Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8444 del 31/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 31/03/2017, (ud. 08/02/2017, dep.31/03/2017),  n. 8444

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26483-2015 proposto da:

S.S.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTE

ZEBIO 32, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO SANTANGELO,

rappresentato e difeso dall’avvocato SIMONA PENNUZZI giusta procura

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

ROSSO MATTONE SAS di D.M. & C., in persona del socio

accomandatario, amministratore e legale rappresentante,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 7, presso lo

studio dell’avvocato LUCA PERONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato GUIDO CELONI giusta procura in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 435/2015 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata l’11/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’ 08/02/2017 dal Consigliere Dott. GIULIO FERNANDES.

Fatto

RILEVATO

che la Corte di Appello di Torino, con sentenza dell’11 giugno 2015, confermava la decisione del Tribunale di Cuneo di rigetto della domanda proposta da S.S.D. nei confronti della Rosso Mattone s.a.s. di D.M. & C. intesa ad ottenere l’accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra esse parti nel periodo dal 23 aprile 2009 al 30 gennaio 2010 con condanna della società al pagamento in suo favore della somma di Euro 19.441,23 a titolo di retribuzioni, tredicesima mensilità, ferie e TFR; che ad avviso della Corte territoriale correttamente il Tribunale aveva ritenuto non essere stata fornita la prova della ricorrenza degli elementi tipici della subordinazione;

che per la cassazione di tale decisione propone ricorso il S.S. affidato a due motivi cui la Rosso Mattone s.a.s. resiste con controricorso;

che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

che il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che: con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. per avere omesso la Corte territoriale di valutare le deposizioni dei testi indicati dalla difesa del S. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3); con il secondo mezzo viene dedotta violazione dell’art. 116 c.p.c. in quanto il giudice del gravame avrebbe omesso di indicare, con motivazione logica ed esaustiva, le ragioni poste a fondamento della decisione (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3); che entrambi i motivi, da trattare congiuntamente in quanto logicamente connessi, sono inammissibili in quanto, nonostante il formale richiamo contenuto nelle rispettive intestazioni a violazioni di norme di legge, si risolvono nella denuncia di una errata o omessa valutazione del materiale probatorio acquisito ai fini della ricostruzione dei fatti allo scopo di ottenere una rivisitazione del merito della controversia non ammissibile in questa sede; invero, è stato in più occasioni affermato dalla giurisprudenza di legittimità che la valutazione delle emergenze probatorie, come la scelta, tra le varie risultanze, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive (cfr, e plurimis, Cass. n. 17097 del 21/07/2010; Cass. n. 12362 del 24/05/2006; Cass. n. 11933 del 07/08/2003);

che, per tutto quanto sopra esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile;

che le spese del presente giudizio, seguono la soccombenza, e vengono liquidate come da dispositivo;

che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell’atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent n. 3774 del 18 febbraio 2014); inoltre, il presupposto di insorgenza dell’obbligo del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014).

PQM

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 8 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2017

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