Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8457 del 25/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 25/03/2021, (ud. 11/02/2021, dep. 25/03/2021), n.8457

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – rel. Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8248-2018 proposto da:

S.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA

n. 2, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO AMERICO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA,

(OMISSIS), in persona del Ministro in carica, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

contro

UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER LA BASILICATA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 323/2017 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 23/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ADRIANA

DORONZO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

con la sentenza impugnata la Corte di appello di Potenza ha confermato la sentenza del tribunale che ha rigettato la domanda proposta da S.F., volta ad ottenere l’accertamento della illegittimità dei contratti a tempo determinato stipulati con il Ministero della Istruzione, Università e Ricerca, la conversione del rapporto di lavoro in contratto a tempo indeterminato, la condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno per illegittimo ricorso ai contratti a termine, la declaratoria del diritto ad ottenere il medesimo trattamento, ai fini giuridici ed economici, previsto dalle norme anche contrattuali per il personale a tempo indeterminato del comparto scuola e, infine, la condanna del ministero al pagamento delle somme dovute;

a fondamento della sua decisione la Corte d’appello, dopo aver dato atto della rinuncia del ricorrente alla domanda di costituzione di un rapporto a tempo indeterminato, ha rigettato la domanda di risarcimento del danno per effetto della intervenuta stabilizzazione del rapporto di lavoro tra le parti; ha rigettato altresì la domanda volta ad ottenere la ricostruzione della carriera sotto il profilo sia giuridico che economico, rilevando, sotto il primo aspetto, che la ricostruzione della carriera era stata effettuata ai sensi del D.Lgs. n. 297 del 1994, artt. 485 e 569, ed era pertanto legittima anche alla luce del giudizio espresso sull’art. 485 cit., dalla Corte costituzionale nell’ordinanza n. 89 del 2001, nonchè del rilievo che la disparità di trattamento era giustificata dalla precarietà e discontinuità del rapporto lavorativo; sotto il secondo aspetto, che gli scatti biennali di anzianità previsti dalla L. n. 312 del 1980, art. 53, comma 3, erano stati aboliti e persistevano solo per gli insegnanti di religione e, infine, che la domanda avente ad oggetto il riconoscimento della progressione economica in ragione dell’anzianità di servizio maturata anche con riferimento ai rapporti a termine, pur in astratto fondata, era affetta da assoluta genericità, in mancanza di indicazione del meccanismo di operatività degli incrementi, delle fonti contrattuali di riferimento, della misura degli aumenti stipendiali cui l’appellante avrebbe avuto diritto;

contro la sentenza, il docente ha proposto ricorso per cassazione articolato su tre motivi, cui ha resistito con controricorso il Ministero; la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del c.c.n.l. 4 agosto 1985, art. 68, del D.Lgs. n. 297 del 1994, artt. 485, 526 e 569; della clausola 4 dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato.

Assume che il mancato riconoscimento del servizio prestato prima dell’immissione in ruolo era illegittimo avuto riguardo ai principi di diritto comunitario e che la sua domanda atteneva alla pretesa del trattamento retributivo da determinarsi tenendo conto dell’anzianità maturata, anche con riguardo ai periodi coperti dai contratti a tempo detetniinato.

2.- Con il secondo motivo, denuncia la violazione, erronea e falsa applicazione del c.c.n.l. 2006/2009, artt. 25 ,77, 78, 79, Comparto scuola; violazione del c.c.n.l. 4 agosto 1995, art. 68, Comparto scuola; deduce, in sintesi, l’erroneità della pronuncia del giudice di appello che ha ritenuto genericamente formulata la domanda relativa al riconoscimento della progressione economica.

3.- Con il terzo motivo, denuncia la violazione, erronea e falsa applicazione dell’art. 163 c.p.c., n. 4, art. 156 c.p.c., nella parte in cui la sentenza di appello ha rigettato la domanda avente ad oggetto la progressione economica sul presupposto della sua genericità, quando invece avrebbe dovuto dichiarare nulla la domanda ai sensi e per gli effetti dell’art. 156.

4. I motivi si affrontano congiuntamente. Essi sono fondati.

Il ricorso soddisfa i criteri di autosufficienza e specificità, dal momento che il ricorrente ha trascritto ampi stralci del ricorso di primo grado e del ricorso di appello, da cui emerge evidente che -oltre alla domanda di conversione del rapporto a tempo indeterminato, rispetto alla quale è intervenuta la sua rinuncia- egli ha proposto anche la domanda avente ad oggetto il riconoscimento a fini retributivi dell’anzianità maturata prima della sua immissione in ruolo. E’ bene precisare che, come emerge anche dalle conclusioni rassegnate nel ricorso, il docente si duole solo del mancato riconoscimento della progressione economica corrispondente all’anzianità di servizio. Non sono quindi più in discussione gli altri capi della domanda rigettati dalla Corte d’appello.

