Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 846 del 17/01/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 846 Anno 2014
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: TERRUSI FRANCESCO

SENTENZA

sul ricorso 2639-2009 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

SCURTI ROCCO FRANCO, CHIACCHIA MARIA ASSUNTA, SCURTI
OSCAR, SCURTI LINA;
– intimati –

avverso la sentenza n. 66/2005 della COMM.TRIB.REG. di
CAMPOBASSO, depositata il 15/02/2008;

Data pubblicazione: 17/01/2014

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 07/11/2013 dal Consigliere Dott. FRANCESCO
TERRUSI;
udito per il ricorrente l’Avvocato PALATIELLO che ha
chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

rigetto del ricorso.

Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per il

2639-09

Svolgimento del processo
I contribuenti impugnavano un avviso di accertamento ai
fini dell’Invim, relativo a un fabbricato posto in
Termoli, oggetto di atto di donazione ivi registrato il
20.12.1993.

L’adita commissione tributaria provinciale di Campobasso
accoglieva il ricorso.
La commissione tributaria regionale del Molise respingeva
l’appello al riguardo proposto dall’agenzia delle entrate,
affermando che l’avviso di accertamento era carente della
motivazione. Conteneva infatti l’indicazione dei maggiori
valori attribuiti ai beni donati, ma aveva omesso di
indicare l’imposta in oggetto e non aveva dato contezza
dell’iter logico-giuridico seguito nella attribuzione del
valore.
A questo riguardo la commissione tributaria regionale
affermava che all’atto non era stata allegata la relazione
di stima dell’Ute e che la carenza non potevasi
considerare sanata dalla produzione giudiziale effettuata
solo in appello.
L’agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione
con due motivi.
Gli intimati non hanno svolto difese.
Motivi della decisione
I. – Col primo motivo l’amministrazione ricorrente
formula, avverso la sentenza d’appello, due censure.

1

La prima è rubricata come violazione e falsa applicazione
degli artt. 51 e 52 del d.p.r. n. 131 del 1986, e sostiene
essere illegittima l’impugnata sentenza per il fatto di
aver annullato “un avviso di accertamento per imposta di
registro notificato nel 1995”. Questo perché all’avviso in
verità non doveva essere allegata, secondo la ricorrente,

La seconda è

rubricata

come violazione

e

la stima dell’Ute.
falsa

applicazione dell’art. 20 del d.p.r. n. 643 del 1972 e
dell’art. 7 della 1. n. 212 del 2000, e sostiene che la
sentenza sarebbe illegittima nella misura in cui ha
ritenuto che l’avviso non dava certezza dell’iter logicogiuridico, quando invece esso conteneva gli elementi di
valutazione desunti dalla relazione dell’Ute, alla quale
aveva legittimamente rinviato.
– Il motivo è inammissibile quanto a quest’ultima
decisiva censura.
L’impugnata sentenza, nella parte che in effetti rileva,
ha affermato che l’avviso di accertamento era nella specie
carente del profilo motivazionale, in quanto non era stata
data contezza dell’iter logico e giuridico che aveva
condotto l’ufficio ad attribuire al bene valori maggiori
di quelli dichiarati.
La valutazione della congruità della motivazione degli
avvisi di accertamento rientra, in caso di controversia,
nei compiti del giudice di merito. E il giudizio in
proposito espresso può, in sede di legittimità, essere

2

sindacato solo indirettamente, per eventuali vizi della
sua motivazione.
Di modo che, quando il giudice di merito abbia dichiarato
che la motivazione di un avviso di accertamento è carente
o generica, una censura in sede di legittimità può essere
proposta solo per far apprezzare la condizione opposta,

vale a dire la specifica rispondenza di tale motivazione a
concreti elementi contenutistici tali da inficiare la
valutazione posta al fondo del giudizio di fatto.
Nel caso di specie, l’amministrazione ha invece formulato
la censura nei termini dell’

error iuris,

sul presupposto

– escluso dal giudice di merito – che l’avviso conteneva
l’enunciazione degli elementi valutativi desunti da una
relazione di stima dell’Ute.
Ne consegue l’inammissibilità del motivo, giacché la
complessiva censura, non essendo riportato il contenuto
dell’avviso suddetto, si infrange contro l’accertamento di
fatto, insindacabile in questa sede.
III. – Col secondo motivo l’amministrazione denunzia la
violazione degli artt. 51 e 52 del t.u. n. 131 del 1986.
Censura la sentenza perché, rispetto a un avviso di
accertamento dei valori immobiliari, avrebbe erroneamente
preteso anche l’indicazione dell’ammontare dell’imposta.
IV. – Il secondo motivo si palesa inammissibile per due
ragioni.
In primo luogo per difetto di interesse, giacché la
sentenza, essendo stato disatteso il primo mezzo, rimane
infine sorretta dalla

ratio decidendi

in ordine alla

3

r

,

Ai
N. 13i
MATERIA
nullità dell’atto tributario per difetto di motivazione,
quanto al criterio posto al fondo della rettifica di
valore.
In secondo luogo, e comunque, perché lo stesso secondo
motivo non coglie affatto la

ratio

che ha condotto

La commissione tributaria regionale, invero, non ha fatto
riferimento all’omissione del calcolo del tributo, ma al
fatto che l’avviso era a tal punto carente da non indicare
neppure per quale (tipologia di) imposta era stato emesso.
p.q.m.
La Corte rigetta il ricorso.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta

all’annullamento dell’avviso.

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