Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8445 del 12/04/2011

Cassazione civile sez. trib., 12/04/2011, (ud. 23/03/2011, dep. 12/04/2011), n.8445

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

VENAFRO MARMI E GRANITI S.P.A., in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Caio Canuleio n.

127, presso lo studio dell’avv. Silvia Claroni, rappresentata e

difesa dall’avv. Iafrate Amleto e Maddalena Cioci;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI ISOLA DEL LIRI, in persona del sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, viale delle Provincie n. 114/B/23,

presso lo studio dell’avv. Paola D’Amico, rappresentato e difeso

dall’avv. Manfellotto Raffaele;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale del Lazio, sez. 39^, n. 751, depositata il 21 gennaio 2008;

Letta la relazione scritta redatta dal consigliere relatore dott.

Aurelio Cappabianca;

constatata la regolarita’ delle comunicazioni di cui all’art. 380 bis

c.p.c., comma 3.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso:

– che la societa’ contribuente propone ricorso per cassazione, in due motivi, avverso la sentenza di appello indicata in epigrafe che ne ha respinto l’impugnazione avverso sentenza di primo grado, a sua volta reiettiva di ricorso contro avviso di accertamento i.c.i. per l’anno 2001;

– che il Comune resiste con controricorso;

rilevato:

– che il ricorso per cassazione va disatteso;

che esso e’, infatti, inammissibile, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, giacche’, ai fini dell’esposizione dei fatti di causa, si limita a riprodurre quella contenuta nella sentenza impugnata, che appare del tutto carente, in quanto inidonea a disvelare lo sviluppo processuale di entrambi i gradi di merito nonche’ i presupposti dell’imposizione, il relativo contenuto e le richieste specificamente avanzate dalle parti in ciascun grado;

– che entrambi i motivi non ottemperano, peraltro, alle prescrizioni di cui all’art. 366 bis c.p.c., non rispondendo ai criteri, in proposito, delineati dalla giurisprudenza di questa Corte;

che le ss.uu. di questa sono, infatti, chiaramente orientate a ritenere che ognuno dei quesiti formulati, per ciascun motivo di ricorso, deve consentire l’individuazione del principio di diritto che e’ alla base del provvedimento impugnato e, correlativamente, del diverso principio la cui auspicata applicazione ad opera della Corte di Cassazione possa condurre ad una decisione di segno diverso (giacche’, in mancanza di tale articolazione logico-giuridica, il quesito si risolverebbe in un’astratta petizione di principio, inidonea sia ad evidenziare il nesso tra la fattispecie ed il principio di diritto che si chiede venga affermato, sia ad agevolare la successiva enunciazione di tale principio ad opera della Corte, in funzione nomofilattica);

che, dall’esposta premessa, inferiscono che il quesito non puo’ consistere in una semplice richiesta di accoglimento del motivo ovvero (come nel caso di specie) nel mero interpello della Corte in ordine alla fondatezza della propugnata petizione di principio o della censura cosi’ come illustrata nello svolgimento dello stesso motivo, ma deve costituire la chiave di lettura delle ragioni esposte e porre la medesima Corte in condizione di rispondere ad esso con l’enunciazione di una regula iuris che sia, in quanto tale, suscettibile di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all’esame del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, il che vale a dire che la Corte di legittimita’ deve poter comprendere dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare, (v. Cass. s.u.

3519/08);

ritenuto:

– che il ricorso va, conseguentemente, dichiarato inammissibile nelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;

– che, per la soccombenza, la societa’ contribuente va condannata al pagamento delle spese di causa, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso; condanna la societa’ contribuente al pagamento delle spese di causa, liquidate in complessivi Euro 800,00 (di cui Euro 700,00 per onorario) oltre spese generali ed accessori di legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2011

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