Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 845 del 16/01/2018

Cassazione civile, sez. lav., 16/01/2018, (ud. 27/09/2017, dep.16/01/2018),  n. 845

Fatto

RILEVATO

che con sentenza in data 26 luglio 2011 la Corte d’appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Trapani n. 508/2007, respinge l’appello incidentale dell’Azienda Sanitaria Provinciale (d’ora in poi: ASP) di Trapani avverso la suindicata sentenza e in accoglimento dell’appello principale di C.M. e degli due litisconsorti indicati in epigrafe – tutti ex medici condotti in servizio presso la ASP e contemporaneamente titolari di convenzione con il SSN per la medicina generale – condanna la ASP di Trapani al risarcimento dei danni subiti dai sanitari per l’illegittima cessazione dei loro rapporti di lavoro con la ASP, determinato in misura pari alle retribuzioni rispettivamente spettanti secondo la contrattazione collettiva vigente nel settore, a decorrere dalla data di costituzione in mora fino al ripristino dei rapporti;

che, osserva la Corte territoriale, l’appello incidentale della ASP va respinto in quanto la complessa disciplina sullo status degli ex medici condotti ha carattere speciale e, in essa, è inserito il D.L. 29 dicembre 1990, n. 415, art. 5 (convertito dalla L. 26 febbraio 1991, n. 58) che ha stabilito i rapporti di lavoro dei suddetti medici inquadrati ai sensi del D.P.R. 20 maggio 1987, n. 270, art. 110 e del D.M. Sanità 18 novembre 1987, n. 503 – in essere alla data del 30 dicembre 1990, dovessero essere “confermati ad esaurimento”;

che tale norma di legge non è mai stata specificamente abrogata e quindi in base al principio “lex posterior generalis non derogat priori speciali” non può considerarsi travolta dalle successive disposizioni legislative di carattere generale e tanto meno dalla contrattazione collettiva;

che, peraltro, il richiamato art. 13 del CCNL 2002-2005 dell’Area della Dirigenza medico-veterinaria del Servizio Sanitario Nazionale, nei primi due commi, ha stabilito che i rapporti degli ex medici condotti ed equiparati, confermati ad esaurimento in via definitiva dal D.L. n. 415 del 1990, convertito in L. n. 58 del 1991, ancora in essere all’entrata in vigore del CCNL stesso dovessero essere mantenuti ad esaurimento, fatto salvo il caso di opzione per il passaggio al rapporto di lavoro con orario unico, esclusivo o non esclusivo da parte degli interessati nel termine previsto;

che, quindi, è corretta e meritevole di conferma la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto illegittima la disposta risoluzione dei rapporti in oggetto ed ha affermato il diritto degli interessati a permanere in servizio;

che, invece, in accoglimento dell’appello principale dei medici, tale sentenza va riformata nella parte in cui ha respinto la domanda di risarcimento dei danni senza che la ASP avesse fornito la prova, a suo carico, dell’aliunde perceptrum o dell’aliunde percipiendum, essendosi l’Azienda limitata a fare un generico riferimento ad un possibile incremento del massimale degli assistiti nell’ambito del rapporto convenzionale;

che, ricorrono giusti motivi per confermare la statuizione di compensazione delle spese di primo grado e per disporre analoga compensazione per le spese del giudizio di appello, in considerazione della natura giuridica della questione controversa e dell’assenza di precedenti giurisprudenziali di legittimità;

che avverso tale sentenza l’ASP di Trapani propone ricorso affidato ad un unico, articolato motivo, al quale hanno opposto difese C.M. e degli due litisconsorti indicati in epigrafe, con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che, con l’unico, articolato motivo, l’ASP di Trapani denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione di molteplici norme primarie nonchè dell’art. 44 del CCNL 8 giugno 2000 dell’Area della Dirigenza medico-veterinaria del Servizio Sanitario Nazionale e dell’art. 13 del CCNL 2002-2005 dell’Area della Dirigenza medico-veterinaria del Servizio Sanitario Nazionale, sostenendo che alla presente fattispecie non si attaglia il principio “lex posterior generalis non derogat priori speciali” perchè è stata una norma “speciale – cioè il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 15 bis introdotto dal D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229, seguito dalla successiva contrattazione collettiva – a disporre la soppressione dei rapporti di lavoro a tempo definito per la dirigenza sanitaria, con la decorrenza ivi prevista;

che, pertanto, secondo la ricorrente i provvedimenti adottati per risolvere i rapporti con gli attuali controricorrenti sono da considerare pienamente legittimi, come sostenuto nell’appello incidentale respinto dalla Corte territoriale;

che si sostiene che, “di conseguenza”, la sentenza impugnata vada riformata laddove ha accolto l’appello principale dei medici condannando l’Azienda al risarcimento del danno come quantificato;

che, infine, si chiede di riformare la sentenza impugnata anche nella parte in cui la disposto la compensazione delle spese processuali dei due gradi di merito;

che ritiene il Collegio che il ricorso non sia da accogliere, per plurime ragioni;

che, in primo luogo, è da considerare infondata la censura principale della ASP ricorrente secondo cui alla presente fattispecie non si attaglierebbe il principio “lex posterior generalis non derogat priori speciali” in quanto è stata una norma “speciale” – cioè il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 15-bis introdotto dal D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229, seguito dalla successiva contrattazione collettiva – a disporre la soppressione dei rapporti di lavoro a tempo definito per la dirigenza sanitaria, con la decorrenza ivi prevista;

che, al riguardo va precisato quanto segue:

a) nel formulare tale censura la ASP non impugna la ratio decidendi della sentenza impugnata – di per sè idonea a sorreggere la decisione – secondo cui il rapporto degli ex medici condotti anche medici convenzionati è del tutto speciale e in tale regime speciale è inserito del D.L. 29 dicembre 1990, n. 415, l’art. 5 (convertito dalla L. 26 febbraio 1991, n. 58) – norma mai espressamente o implicitamente abrogata – che ha stabilito i rapporti di lavoro dei suddetti medici inquadrati ai sensi del D.P.R. 20 maggio 1987, n. 270, art. 110 e del D.M. Sanità 18 novembre 1987, n. 503, in essere alla data del 30 dicembre 1990, dovessero essere “confermati ad esaurimento”;

b) rispetto a tale mancata impugnazione trova quindi applicazione il principio, costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, nel caso in cui venga impugnata con ricorso per cassazione una sentenza (o un capo di questa) che si fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, l’omessa impugnazione di una di tali ragioni rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (vedi, per tutte: Cass. 5 ottobre 1973, n. 2499; Cass. SU 8 agosto 2005, n. 16602; Cass. SU 29 maggio 2013, n. 7931; Cass. 11 febbraio 2011, n. 3386; Cass. 27 maggio 2014, n. 11827);

c) benchè la specifica questione qui dibattuta sia nuova per la giurisprudenza di questa Corte, tuttavia, in molte occasioni è stata affermata – sia pure ad altri fini – la specialità del rapporti degli ex medici condotti in servizio presso un’Azienda sanitaria contemporaneamente titolari di convenzione con il SSN (vedi, per tutte: Cass. 14 giugno 2016, n. 12208 e Cass. 24 gennaio 2014, n. 1487);

d) nella suddetta giurisprudenza è stato, in particolare, affermato che i dirigenti sanitari, con rapporto di lavoro a tempo indeterminato o a tempo determinato, con i quali sia stato stipulato il contratto di lavoro o un nuovo contratto di lavoro in data successiva al 31 dicembre 1998, nonchè quelli che, alla data di entrata in vigore del nuovo ordinamento avessero optato per l’esercizio dell’attività libero-professionale intramuraria sono tutti assoggettati al principio di esclusività del rapporto di lavoro;

e) invece agli ex medici condotti che non hanno mai optato per il lavoro esclusivo alle dipendenze del SSN, mantenendo con lo stesso anche un rapporto convenzionale, possono continuare ad essere riconosciute tutte le prerogative previste negli anni per gli ex appartenenti alla categoria dei medici condotti, ma non possono essere assimilati ai dirigenti sanitari con rapporto esclusivo;

f) tanto meno può essere loro applicata la normativa riguardante “i dirigenti responsabili di struttura”, di cui non hanno requisiti soggettivi;

g) tale è quella dettata dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 15 bis introdotto dal D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229, che è richiamato dalla ASP ricorrente come norma “speciale” idonea ad abrogare implicitamente l’altrettanto speciale D.L. 29 dicembre 1990, n. 415, art. 5 (convertito dalla L. 26 febbraio 1991, n. 58) che ha stabilito i rapporti di lavoro dei suddetti medici – inquadrati ai sensi del D.P.R. 20 maggio 1987, n. 270, art. 110 e del D.M. Sanità 18 novembre 1987, n. 503 – in essere alla data del 30 dicembre 1990, dovessero essere “confermati ad esaurimento”;

h) peraltro, la ricorrente non ignora che l’invocato art. 15-bis cit. abbia disposto, con la decorrenza ivi prevista, la soppressione dei rapporti di lavoro a tempo definito per la “dirigenza sanitaria”, ma non considera che gli ex medici condotti di cui si tratta non rientrano nella dirigenza sanitaria, come confermato dalla costante e condivisa giurisprudenza di questa Corte;

i) quindi, come si afferma nella sentenza impugnata, nella complessa disciplina sullo status degli ex medici condotti che ha carattere speciale è tuttora inserito – non essendo mai stato abrogato – il D.L. 29 dicembre 1990, n. 415, art. 5 (convertito dalla L. 26 febbraio 1991, n. 58) che ha stabilito i rapporti di lavoro dei suddetti medici – inquadrati ai sensi del D.P.R. 20 maggio 1987, n. 270, art. 110 e del D.M. Sanità 18 novembre 1987, n. 503 – in essere alla data del 30 dicembre 1990, dovessero essere “confermati ad esaurimento”, salvo il caso di opzione per il passaggio al rapporto di lavoro con orario unico, esclusivo o non esclusivo da parte degli interessati nel termine previsto (ex art. 13 del CCNL 20022005 dell’Area della Dirigenza medico-veterinaria del Servizio Sanitario Nazionale);

l) di qui la corretta conclusione dell’illegittimità della risoluzione dei rapporti in oggetto disposta dalla ASP ricorrente con conseguente diritto degli interessati a permanere in servizio;

che, tutte le anzidette considerazioni portano al rigetto della suindicata censura principale, trattata dalla Corte d’appello in modo del tutto conforme ai richiamati orientamenti giurisprudenziali;

che, d’altra parte, sono inammissibili, per assenza di argomentazioni specifiche, le impugnative contenute nella parte finale del ricorso a proposito dell’accoglimento del della domanda di risarcimento del danno (che, peraltro, risulta sorretto da congrua e logica motivazione) e della disposta compensazione delle spese processuali riguardante i due gradi di merito del giudizio (anch’essa, peraltro, sostenuta da motivazione non palesemente illogica o contraddittoria e, quindi, non censurabile in questa sede, vedi, per tutte: Cass. 12 marzo 2015, n. 4984);

che, in sintesi, il ricorso deve essere respinto;

che le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ASP ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in Euro 200,00 (duecento/00) per esborsi, in complessivi Euro 9.000,00 (novemila/00) per compensi professionali, oltre spese forfetarie nella misura del 15% e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 27 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 16 gennaio 2018

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