Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8459 del 25/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 25/03/2021, (ud. 11/02/2021, dep. 25/03/2021), n.8459

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – rel. Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16282-2018 proposto da:

G.M.C., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in

ROMA, SALITA DI SAN NICOLA DA TOLENTINO 1/B, presso lo studio

dell’avvocato DOMENICO NASO, rappresentati e difesi dall’avvocato

CRISTIANO DALLA TORRE;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, UNIVERSITA’ E RICERCA, (OMISSIS), in

persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente –

contro

UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER IL VENETO, UFFICIO SCOLASTICO

PROVINCIALE DI (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 545/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 23/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ADRIANA

DORONZO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

Con sentenza pubblicata in data 23/11/2017, la Corte d’appello di Venezia ha accolto in parte l’appello proposto dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza resa dal Tribunale tra l’appellante e T.E. e altri litisconsorti, ha rigettato le domande proposte da questi ultimi, insegnanti o collaboratori scolastici assunti dalla Amministrazione scolastica con una serie di contratti a tempo determinato, aventi ad oggetto il risarcimento del danno derivante dalla illegittima reiterazione dei contratti.

A fondamento del decisum la Corte territoriale ha ritenuto che indipendentemente dalla individuazione dei singoli periodi in cui ciascuno dei dipendenti aveva svolto supplenze su posti di organico di diritto e/o di organico di fatto – era assorbente il rilievo che essi erano stati stabilizzati o attraverso l’operare degli strumenti selettivi e concorsuali, o ai sensi della L. n. 107 del 2015, art. 1; che, in forza dei principi espressi da questa Corte nella sentenza n. 27563/2016 (punti 121 e 122), e nelle numerose altre pure citate, l’intervenuta stabilizzazione era idonea a sanzionare debitamente l’abuso e a cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’unione, e, quindi, a riparare tutti i danni riferibili all’illegittima reiterazione dei contratti a tempo determinato in difetto di specifiche allegazioni circa l’esistenza di danni ulteriori, diversi da quelli esclusi dall’immissione in ruolo, nonchè circa il ricorso, da parte del Ministero, ad un uso improprio o distorto delle assunzioni a termine.

Contro la sentenza, le parti originarie ricorrenti hanno proposto ricorso per cassazione, sulla base di una pluralità di motivi; ha resistito il Ministero con controricorso, mentre gli uffici scolastici regionale e provinciale non hanno svolto attività difensiva.

La proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

In prossimità dell’adunanza i ricorrenti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.- con il primo motivo, parte ricorrente lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c., art. 1362 seguenti c.c., nonchè l’omessa valutazione di elementi probatori in atto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, sul presupposto che la Corte territoriale non avrebbe esaminato l’eccezione di inammissibilità per tardività del ricorso in appello del Ministero, siccome proposto oltre il termine perentorio di 30 giorni dalla notifica della sentenza di primo grado al procuratore costituito.

2.- I restanti motivi di ricorso sono invece proposti per violazione di norme processuali inerenti all’estinzione del giudizio, nonchè per censurare l’affermazione della Corte territoriale secondo cui l’intervenuta stabilizzazione dei dipendenti ha risarcito tutti i danni derivanti dalla reiterazione dei contratti a tempo determinato, in assenza di specifiche allegazioni circa la sussistenza di danni ulteriori, diversi da quelli risarciti per effetto della costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato. Si censura altresì l’omesso esame da parte della corte territoriale della domanda avente ad oggetto le differenze retributive, contributive e delle altre indennità dovute in conseguenza dei continui contratti a termine.

3.- Il primo motivo è fondato.

3.1. Come risulta dagli atti di causa, il cui esame diretto è consentito a questa Corte venendo in rilievo un error in procedendo ed avendo il ricorso indicato con esattezza l’ambito di operatività della eccezione di inammissibilità dell’appello per tardività, il Ministero si è costituito nel giudizio di primo grado per mezzo di funzionari incaricati.

Si legge infatti nella intestazione della memoria difensiva del MIUR e degli uffici scolastici territoriali, depositata dinanzi al Tribunale di Venezia, che essi sono “rappresentati e difesi dalle Dott.sse D.M.M. e Gi.Em., elettivamente domiciliate presso l’Ufficio (OMISSIS).”.

La costituzione è avvenuta ai sensi dell’art. 417 bis c.p.c., come emerge non solo dalla intestazione della sentenza del tribunale, ma anche dalla dicitura su riportata, la quale non solleva dubbi sul fatto che la amministrazione si sia avvalsa, per la difesa, direttamente dei suoi dipendenti, i quali hanno operato in proprio e non già come meri delegati dell’Avvocatura dello Stato competente per territorio.

