Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8439 del 12/04/2011

Cassazione civile sez. III, 12/04/2011, (ud. 03/03/2011, dep. 12/04/2011), n.8439

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

SOCIETA’ EDILABIT – CONSORZIO DI COOPERATIVE EDILIZIE SCARL

(OMISSIS), in persona del liquidatore e legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANAPO 29, presso lo

studio degli Avvocati DI GRAVIO DARIO, GRANZOTTO GUIDO, che la

rappresentano e difendono, giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO DEL CONSORZIO TRA COOPERATIVE PER INTERVENTI REGIONALI

NELL’EDILIZIA IREC, COOPERATIVA EDILTER, FALLIMENTO SOCIETA’ EDILTER

SCARL, FINPREST SRL;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1114/2009 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

23/2/09, depositata il 30/03/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/03/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTA VIVALDI;

e’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IMMACOLATA

ZENO.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1. La Corte d’Appello di Napoli, con sentenza del 30.3.2009, dichiarava estinto il giudizio in materia di opposizione a decreto ingiuntivo per il pagamento del corrispettivo di un contratto di appalto.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Edilabit – Consorzio di Cooperative Edilizie scarl in liquidazione.

Gli intimati non hanno svolto attivita’ difensiva.

Il ricorso e’ inammissibile per mancato rispetto del dettato di cui all’art. 366 bis c.p.c. applicabile nella specie, per essere stata la sentenza impugnata pubblicata anteriormente all’entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69.

Ai ricorsi proposti contro sentenze pubblicate a partire dal 2.3.2006, data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006, si applicano le disposizioni dettate nello stesso decreto al capo 1^.

Secondo l’art. 366-bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del decreto – i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilita’, nel modo descritto e, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360, nn. 1, 2, 3, 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre nel caso previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso, in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea giustificare la decisione.

Segnatamente, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilita’, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, la relativa censura deve contenere, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilita’ (S.U. 1.10.2007 n. 20603; Cass. 18.7.2007 n. 16002). Nel caso in esame la formulazione dei motivi per cui e’ chiesta la cassazione della sentenza non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366 bis c.p.c..

L’unico motivo di ricorso, di violazione di norme di diritto (artt. 300, 303 e 305 c.p.c.) non si conclude – ne contiene -il prescritto quesito di diritto.

Sotto il profilo, poi, del vizio di motivazione – avendo la ricorrente censurato con lo stesso motivo, la sentenza impugnata, anche con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5, il motivo non contiene una specifica parte destinata alla chiara indicazione del fatto controverso ed all’illustrazione delle ragioni che rendono inidonea la motivazione (perche’ insufficiente, contraddittoria od omessa) a giustificare la decisione (S.U. 16.11.2007 n. 23730).

Solo per completezza, deve evidenziarsi che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 17 del 2010 (ribadita dall’ordinanza n. 261 del 2010), ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 305 cod. proc. civ., impugnato, in riferimento agli artt. 3, 24 Cost. e art. 111 Cost., comma 2, nella parte in cui fa decorrere dalla data dell’interruzione del processo per intervenuta dichiarazione di apertura di fallimento L. Fall., ex art. 43, comma 3, e non dalla data di effettiva conoscenza dell’evento interruttivo, il termine per la riassunzione del processo ad opera di parte diversa da quella dichiarata fallita (ovvero diversa dai soggetti che comunque hanno partecipato al procedimento per la dichiarazione di fallimento) Ha, a tal fine, premesso che la dichiarazione di illegittimita’ di una disposizione e’ giustificata dalla constatata impossibilita’ di offrirne un’interpretazione conforme a costituzione; e che, secondo gli orientamenti della giurisprudenza costituzionale in materia di interruzione del processo civile, recepiti dalla giurisprudenza di legittimita’, e’ da tempo acquisito nel vigente sistema di diritto processuale civile il principio per cui nei casi di interruzione automatica del processo il termine per la riassunzione decorre, non gia’ dal giorno in cui l’evento interruttivo e’ accaduto, bensi’ dal giorno in cui esso e’ venuto a conoscenza della parte interessata alla riassunzione medesima.

La norma censurata, pertanto, non viola gli indicati parametri ove sia interpretata nel senso che, anche nell’ipotesi di interruzione automatica del processo per fallimento di parte costituita, fa decorrere il termine per la riassunzione, ad opera della parte interessata, dalla data di effettiva conoscenza dell’evento interruttivo. Aggiungendo che non sono ravvisabili ragioni idonee a giustificare, per la fattispecie in esame, una disciplina giuridica diversa rispetto alle altre ipotesi di interruzione automatica, attesa l’identita’ di ratio e di posizione processuale delle parti interessate che le accomuna. Le S.U. di questa Corte, inoltre, con sentenza del 20.3.2008 n. 7443 (richiamata in motivazione dalla sentenza n. 17 del 2010 al fine di ribadire che la stessa ha soltanto posto in evidenza che, per effetto della modifica della L. Fall., art. 43, la dichiarazione di fallimento determina l’interruzione automatica del processo, senza riferirsi alla decorrenza del termine per la riassunzione), hanno stabilito che l’evento della morte o della perdita della capacita’ processuale della parte costituita che sia dichiarato in udienza o notificato alle altre parti dal procuratore della stessa parte colpita da uno di detti eventi produce, ai sensi dell’art. 300 c.p.c., comma 2, l’effetto automatico dell’interruzione del processo dal momento di tale dichiarazione o notificazione e il conseguente termine per la riassunzione, in tale ipotesi, come previsto in generale dall’art. 305 cod. proc. civ., decorre dal momento in cui interviene la dichiarazione del procuratore o la notificazione dell’evento, ad opera dello stesso, nei confronti delle altre parti, senza che abbia alcuna efficacia, a tal fine, il momento nel quale venga adottato e conosciuto il provvedimento giudiziale dichiarativo dell’intervenuta interruzione (avente natura meramente ricognitiva) pronunziato successivamente, e senza che tale disciplina incida negativamente sul diritto di difesa delle parti”.

La relazione e’ stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti.

Non sono state presentate conclusioni scritte, ne alcuna delle parti e’ stata ascoltata in camera di consiglio.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione.

Conclusivamente, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Nessun provvedimento deve essere adottato in ordine alle spese, non avendo gli intimati svolto attivita’ difensiva.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso. Nulla spese.

Cosi’ deciso in Roma, nella camera di consiglio della terza sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 3 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2011

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA