Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8460 del 13/04/2011

Cassazione civile sez. lav., 13/04/2011, (ud. 15/03/2011, dep. 13/04/2011), n.8460

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FOGLIA Raffaele – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AEROPORTO LUCCA TASSIGNANO S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR 17,

presso lo studio dell’avvocato ANGELINI MASSIMO, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati BUJANI ERMANNO, UMBERTO BUIANI,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

A.N., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 34, presso lo studio dell’avvocato AGOSTINO ROCCO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIULIO GUARNIERI,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1175/2007 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 11/12/2007 R.G.N. 671/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/03/2011 dal Consigliere Dott. GIANFRANCO BANDINI;

udito l’Avvocato ANGELINI MASSIMO;

udito l’Avvocato AGOSTINO ROCCO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A.N. convenne in giudizio avanti al Tribunale di Lucca l’Aeroporto Lucca Tassignano srl e premesso che:

– aveva lavorato, in qualita’ di funzionario di scalo, inquadrata nel livello 2 del CCNL del trasporto aereo, presso il Consorzio Provinciale Aeroporto Lucca Tassignano fino alla data del 31.12.1998 e, dal 10 gennaio 1999, alle dipendenze della Societa’ convenuta, subentrata nella gestione dello scalo, prima affidata per concessione governativa al suddetto Consorzio Provinciale;

– era stata inquadrata dalla societa’ subentrata al 4 livello del CCNL di categoria, con privazione dell’indennita’ di cassa e del premio di produzione fino ad allora percepiti;

– doveva trovare applicazione la norma di cui all’art. 2112 c.c., con conseguente continuita’ giuridica del rapporto;

chiese quindi la condanna della Societa’ convenuta al pagamento delle differenze retributive maturate, nonche’ al pagamento dell’indennita’ di cassa, del premio di produzione e dell’intera retribuzione globale di fatto relativa al mese di gennaio 1999. Radicatosi il contraddittorio e sulla resistenza della Societa’ datrice di lavoro, il Giudice adito respinse le domande.

La Corte d’Appello di Firenze, con sentenza del 26.10 – 11.12.2007, accogliendo per quanto di ragione l’impugnazione proposta dall’ A., condanno’ la parte datoriale ad inquadrare l’appellante nel 2 livello del CCNL del settore aeroportuale e al pagamento delle differenze retributive, comprensive degli scatti di anzianita’ maturati presso il Consorzio Provinciale Aeroporto Lucca Tassignano e con esclusione della indennita’ di cassa e del premio di produzione, nonche’ della retribuzione relativa al mese di gennaio 1999; il tutto con rivalutazione monetaria ed interessi legali dalle singole scadenze al saldo. A fondamento del decisum, la Corte territoriale ritenne che:

– la fattispecie, alla luce della disposizione di cui al D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 19 applicabile ratione temporis, e, comunque, tenuto conto del contenuto della istanza di “subentro” a suo tempo presentata dalla Societa’, ricadeva nell’ambito della norma imperativa dell’art. 2112 c.c.;

– l’attivita’ amministrativa dell’ A. era proseguita per tutto il mese di gennaio 1999;

– sussisteva quindi il diritto della lavoratrice a mantenere l’inquadramento previamente acquisito, con l’anzianita’ maturata nel periodo lavorato alle dipendenze del Consorzio Provinciale, e a percepire il trattamento economico corrispondente al pregresso inquadramento ed agli scatti di anzianita’ maturati (con esclusione, tuttavia dell’indennita’ di cassa, non essendo stato provato che la lavoratrice fosse stata ritenuta responsabile in caso di ammanchi, e del premio di produzione, trattandosi di un emolumento aleatorio e legato all’andamento economico – finanziario dell’attivita’ gestionale nell’anno di riferimento), nonche’ la retribuzione relativa al mese di gennaio 1999.

Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, l’Aeroporto Lucca Tassignano spa ha proposto ricorso per cassazione fondato su quattro motivi. L’intimata A.N. ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. assumendo che la Corte territoriale, benche’ la domanda fosse stata limitata al riconoscimento dei diritti derivanti dall’art. 2112 c.c. sul presupposto che vi fosse stato un trasferimento di azienda, secondo lo schema classico dell’atto negoziale, aveva deciso la controversia ritenendo avvenuto un semplice passaggio di personale (cosiddetto trasferimento atecnico) e seguendo un ragionamento in diritto estraneo al gravame proposto.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione di norme di diritto (D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 19, art. 2112 c.c., Direttiva CEE n. 77/187) e vizio di motivazione, assumendo che la Corte territoriale aveva trascurato di considerare che l’art. 2112 c.c., nel testo vigente all’epoca dei fatti, conteneva espressioni indicanti una regolamentazione del fenomeno senz’altro riferibile soltanto al trasferimento negoziale di azienda e non a quello di trasferimento di attivita’ o di passaggio di personale indipendentemente dalla natura del titolo.

Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione di norme di diritto (D.L. n. 251 del 1995, art. 1 quinquies convenuto in L. n. 351 del 1995, D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 19art. 2112 c.c., Direttiva CEE n. 77/187) e vizio di motivazione, assumendo che, stante la salvezza delle disposizioni speciali e delle norme di settore sancita dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 19 (ora D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 31), la fattispecie risultava regolata, per il principio di specialita’, dal D.L. n. 251 del 1995, art. 1 quinquies convertito in L. n. 351 del 1995, con esclusione, quindi, dell’applicabilita’ dell’art. 2112 c.c. e, in particolare, in difetto di espressa previsione in tal senso, dell’assunzione da parte del nuovo concessionario dell’onere costituito dai diritti di miglior favore acquisiti dal personale nel precedente rapporto rispetto a quella previste dal CCNL di categoria in relazione alle mansioni effettivamente attribuite e svolte. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia vizio di motivazione e violazione dell’art. 116 c.p.c. assumendo che, sulla base delle risultanze documentali e testimoniali acquisite, la Corte territoriale avrebbe dovuto escludere che l’ A. avesse svolto attivita’ lavorativa nel mese di gennaio 1999.

2. Il primo motivo di ricorso, prima ancora che infondato – posto che i fatti presi in considerazione dalla sentenza impugnata sono quelli (sostanzialmente pacifici, salva la questione, irrilevante pero’ ai fini della censura all’esame, della prestazione di attivita’ lavorativa nel mese di gennaio 1999) dedotti dalla lavoratrice, cosicche’ la Corte territoriale, del tutto legittimamente, ha inquadrato la fattispecie nei parametri legali ritenuti applicabili – e’ inammissibile per violazione dell’art. 366 bis c.p.c. applicabile ratione temporis nel presente giudizio.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, il principio di diritto che, ai sensi di tale disposizione, la parte ha l’onere di formulare espressamente nel ricorso per cassazione a pena di inammissibilita’, deve consistere in una chiara sintesi logico – giuridica della questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimita’, formulata in termini tali per cui dalla risposta – negativa od affermativa – che ad esso si dia, discenda in modo univoco l’accoglimento od il rigetto del gravame, con la conseguenza che e’ inammissibile non solo il ricorso nel quale il suddetto quesito manchi, ma anche quello nel quale sia formulato in modo inconferente rispetto alla illustrazione dei motivi d’impugnazione;

ovvero sia formulato in modo implicito, si’ da dovere essere ricavato per via di interpretazione dal giudice; od ancora sia formulato in modo tale da richiedere alla Corte un inammissibile accertamento di fatto; od, infine, sia formulato in modo del tutto generico (cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 20360/2007).

Nel caso di specie il quesito posto a conclusione del motivo all’esame (“Dica l’Ecc.ma Suprema Corte di Cassazione se costituisca vizio di ultrapetizione e di violazione dell’art. 112 c.p.c. della sentenza di appello riformare la pronuncia di primo grado, accogliendo la domanda, sulla scorta di presupposti di fatto e di norme, assenti nella motivazione della sentenza appellata, che non sono stati rispettivamente dedotti ed evocati dall’appellante nel gravame e su cui pertanto non si e’ aperto il contraddittorio, sostituendosi cosi’ il Giudice di appello alla parte appellante nella ricostruzione del fatto e nella individuazione delle ragioni di diritto poste a sostegno della impugnazione e quindi fondando la decisione su fatti costitutivi diversi da quelli dedotti?”) e’ appunto del tutto generico, non contenendo alcun riferimento alla concreta fattispecie di causa, e, come tale, non discendendo, dalla risposta che al medesimo venga data, l’accoglimento o il rigetto del gravame, non soddisfa ai requisiti richiesti dal ridetto art. 366 bis c.p.c..

