Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8450 del 05/05/2020

Cassazione civile sez. VI, 05/05/2020, (ud. 15/01/2020, dep. 05/05/2020), n.8450

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27846-2018 proposto da:

C.N., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato FRANCESCA RUSSO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2495/4/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di PALERMO SEZIONE DISTACCATA di SIRACUSA, depositata il

04/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO

GIOVANNI CONTI.

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

La CTR Sicilia, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava l’appello proposto da C.N. avverso due avvisi di accertamento – rispettivamente n. (OMISSIS), notificato il 26.1.2010 per l’anno 2004, e n. (OMISSIS), notificato il 28 aprile 2009 – e una cartella di pagamento n. (OMISSIS), notificata il 23.9.2010 – relativi alla ripresa a tassazione di IRPEF per l’anno 2004 sulla base di un accertamento redditometrico correlato a rilevanti movimentazioni bancarie riscontrate nei confronti di soci e della società Sicarb srl.

Secondo la CTR la parte contribuente non aveva fornito elementi idonei a modificare le statuizioni del giudice di primo grado che aveva disposto la riunione dei giudizi. L’accertamento, secondo la CTR, aveva origini nelle ingenti operazioni finanziarie rilevate in capo alle società, alle quali lo stesso C. partecipava che, pur essendo in parte fittizie, denotavano comunque ingenti movimentazioni di denaro. Aggiungeva poi che dalle risultanze del procedimento penale erano comunque emersi comportamenti deprecabili, senza che il contribuente avesse fornito alcuna giustificazione sul conseguimento delle provviste necessarie per effettuarle.

Il C. ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad una complessa censura, alla quale ha resistito l’Agenzia delle entrate.

Il ricorrente deduce la violazione dell’art. 115 e 116 c.p.c., poichè il giudice di appello avrebbe tralasciato di considerare gli esiti del processo penale e la consulenza tecnica ivi disposta, in esito alla quale il C. era stato assolto dalle imputazioni ascrittegli.

Peraltro, la CTR non avrebbe fatto corretta applicazione dei principi espressi in ordine agli effetti della sentenza di assoluzione in sede penale nel giudizio tributario, avendo tralasciato di apprezzare la decisione assolutoria.

Va premesso che il ricorso per cassazione proposto dal C. con riguardo alla parte della sentenza della CTR che ha deciso sui ricorsi riuniti relativi all’avviso di accertamento n. (OMISSIS), notificato il 26.1.2010 per l’anno 2004 e alla cartella di pagamento n. (OMISSIS), notificata il 23.9.2010 è tardivo, in quanto detti atti furono impugnati con ricorsi, poi riuniti, notificati e depositati nel corso dell’anno 2010(come risulta dai numeri di RG -1269/2010 e 4287/2010). Deve rilevarsi, infatti, che rispetto a tali atti il termine di impugnazione della sentenza della CTR era di sei mesi, come determinato dall’art. 327 c.p.c., nel testo ratione temporis applicabile in forza della L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 1. Termine che rispetto a tali due contenziosi promossi in primo grado dalla parte contribuente era spirato il 4.2.2018 in relazione alla data di deposito della sentenza di appello, avvenuta il 4.7.2017. Orbene, poichè il ricorso per cassazione avverso la sentenza pubblicata il 4.7.2017 è stato notificato con atto consegnato all’ufficiale giudiziario il 4.9.2018, deve ritenersi senz’altro decorso il termine di impugnazione con riguardo ai procedimenti iniziati in primo grado dopo il 4.7.2009 – come puntualmente dedotto dalla controricorrente a pag. 2 del controricorso.

Ciò in relazione all’autonomia dei due giudizi a suo tempo riuniti in primo grado rispetto all’ulteriore giudizio oggetto di ricorso (relativo all’avviso di accertamento n. (OMISSIS), notificato il 28 aprile 2009) che non consente di potere ritenere l’unicità del processo – cfr. Cass. n. 11386 del 13/05/2013, Cass. n. 19373/2017-.

Va dunque esaminato unicamente il ricorso relativo all’avviso di accertamento n. (OMISSIS), notificato il 28 aprile 2009. Tale ricorso è per la restante parte inammissibile ed infondato. Ed invero, diversamente da quanto esposto dal ricorrente, la CTR non solo ha preso in considerazione gli esiti del processo penale, ma ha anche stimato che le movimentazioni bancarie accertate denotavano comunque l’esistenza di disponibilità finanziarie non giustificate.

Tanto consente di escludere che il giudice di merito abbia tralasciato di considerare e ponderare il materiale probatorio raccolto nel processo penale, anzi ritenendolo insoddisfacente quanto ai fini del giudizio tributario in assenza di analitica indicazione delle giustificazioni alle quali è tenuto il contribuente per vincere la presunzione nascente dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38 comma 4, – cfr. Cass. n. 21142/2016 -.

Per altro verso, il contribuente ha omesso di riprodurre il contenuto della consulenza svolta nel processo penale, rendendo in tal modo inammissibile per difetto di autosufficienza ogni censura fondata sugli artt. 115 e 116 c.p.c.. Sulla base di tali considerazioni, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza, dando atto ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1- bis, se dovuto.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in Euro 7.000,00 a favore dell’Agenzia delle entrate per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Dà atto ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2020

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