Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8442 del 04/05/2020

Cassazione civile sez. lav., 04/05/2020, (ud. 19/12/2019, dep. 04/05/2020), n.8442

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TORRICE Amelia – Presidente –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11752/2014 proposto da:

G.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALBERICO

II 4, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI DE LUCA, rappresentato

e difeso dall’avvocato MAURO CIMINO;

– ricorrente –

contro

REGIONE MARCHE, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DOMENICO MORICHINI 41, presso

lo studio dell’avvocato MICHELE ROMANO, rappresentata e difesa

dall’avvocato GABRIELLA DE BERARDINIS;

– controricorrente –

e contro

PROVINCIA ASCOLI PICENO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 877/2013 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 29/10/2013, R.G.N. 77/2013.

Fatto

RILEVATO

che:

1. con sentenza in data 24-29 ottobre 2013 n. 877 la Corte d’Appello di Ancona confermava la sentenza del Tribunale di Fermo, che aveva respinto la domanda proposta da G.F., già dirigente del CONSORZIO DI BONIFICA DELLA VALLE DEL TENNA, confluito nel CONSORZIO DI BONIFICA ASO TENNA TRONTO, per l’accertamento del diritto all’inquadramento nei ruoli della REGIONE MARCHE ovvero della PROVINCIA DI ASCOLI PICENO e per la condanna delle amministrazioni convenute ad operare l’inquadramento ed al risarcimento del danno.

2. La Corte territoriale premetteva che la L.R. Marche n. 12 del 2004, art. 1, aveva disposto la fusione del CONSORZIO DELLA VALLE DEL TENNA, di cui il G. era dirigente, nel CONSORZIO DI BONIFICA ASO TENNA TRONTO ed, all’art. 3, aveva previsto che la REGIONE promuovesse accordi con la Provincia, tra l’altro, per il trasferimento di unità di personale in esubero.

3. Osservava che dal tenore letterale della disposizione emergeva la insussistenza di un obbligo di prosecuzione dei rapporti di lavoro in essere con gli enti estinti, prosecuzione prevista solo come scopo tendenziale degli accordi da promuovere.

4. Neppure era utile il rilievo che restava comunque inadempiuto l’obbligo di promuovere gli accordi previsti per la sistemazione del personale in esubero. Il risarcimento del danno, in relazione a tale pretesa omissione, avrebbe richiesto la prova della seria probabilità che in esito agli accordi fosse stata effettivamente possibile la ricollocazione del G. presso uno dei due enti.

5. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza G.F., articolato in due motivi, cui ha opposto difese la REGIONE MARCHE con controricorso; la PROVINCIA DI ASCOLI PICENO è rimasta intimata.

6. La REGIONE MARCHE ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo la parte ricorrente ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione della L.R. Marche n. 12 del 2004, art. 3 e dell’art. 25 Statuto REGIONE MARCHE nonchè – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti.

2. Ha censurato la mancanza di motivazione in ordine alle proprie deduzioni, fondate sui seguenti rilievi: la disciplina della legge regionale MARCHE era diretta alla salvaguardia dei posti di lavoro dei dipendenti dei soppressi CONSORZI DI BONIFICA; la disposizione che impegnava la Regione a promuovere accordi con la Provincia per la ricollocazione del personale sarebbe stata inutile ove non avesse assicurato tale effetto.

3. Ha assunto che la REGIONE MARCHE era tenuta a farsi carico delle difficoltà derivanti dalla riduzione delle competenze dei Consorzi di bonifica stabilita dalla legge regionale e della posizione del personale in esubero, in quanto i consorzi, ai sensi della L.R. n. 13 del 1985, si qualificavano come enti strumentali o, quanto meno dipendenti, dalla Regione e sottoposti alla sua vigilanza, ai sensi dell’art. 25 dello Statuto regionale.

4. Il motivo è inammissibile nella parte in cui denuncia un vizio della motivazione ed infondato nel resto.

5. Sotto il primo profilo si osserva che il vizio di motivazione denunciabile come motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, può concernere esclusivamente l’accertamento dei fatti storici rilevanti ai fini della decisione e non anche l’interpretazione e l’applicazione delle norme giuridiche, atteso che, in relazione a una questione la cui soluzione dipende esclusivamente dall’interpretazione di atti normativi, la cognizione del giudice di legittimità investe direttamente le disposizioni, senza il “filtro” rappresentato dalla motivazione della sentenza impugnata.

6. La interpretazione della L.R. Marche 13 maggio 2004, n. 12, art. 3, accolta nella sentenza impugnata è immune da censure.

7. La norma, rubricata “Accordi con la Provincia”, dispone in tali termini:

“La Regione promuove accordi con la Provincia per l’assunzione delle quote dei mutui relativi alle opere pubbliche di bonifica, per il trasferimento di unità di personale in esubero, nonchè per l’erogazione di un contributo straordinario al nuovo consorzio”.

8. Dal tenore letterale della previsione risulta che alcun obbligo è stato posto a carico della Regione e della Provincia per la ricollocazione del personale; la finalità del riassorbimento del personale indubbiamente costituisce la ratio della disposizione – come evidenziato dalla parte ricorrente – ma tale intento non si è tradotto in una norma precettiva ma in una norma programmatica, subordinata al raggiungimento degli accordi, previa valutazione da parte degli enti interessati del fabbisogno di personale e senza alcuna previsione di deroga ai limiti derivanti dalla programmazione, dalle dotazioni organiche e dai vincoli alle assunzioni.

9. Il dedotto obbligo di assunzione neppure potrebbe derivare dal rilievo che i consorzi di bonifica sono sottoposti al controllo della Regione, ai sensi dell’art. 25 dello Statuto Regionale, poichè il potere di vigilanza della Regione è a tali fini del tutto ininfluente.

10. Con il secondo motivo si denuncia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione della L. n. 12 del 2004 e degli artt. 1175 c.c. e segg., nonchè – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti.

11. Il ricorrente ha impugnato la sentenza per non avere considerato il totale difetto di prova della effettiva promozione di accordi tra la Regione e la Provincia, pur essendo stato dedotto in appello l’inadempimento degli enti all’obbligo di promuovere accordi e, comunque, all’obbligo di correttezza a buona fede.

12. Ha contestato le difese della Regione Marche, secondo le quali ogni pretesa era stata soddisfatta con la fruizione delle provvidenze previste per il collocamento in disponibilità, del trattamento di fine rapporto e del trattamento previdenziale. Ha sul punto osservato di non avere percepito un trattamento di pensione ma solamente una rateizzazione del TFR, avendo tale natura la cd. “pensione consortile”.

13. Il motivo è inammissibile, in quanto non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata.

14. La Corte territoriale ha osservato che sotto il profilo dell’inadempimento all’obbligo di concludere accordi il risarcimento del danno avrebbe richiesto la prova della seria probabilità che all’esito degli eventuali accordi sarebbe stato possibile ricollocare il G..

15. Le deduzioni dell’attuale ricorrente attengono al difetto di prova dell’adempimento (o comunque ripropongono l’assunto dell’esistenza di un obbligo di assunzione, già ritenuto infondato nell’esame del primo motivo) – ma non toccano il profilo, posto a base del rigetto della domanda, della carenza del rapporto di causalità tra l’inadempimento ed il danno.

16. Sotto tale aspetto è parimenti inconferente la allegazione della mancata fruizione di benefici previdenziali per effetto della cessazione del rapporto di lavoro.

17. Il ricorso deve essere conclusivamente respinto.

18. Le spese di causa, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

19. Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi del L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater) della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 200 per spese ed Euro 6.000 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 19 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 maggio 2020

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