Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8438 del 05/04/2018

Cassazione civile, sez. VI, 05/04/2018, (ud. 16/01/2018, dep.05/04/2018),  n. 8438

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

pronunciando sulla domanda proposta dal Banco di Sicilia s.p.a., il Tribunale di Siracusa dichiarò l’inefficacia, ex art. 2901 cod. civ., dell’atto con cui i coniugi F.R. e T.F. avevano donato alle figlie F.A. e C. un terreno sito in (OMISSIS);

la Corte di Appello di Catania ha rigettato l’appello con cui F.A. aveva dedotto la nullità del giudizio di primo grado per vizio di costituzione del rapporto processuale (conseguente al fatto che, essendo ella ancora minorenne, l’atto di citazione era stato indirizzato – quali legali rappresentanti – ai suoi genitori che, tuttavia, si trovavano in conflitto di interessi con la figlia);

la F. ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a due motivi;

ha resistito, a mezzo della procuratrice speciale Cerved Credit Management s.p.a., la Island Refinancing s.r.l. (già succeduta nella posizione processuale del Banco di Sicilia), la quale ha proposto ricorso incidentale e ricorso incidentale condizionato;

i ricorsi sono stati rimessi all’adunanza camerale, ex art. 380 bis c.p.c., con proposta di manifesta infondatezza del ricorso principale e di inammissibilità di quello incidentale;

entrambe le parti hanno depositato memoria.

Considerato che:

il primo motivo del ricorso principale denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 320 c.c., u.c., artt. 78 e 102 c.p.c., artt. 24 e 111 Cost., e censura la Corte per non aver considerato la sussistenza di un conflitto di interessi fra la ricorrente e i genitori;

il motivo è infondato, alla luce del principio espresso da Cass. n. 1721/2016 (secondo cui la verifica del conflitto di interessi tra chi è incapace di stare in giudizio personalmente ed il suo rappresentante legale va operata in concreto e non in astratto ed “ex ante”, ponendosi una diversa soluzione in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo”), al quale il Collegio intende dare continuità e che, pur enunciato in riferimento all’ipotesi in cui il legale rappresentante si sia costituito in giudizio anche in nome e per conto del rappresentato, risulta ovviamente applicabile anche all’ipotesi in cui il legale rappresentante si sia limitato a ricevere la notifica (e non abbia ritenuto di costituirsi in nome e per conto del rappresentato);

è pur vero che Cass. n. 1294/1975 ebbe a ritenere sussistente il conflitto di interessi in un’ipotesi in cui il curatore del fallimento dei genitori aveva proposto azione revocatoria nei confronti dei figli minori, in relazione ad una donazione fatta a questi ultimi dai falliti, e che analogo principio venne espresso da Cass. n. 1586/1990 (anch’essa relativa ad un’ipotesi di azione revocatoria promossa dal curatore del fallimento dei genitori), individuando la ragione del conflitto di interessi fra genitore fallito e minore nel “vantaggio che deriverebbe al primo dall’accoglimento della domanda, con un incremento dell’attivo fallimentare”;

tale indirizzo – espresso in relazione alla peculiare ipotesi del fallimento del genitore – è stato tuttavia superato da successivi arresti di legittimità, che hanno evidenziato che “il conflitto d’interessi tra padre e figlio minore che legittima la nomina di un curatore speciale sussiste soltanto quando i due soggetti si trovino o possano in seguito trovarsi in posizione di contrasto, nel senso che l’interesse proprio del rappresentante, rispetto all’atto da compiere, mal si concili con quello del rappresentato”, cosicchè “il conflitto in questione non si configura quando, pur avendo tali soggetti un interesse proprio e distinto al compimento dell’atto, questo corrisponda al vantaggio comune di entrambi, per cui i due interessi, secondo l’apprezzamento del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità se congruamente motivato, siano tra loro concorrenti e compatibili” (Cass. n. 5591/1981; conforme Cass. n. 599/1982).

tale principio è stato ribadito e sviluppato dalla citata Cass. n. 1721/2016 che, affermando la necessità di un accertamento in concreto sulla sussistenza del conflitto, ha superato i precedenti che avevano ritenuto rilevante una incompatibilità di interessi “anche solo potenziale, a prescindere dalla sua effettività”, postulando la necessità di una verifica “in astratto ed “ex ante” secondo l’oggettiva consistenza della materia del contendere dedotta in giudizio, anzichè in concreto e “a posteriori” alla stregua degli atteggiamenti assunti dalle parti nella causa” (Cass. n. 13507/2002; conforme a Cass. n. 10822/2001);

in linea con tali principi, la sentenza impugnata ha rilevato come nello specifico e alla luce dell’atteggiamento processuale concretamente assunto dai genitori, non fossero ravvisabili situazioni di conflitto, a fronte di un interesse del tutto convergente fra i medesimi genitori e la figlia; peraltro, non può sottacersi che un conflitto non si sarebbe profilato sussistente neppure secondo una valutazione ex ante, giacchè, a fronte dell’azione revocatoria proposta dall’istituto bancario, l’interesse dei genitori e quello della figlia risultavano coincidenti nel fine di sottrarre l’atto di donazione alla revocatoria;

nè può ritenersi che la mera possibilità che la nomina di un curatore speciale consentisse alla minore di svolgere difese o eccezioni ulteriori rispetto a quelle sviluppate dai genitori valga a concretizzare, di per sè, una situazione di conflitto di interessi;

il secondo motivo (che deduce, “in subordine”, l’omesso esame circa un fatto decisivo) è inammissibile poichè non evidenzia fatti (principali o secondari) decisivi di cui sia stato omesso l’esame, ma si limita a reiterare considerazioni funzionali all’affermazione della ricorrenza del conflitto di interessi negato dalla Corte;

il “ricorso incidentale” dell’Island Refinancing è inammissibile in quanto formulato in modo estremamente generico e proposto come reiterazione di un motivo di appello incidentale condizionato che, come tale, non è stato esaminato dalla Corte a seguito del rigetto dell’appello principale e non può “rivivere” per il solo fatto che la sentenza sia stata impugnata per cassazione;

il “ricorso incidentale condizionato” – enunciato in modo assolutamente generico – risulta assorbito;

la reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese di lite;

in relazione ad ambedue i ricorsi, proposti successivamente al 30.1.2013, sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale, compensando le spese di lite.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e di quella incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per i rispettivi ricorsi, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2018.

Depositato in Cancelleria il 5 aprile 2018

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