3. Il secondo e il terzo motivo di ricorso vanno trattati congiuntamente, siccome fra loro connessi.

3.1 Il D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 31 nel testo come sostituito dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 19 vigente all’epoca dei fatti per cui e’ causa, sotto la rubrica “Passaggio di dipendenti per effetto di trasferimento di attivita’”, prevedeva che “Fatte salve le disposizioni speciali, nel caso di trasferimento o conferimento di attivita’, svolte da pubbliche amministrazioni, enti pubblici o loro aziende o strutture, ad altri soggetti, pubblici o privati, al personale che passa alle dipendenze di tali soggetti si applica l’art. 2112 c.c. e si osservano le procedure di informazione e di consultazione di cui alla L. 29 dicembre 1990, n. 428, art. 47, commi da 1 a 4”. Il D.L. n. 251 del 1995, art. 1 quinquies convertito con modificazioni in L. n. 351 del 1995, prevede che “L’affidamento in concessione della gestione alle societa’ di cui alla L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 10, comma 13, e’ subordinato alla verifica da parte del Ministro dei trasporti e della navigazione del rispetto, per il periodo di tre anni successivi all’affidamento in concessione della gestione, delle seguenti condizioni: a) assunzione da parte della concessionaria del personale gia’ dipendente dal precedente gestore; b) applicazione da parte della concessionaria stessa del contratto collettivo nazionale di lavoro aeroportuale ovvero, qualora ne ricorrano i presupposti, del contratto collettivo per i servizi accessori, anche sulla base delle disposizioni di cui alla L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 10, comma 12.

Tale ultima norma prevede quindi espressamente, quale condizione per l’affidamento in concessione della gestione, “assunzione da parte della concessionaria del personale gia’ dipendente dal precedente gestore” (con applicazione della corrispondente contrattazione collettiva nazionale) e, come tale, contempla inequivocamente un’ipotesi di passaggio di dipendenti da un soggetto giuridico ad un altro per effetto di trasferimento di attivita’; pertanto tale disposizione non si pone come alternativa (e prevalente, in forza del principio di specialita’) rispetto a quella di cui al ridetto D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 34 (quale sostituito dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 19), ma, al contrario, delinea un situazione giuridica pienamente ricompresa nell’ambito previsionale di quest’ultima e, quindi, assoggettata alla disciplina ivi prevista.

3.2 Secondo il condiviso orientamento della giurisprudenza di legittimita’, in ossequio al principio per cui l’interpretazione del diritto comunitario fornita dalla Corte di Giustizia delle Comunita’ Europee e’ immediatamente applicabile nell’ordinamento interno ed impone al giudice nazionale di disapplicare le disposizioni di tale ordinamento che, sia pure all’esito di una corretta interpretazione, risultino in contrasto o incompatibili con essa, poiche’ detta Corte ha ritenuto (con le sentenze 19 maggio 1992, resa in causa C – 29/91, 14 settembre 2000, resa in causa C – 343/98 e 25 gennaio 2001, resa in causa C – 172/99) che il trasferimento di impresa, ancorche’ risulti da decisioni unilaterali delle pubbliche amministrazioni, rientra nel campo di applicazione della direttiva CEE del Consiglio n. 77/187 del 14 febbraio 1977 sin dal suo testo originario, allorquando i lavoratori interessati al tempo del trasferimento siano soggetti ad uno statuto di diritto del lavoro, deve ritenersi che l’art. 2112 c.c., in tema di trasferimento di impresa, sia applicabile anche al trasferimento di impresa che sia disposto con atto unilaterale della pubblica amministrazione, limitatamente all’ipotesi in cui i lavoratori interessati siano soggetti all’atto del trasferimento allo statuto di diritto comune del lavoro e non ad uno statuto di diritto pubblico (cfr, Cass., nn. 21248/2004;

21023/2007; 5708/2009; 21278/2010). E’ stato infatti osservato che il trasferimento di impresa, secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia, rientra nel campo d’applicazione della suddetta direttiva (sin dal suo testo originario) – ancorche’ il trasferimento “risulti da decisioni unilaterali delle pubbliche amministrazioni e non da un concorso di volonta’”, cosicche’ deve essere disapplicata dal giudice nazionale qualsiasi disposizione del proprio ordinamento interno, che – sia pure all’esito di una interpretazione corretta – risulti in contrasto o, comunque, incompatibile, con la prospettata interpretazione della Corte di giustizia (cfr, Cass., nn. 13949/2003;

7449/2002) e, per ulteriore conseguenza, che deve essere disattesa la giurisprudenza di questa Corte (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 672/99;

9764/2000; 5934/2004) che nega la configurabilita’ del trasferimento d’impresa, ai fini dell’applicazione di disposizioni dell’ordinamento interno quali l’art. 2112 c.c., al trasferimento che sia disposto con atto unilaterale della pubblica amministrazione.