4.1. La sentenza impugnata ha dato atto che la domanda originaria conteneva anche l’accertamento del diritto del docente al riconoscimento di tutta l’anzianità pregressa ai fini economici, ed ha ritenuto di doverla rigettare per la sua genericità (pag. 4 della sentenza).

4.2.- La decisione si discosta dai principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità.

Al di là dell’erroneo riferimento al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, con il secondo e il terzo motivo di ricorso, la parte denuncia l’error in procedendo in cui è incorsa la corte territoriale nella parte in cui ha ritenuto generica la domanda avente ad oggetto il riconoscimento della progressione economica.

Va invero ricordato che i fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, non costituisce condizione necessaria la corretta menzione dell’ipotesi appropriata, tra quelle per cui è consentito adire il giudice di legittimità, purchè si faccia valere un vizio della decisione astrattamente idoneo a inficiare la pronuncia; ne consegue che è ammissibile il ricorso per cassazione che lamenti la violazione di una norma processuale, ancorchè la censura sia prospettata sotto il profilo della violazione di norma sostanziale ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, anzichè sotto il profilo dell'”error in procedendo”, di cui al citato art. 360, n. 4 (Cass. 6/10/2017, n. 23381).

Va poi ricordato il principio espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui “Quando col ricorso per cassazione venga denunciato un vizio che comporti la nullità del procedimento o della sentenza impugnata, ed in particolare un vizio afferente alla nullità dell’atto introduttivo del giudizio per indeterminatezza dell’oggetto della domanda o delle ragioni poste a suo fondamento, il giudice di legittimità non deve limitare la propria cognizione all’esame della sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione, ma è investito del potere di esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, purchè la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità alle regole fissate al riguardo dal codice di rito (ed oggi quindi, in particolare, in conformità alle prescrizioni dettate dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4)” (Cass. Sez. Un., 22/5/2012, n. 8077).

4.3.- Il motivo di ricorso rispetta queste regola, perchè riporta nel loro contenuto essenziale l’atto introduttivo del giudizio e il ricorso in appello ed entrambi gli atti risultano depositati con il ricorso per cassazione.

Dalla loro semplice lettura, risultano chiaramente enucleati l’oggetto della pretesa – sotto il profilo del petitum immediato, costituito dalla condanna dell’amministrazione al pagamento delle differenze stipendiali – e la causa petendi, rappresentata dal riconoscimento della maggiore anzianità di servizio derivante dal computo del servizio pre ruolo prestato in conseguenza dei contratti a tempo determinato; il ricorrente ha indicato le norme giuridiche su cui fonda la sua pretesa, costituita essenzialmente dalle norme contrattuali (c.c.n.l. 2008/2009) nonchè dalla clausola 4 dell’accordo quadro sul rapporto di lavoro a tempo determinato, e argomenta ampiamente le ragioni per cui ritiene applicabili tali disposizioni alla fattispecie dedotta in causa (pagg. 16 e ss. del ricorso).

4.4.- E’ pur vero che il ricorrente non ha indicato la misura degli aumenti stipendiali di cui assume aver diritto, ma si tratta di una omissione che non incide sulla esatta individuazione dell’oggetto della domanda nè risulta pregiudizievole alla difesa della controparte, ben potendo il giudice avvalersi di una consulenza tecnica d’ufficio per la quantificazione o, come avvenuto in casi analoghi, invitare le parti a redigere e offrire in comunicazione conteggi.

4.5.- Deve pertanto escludersi che l’atto sia in parte qua affetto da nullità, dovendosi rammentare che la nullità della citazione (o, come nel caso in esame, del ricorso) si produce, a norma dell’art. 164 c.p.c., comma 4, solo quando il petitum sia stato del tutto omesso o sia assolutamente incerto, oppure quando manchi del tutto l’esposizione dei fatti costituenti la ragione della domanda; inoltre, nello scrutinare la conformità dell’atto al modello legale, l’identificazione dell’oggetto della domanda deve essere operata avendo riguardo all’insieme delle indicazioni contenute nell’atto introduttivo e dei documenti ad esso allegati, producendosi la nullità solo quando, all’esito del predetto scrutinio, l’oggetto risulti “assolutamente” incerto (Cass. Sez. Un., n. 8077/2012).

Le considerazioni che precedono escludono che, nel caso in esame, l’oggetto della domanda sia rimasto del tutto incerto.

