c.p.c., comma 2 – la mancanza o il carattere meramente apparente della motivazione della sentenza del giudice di pace possono essere dedotti in sede di legittimità, sotto il profilo della nullità della sentenza per violazione degli artt. 132 c.p.c., comma 1, n. 4 e art. 118, comma 2, seconda parte disp. att. c.p.c., che impongono al giudice di indicare concisamente i motivi della decisione e, in particolare, le ragioni di equità sulle quali essa sia fondata, tenendo presente il carattere non sillogistico, ma intuitivo del giudizio di equità (Cass., n. 8620 del 2006).

Nel caso di specie, risulta evidente dall’incipit dello svolgimento del motivo di ricorso per cassazione, che ciò di cui si duole il ricorrente è la valutazione delle prove, senza che possa affermarsi che la motivazione sia, nel caso di specie, a tal punto apparente o contraddittoria da risultare inesistente. Al contrario, la sentenza impugnata contiene un apprezzamento delle risultanze istruttorie, la cui contraddittorietà non emerge dalla mera lettura della sentenza impugnata, tanto che lo stesso ricorrente ha denunciato la contraddittorietà della soluzione adottata dal giudice di pace rispetto alle risultanze istruttorie, il cui contenuto non è neanche trascritto nel ricorso in violazione del principio di autosufficienza.

Nè può il ricorrente fondatamente dolersi del mancato esercizio da parte del giudice del merito del potere di richiedere informazioni direttamente all’Amministrazione comunale, l’esercizio di tale potere, d’altronde ampiamente discrezionale, trovando giustificazione solo nel comprovato caso d’impossibilità per la parte interessata, sulla quale incombe pur sempre l’onere di procurarsi e fornire le prove dei propri assunti, d’ottenere dalla stessa Amministrazione attestazioni o copie di documenti inerenti alla questione sub iudice, impossibilità nella specie non provata e neppure dedotta.

E neppure può dolersi della mancata estensione dei quesiti al CTU anche alle questioni che lo interessano, dacchè non solo la consulenza tecnica non è prevista quale sostitutivo dell’onere della prova incombente ei qui dicit, ma soprattutto la relativa ordinanza doveva essere impugnata entro l’udienza successiva o, al più, le relative questioni dovevano essere sollevate in sede di conclusioni, in difetto del che l’interessato è decaduto dal diritto di farle valere.

Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile.

Non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, non avendo l’intimata svolto attività difensiva.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte suprema di Cassazione, il 3 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2011

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