Le sentenze emesse nei giudizi poi riuniti sono state notificate ai funzionari dell’amministrazione nel domicilio eletto in data 8/6/2012, mentre i ricorsi in appello sono stati depositati in data 10/7/2012 (per T. più altri), in data 27/7/2012 ( Gr.+ più altri), e in data 30/7/2012 (per B. più altri), ossia oltre il termine di 30 giorni dalla notifica della sentenza di primo grado.

Essi, pertanto, sono tardivi.

3.2. Deve infatti rilevarsi che la previsione di cui all’art. 417 bis c.p.c., che conferisce in generale alle pubbliche amministrazioni, nelle controversie relative ai rapporti di lavoro, la facoltà di stare in giudizio, in primo grado, mediante loro dipendenti – costituisce un’ipotesi di difesa diretta da parte dell’amministrazione, non riconducibile all’ipotesi in cui l’Avvocatura dello Stato abbia delegato per la rappresentanza della amministrazione un funzionario o procuratore a norma della R.D. n. 1611 del 1933, art. 2 (v. Cass. n. 4690/2008). La delega concerne la sola rappresentanza in giudizio (cc.dd. funzioni procuratorie), mentre l’attività defensionale vera e propria in questo caso rimane affidata all’ufficio dell’Avvocatura competente per territorio (cfr. Cass. n. 13294/2002).

3.3. Ne consegue che se l’Amministrazione sia costituita in giudizio avvalendosi di un proprio dipendente secondo la previsione di cui all’art. 417 bis c.p.c., la notifica della sentenza di primo grado, ai fini del decorso del termine breve per l’impugnazione, va effettuata allo stesso dipendente (v. Cass. 5/9/2016, n. 17596; Cass. 17/7/2015, n. 15054, ed ivi ulteriori richiami; Cass. 22/2/2008, n. 4690), mentre se l’Avvocatura dello Stato abbia delegato per la rappresentanza dell’Amministrazione un funzionario o un procuratore legale esercente nel circondario dove si è svolto il giudizio, come consentitole dal R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 2, comma 1, la notifica deve essere effettuata all’Avvocatura dello Stato presso i suoi uffici, secondo il regime dettato dal R.D. n. 1611 del 1933, cit. art. 11, e la notifica effettuata al funzionario o procuratore legale delegato è radicalmente nulla, con la conseguente inidoneità di tale notifica a far decorrere il termine breve per l’impugnazione della sentenza e impugnabilità della stessa sentenza entro il termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c. (Cass. n. 17596/2016, che richiama Cass. sez. Un. 2/5/1996, n. 4000; Cass. 30/1/2009, n. 2528; Cass. 22/2/2008, n. 4690).

3.4. Si è pertanto affermato il seguente principio di diritto: “In tema di notificazione della decisione di primo grado in cui sia stata parte un’Amministrazione dello Stato, laddove l’Amministrazione si sia difesa attraverso proprio personale, la deroga al del R.D. n. 1611 del 1933, art. 11, comma 1, sull’obbligatoria notifica degli atti introduttivi di giudizio contro le amministrazioni erariali all’Avvocatura dello Stato, comporta, allorquando l’Autorità convenuta in giudizio sia rimasta contumace ovvero si sia costituita personalmente (o tramite funzionario delegato), anche quella al suddetto art. 11, comma 2, che prevede la notificazione degli altri atti giudiziari e delle sentenze sempre presso la stessa Avvocatura. Ne consegue che la notificazione della sentenza che chiude il giudizio di primo grado, ai fini del decorso del termine breve per l’impugnazione, deve essere effettuata alla stessa Autorità che si sia costituita mediante un proprio funzionario e non presso l’ufficio dell’Avvocatura distrettuale dello Stato, territorialmente competente, trovando applicazione i principi generali di cui agli artt. 292 e 285 c.p.c., i quali disciplinano anche le controversie in cui sia parte un’amministrazione dello Stato, in caso di inapplicabilità del predetto art. 11” (Cass. 30/1/2009, n. 2528; Cass. 22/2/2008, n. 4690).

3.5. I ricorrenti hanno sia pur sinteticamente riportato nel ricorso l’eccezione di tardività dell’appello sollevata dinanzi alla Corte d’appello di Venezia, che pertanto deve essere accolta, considerato altresì che la tardività dell’impugnazione in appello può essere rilevata anche d’ufficio dalla Corte di cassazione (Cass. Sez. Un. 25/6/2019 n. 16979).

4. L’accoglimento del motivo di appello comporta l’assorbimento degli altri motivi e la cassazione senza rinvio della sentenza della Corte d’appello, dinanzi alla quale il giudizio non poteva essere proseguito essendosi formato il giudicato sulla sentenza di primo grado (art. 382 c.p.c., u.c.).

L’accoglimento del ricorso comporta altresì la condanna dell’amministrazione al pagamento delle spese di questo giudizio, in applicazione del principio della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa senza rinvio la sentenza impugnata e condanna il Ministero al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 6000,00 per compensi professionali e Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario del 15% delle spese generali e agli altri accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2021

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