5.- Nel merito, vanno richiamati principi già enunciati da questa Corte (Cass. n. 22258/2016; Cass. n. 27387/2016; Cass. n. 165/2017; Cass. n. 290/2017, alle cui motivazioni ci si riporta integralmente in quanto del tutto condivise), secondo cui l’obbligo posto a carico degli Stati membri di assicurare al lavoratore a tempo determinato “condizioni di impiego” che non siano meno favorevoli rispetto a quelle riservate all’assunto a tempo indeterminato “comparabile”, sussiste a prescindere dalla legittimità del termine apposto al contratto, giacchè detto obbligo è attuazione, nell’ambito della disciplina del rapporto a termine, del principio della parità di trattamento e del divieto di discriminazione che costituiscono “norme di diritto sociale dell’Unione di particolare importanza, di cui ogni lavoratore deve usufruire in quanto prescrizioni minime di tutela” (Corte di Giustizia 9.7.2015, causa C177/14, Regojo Dans, punto 32).

5.1. La clausola 4 dell’Accordo quadro è stata più volte oggetto di esame da parte della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che ha affrontato tutte le questioni rilevanti nel presente giudizio rilevandone il carattere incondizionato idoneo alla disapplicazione di qualsiasi contraria disposizione del diritto interno (Corte di Giustizia 15.4.2008, causa C- 268/06, Impact; 13.9.2007, causa C- 307/05, Del Cerro Alonso; 8.9.2011, causa C-177/10 Rosado Santana) ed affermando la esclusione di ogni interpretazione restrittiva, non potendo la riserva in materia di retribuzioni contenuta nel Trattato, art. 137, n. 5, (oggi 153 n. 5), “impedire ad un lavoratore a tempo determinato di richiedere, in base al divieto di discriminazione, il beneficio di una condizione di impiego riservata ai soli lavoratori a tempo indeterminato, allorchè proprio l’applicazione di tale principio comporta il pagamento di una differenza di retribuzione” (Del Cerro Alonso, cit., punto 42).

5.2. La CGUE ha evidenziato che le maggiorazioni retributive che derivano dalla anzianità di servizio del lavoratore costituiscono condizioni di impiego ai sensi della clausola 4, con la conseguenza che le stesse possono essere legittimamente negate agli assunti a tempo determinato solo in presenza di una giustificazione oggettiva (Corte di Giustizia 9.7.2015, in causa C177/14, Regojo Dans, punto 44, e giurisprudenza ivi richiamata).

5.3. A tal fine non è sufficiente che la diversità di trattamento sia prevista da una norma generale ed astratta, di legge o di contratto, nè rileva la natura pubblica del datore di lavoro e la distinzione fra impiego di ruolo e non di ruolo, perchè la diversità di trattamento può essere giustificata solo da elementi precisi e concreti di differenziazione che contraddistinguano le modalità di lavoro e che attengano alla natura ed alle caratteristiche delle mansioni espletate (Regojo Dans, cit., punto 55 e con riferimento ai rapporti non di ruolo degli enti pubblici italiani Corte di Giustizia 18.10.2012, cause C302/11 e C305/11, Valenza; 7.3.2013, causa C393/11, Bertazzi).

5.4. L’interpretazione delle norme Eurounitarie è riservata alla Corte di Giustizia, le cui pronunce hanno carattere vincolante per il giudice nazionale – che può e deve applicarle anche ai rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza interpretativa – e valore di ulteriore fonte del diritto della Unione Europea, nel senso che esse indicano il significato ed i limiti di applicazione delle norme Eurounitarie, con efficacia erga omnes nell’ambito dell’Unione (fra le più recenti in tal senso Cass. 8 febbraio 2016, n. 2468).

5.5. In questa sede il Ministero, pur affermando l’esistenza di condizioni oggettive a suo dire idonee a giustificare la diversità di trattamento, ha fatto leva su circostanze che prescindono dalle caratteristiche intrinseche delle mansioni e delle funzioni esercitate, le quali sole potrebbero legittimare la disparità, insistendo, infatti, sulla natura non di ruolo del rapporto di impiego e sulla novità di ogni singolo contratto rispetto al precedente, ossia su ragioni oggettive che legittimano il ricorso al contratto a tempo determinato e che rilevano ai sensi della clausola 5 dell’Accordo Quadro, da non confondere con le ragioni richiamate nella clausola 4, che attengono, invece, alle condizioni di lavoro che contraddistinguono i due tipi di rapporto in comparazione, in ordine alle quali nulla ha dedotto il controricorrente.

6. Pertanto, il ricorso deve essere accolto e la causa deve essere rimessa alla Corte d’appello Potenza, in diversa composizione, che deciderà la fattispecie alla luce dei principi di diritto su enunciati e provvederà anche a regolare le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Potenza, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2021

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