Ne discende, pertanto, l’irrilevanza, ai fini del decidere, della dedotta riferibilita’ della norma interna (l’art. 2112 c.c., nel testo vigente all’epoca dei fatti, anteriore cioe’ al suo adeguamento alla normativa comunitaria) alle (sole) ipotesi di trasferimento negoziale di azienda.

3.3 I motivi all’esame vanno dunque disattesi.

4. In ordine al quarto motivo deve rilevarsi che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la deduzione con il ricorso per cassazione di un vizio di motivazione non conferisce al giudice di legittimita’ il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensi’ la sola facolta’ di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, essendo del tutto estranea all’ambito del vizio in parola la possibilita’, per la Corte di legittimita’, di procedere ad una nuova valutazione di merito attraverso l’autonoma disamina delle emergenze probatorie. Per conseguenza il vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza e contraddittorieta’ della medesima, puo’ dirsi sussistente solo qualora, nel ragionamento del giudice di merito, siano rinvenibile tracce evidenti del mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero qualora esista un insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico giuridico posto a base della decisione; per conseguenza le censure concernenti i vizi di motivazione devono indicare quali siano gli elementi di contraddittorieta’ o illogicita’ che rendano del tutto irrazionali le argomentazioni del giudice del merito e non possono risolversi nella richiesta di una lettura delle risultanze processuali diversa da quella operata nella sentenza impugnata (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 8718/2005; 15693/2004; 2357/2004; 12467/2003; 16063/2003; 3163/2002).

Al contempo va considerato che, affinche’ la motivazione adottata da giudice di merito possa essere considerata adeguata e sufficiente, non e’ necessario che essa prenda in esame, al fine di confutarle o condividerle, tutte le argomentazioni svolte dalle parti, ma e’ sufficiente che il giudice, individuando le fonti del proprio convincimento e scegliendo tra le complessive risultanze del processo quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicita’ dei fatti, indichi le ragioni del proprio convincimento, dovendosi in questo caso ritenere implicitamente rigettate tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse (cfr, ex plurimis, Cass., n. 12121/2004).

Nel caso all’esame la sentenza impugnata ha esaminato tutte le circostanze rilevanti ai fini della decisione, svolgendo un iter argomentativo esaustivo, coerente con le emergenze istruttorie acquisite (deposizioni di alcuni testi sull’attivita’, di natura amministrativa, svolta dall’ A. nel mese di gennaio 1999;

fogli presenza relativi a tali mesi; rilievo, in termini logico presuntivi, che, in attesa della ripresa delle attivita’ di volo, l’aeroporto non poteva non continuare a fornire servizi indispensabili quali quello meteo e amministrativi) e immune da contraddizioni e vizi logici; le valutazioni svolte e le coerenti conclusioni che ne sono state tratte configurano quindi un’opzione interpretativa del materiale probatorio del tutto ragionevole e che, pur non escludendo la possibilita’ di altre scelte interpretative anch’esse ragionevoli, e’ espressione di una potesta’ propria del giudice del merito che non puo’ essere sindacata nel suo esercizio.

In definitiva, quindi, le doglianze dei ricorrenti – anche a prescindere dalle pur sussistenti violazioni del principio di autosufficienza del ricorso, attesa l’omessa trascrizione del contenuto dei documenti che si assumono essere stati non adeguatamente apprezzati – si sostanziano nella esposizione di una lettura delle risultanze probatorie diversa da quella data dal giudice del gravame e nella richiesta di un riesame di merito del materiale probatorio, inammissibile in questa sede di legittimita’.

5. Il ricorso va quindi rigettato. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese, che liquida in Euro 27,00, oltre ad Euro 4.000,00 (quattromila/00) per onorari, spese generali, Iva e Cpa come per legge.

Cosi’ deciso in Roma, il 15 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2011

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