Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8448 del 25/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 25/03/2021, (ud. 13/01/2021, dep. 25/03/2021), n.8448

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Maria Margherita – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12125-2019 proposto da:

CARMEN SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RIMINI 14, presso lo studio

dell’avvocato CARUSO NICOLETTA, rappresentata e difesa dall’avvocato

SORBELLO GAETANO;

– ricorrente –

contro

S.F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE CLODIO

61, presso lo studio dell’avvocato BUCCA DOMENICO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 929/2018 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 09/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 13/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. DE FELICE

ALFONSINA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto aveva accolto la domanda di S.F., dipendente della “Silvanetta Palace Hotel” in gestione della Società Carmen s.r.l. in liquidazione, diretta al riconoscimento delle differenze retributive maturate nei confronti della società per l’attività lavorativa svolta presso la predetta struttura ricettiva, con inquadramento nel IV livello del CCNL Turismo pubblici esercizi;

la società Carmen s.r.l. in liquidazione proponeva ricorso davanti alla Corte d’appello di Messina avverso la sentenza di primo grado, deducendo l’estinzione ipso iure del giudizio, per non avere il primo giudice dichiarato l’interruzione dello stesso dal giorno del decesso del procuratore costituito dell’originario ricorrente (avv. C.), nonchè la nullità della sentenza di primo grado e di tutti gli atti di causa, ivi compresa la CTU perchè redatta e depositata dopo il decesso dell’avvocato;

la Corte territoriale ha stabilito, quanto alla CTU, che il consulente tecnico aveva assunto l’incarico prima della morte dell’avv. C. e, quanto all’esito complessivo del giudizio, che la richiesta di prosecuzione dello stesso formulata nell’immediatezza del decesso del precedente procuratore da parte dei nuovi procuratori nominati da S.F., costituiva atto idoneo a precludere l’effetto estintivo del processo invocato dalla società appellante;

la cassazione della sentenza è domandata dalla società Carmen s.r.l. in liquidazione, sulla base di un unico motivo;

S.F. ha depositato controricorso;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con l’unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, parte ricorrente contesta “Violazione degli artt. 301 e 305 c.p.c.”;

sostiene l’esistenza di una presunzione di conoscenza del decesso, avvalorata da circostanze rimaste incontestate, quale quella per cui era noto che gli avvocati subentranti (e lo stesso odierno controricorrente) avevano partecipato alle esequie dell’avvocato C., e che, pertanto, il giudice del merito avrebbe avuto a sua disposizione tutti gli elementi di fatto per dichiarare l’interruzione automatica del giudizio;

il motivo è infondato;

la deduzione ivi contenuta non si confronta con il consolidato orientamento di legittimità, secondo il quale “La morte dell’unico difensore della parte costituita, che intervenga nel corso del giudizio, determina automaticamente l’interruzione del processo, anche se il giudice e le altre parti non ne abbiano avuto conoscenza, e preclude ogni ulteriore attività processuale, con la conseguente nullità degli atti successivi e della sentenza eventualmente pronunciata; ove, tuttavia, il processo sia irritualmente proseguito, nonostante il verificarsi dell’evento morte, la causa interruttiva può essere dedotta e provata in sede di legittimità, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., mediante la produzione dei documenti necessari, ma esclusivamente dalla parte colpita dal predetto evento a tutela della quale sono poste le norme che disciplinano l’interruzione, non potendo essere rilevata d’ufficio dal giudice, nè eccepita dalla controparte come motivo di nullità della sentenza” (Cass. n. 1574 del 2020);

la censura non coglie nel segno neppure quanto alle circostanze rilevanti ai fini del raggiungimento della prova legale dell’evento, e alla idoneità delle stesse a dar luogo all’interruzione del processo;

questa Corte ha affermato in proposito che detta prova legale non può che conseguire da fatti scaturenti da atti muniti di fede privilegiata e non può essere dedotta da conoscenze di fatto che, qualora altrimenti acquisite non siano specificamente comprovate, con riferimento tanto all’evento asseritamente interruttivo quanto al processo nel quale si pretende che questo esplichi i suoi effetti;

“In tema d’interruzione del processo per morte del procuratore di una delle parti, il termine per la relativa riassunzione decorre dalla data in cui la parte rimasta senza difensore ha avuto dell’evento conoscenza legale, acquisita tramite atti muniti di fede privilegiata quali dichiarazioni, notificazioni o certificazioni rappresentative dell’evento medesimo, alle quali non è equiparabile la conoscenza di fatto altrimenti acquisita, e dovendo tale conoscenza avere ad oggetto tanto l’evento in sè considerato, quanto lo specifico processo nel quale esso deve esplicare i suoi effetti” (Così Cass. n. 10594 del 2019);

nel caso in esame, le doglianze formulate dalla società ricorrente rimangono su un piano di assoluta genericità, e non si palesano idonee a contestare tali principi;

in definitiva, il ricorso va rigettato; le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;

in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che liquida in Euro 200 per esborsi, Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 13 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2021

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