Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8436 del 30/04/2020

Cassazione civile sez. un., 30/04/2020, (ud. 05/11/2019, dep. 30/04/2020), n.8436

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente di Sez. –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente di Sez. –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21702/2018 proposto da:

ASSOCIAZIONE AGRICOLTORI MEDIO TAGLIAMENTO, C.T.G.,

B.G.D., M.L., M.F.,

D.Z.G., I.G.B., CO.CL.AR., BO.DO.,

M.G., S.S., BI.MI., CE.MA.,

MA.LE., c.a., D.Z.R., MI.IS.,

B.E., D.S.M., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

PAOLO EMILIO 32, presso lo studio dell’avvocato MARCO FEROCI, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANDREA PAVANINI;

– ricorrenti –

MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE, in

persona del Ministro pro tempore, PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI

MINISTRI, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri pro

tempore, AUTORITA’ DI BACINO DEI FIUMI ISONZO, TAGLIAMENTO, PIAVE,

BRENTA-BACCHIGLIONE, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

contro

ASSOCIAZIONE AGRICOLTORI MEDIO TAGLIAMENTO, C.T.G.,

B.G.D., M.L., M.F.,

D.Z.G., I.G.B., CO.CL.AR., BO.DO.,

M.G., S.S., BI.MI., CE.MA.,

MA.LE., c.a., D.Z.R., MI.IS.,

B.E., D.S.M., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

PAOLO EMILIO 32, presso lo studio dell’avvocato MARCO FEROCI, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANDREA PAVANINI;

– controricorrenti all’incidentale –

e contro

REGIONE AUTONOMA FRIULI VENEZIA GIULIA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 7/2018 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE

PUBBLICHE, depositata il 09/01/2018.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/11/2019 dal Consigliere Dott. MARIA ACIERNO;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale ed incidentale;

uditi gli avvocati Andrea Pavanini ed Antonello Brunetti per

l’Avvocatura Generale dello Stato.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. I ricorrenti, in qualità di proprietari di terreni o conduttori di aziende agricole nei comuni di Pinziano al Tagliamento, Spilimbergo e Maniago, hanno richiesto l’annullamento del “Piano assetto idrogeologico dei quattro bacini” (d’ora in avanti P.A.I.) relativo ai fiumi (OMISSIS), approvato con D.P.C.M. 20 novembre 2013 e pubblicato in G.U. il 28/4/2014, per essere stata adottata una metodologia errata per classificare i terreni oggetto del Piano.

1.1. In particolare hanno censurato: l’inosservanza dei termini perentori indicati dalla legge per l’adozione e l’approvazione del Piano e la conseguente carenza di potere e difetto di legittimazione nell’esercizio della funzione di pianificazione espressa con strumento invalido; il mancato rispetto dei criteri indicati nel D.P.C.M. relativi alla perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico e nella programmazione della mitigazione del rischio; la creazione illegittima di nuove classificazioni quali l’area fluviale e la zona ad attenzione idraulica; l’invalidità derivata del P.A.I. dovuto alla nullità del Piano stralcio dichiarata da precedente sentenza del T.S.A.P. passata in giudicato; l’inosservanza delle norme a tutela della partecipazione dei privati al procedimento; l’illegittimità del DPCM, ove se ne fissasse la vigenza dal giorno successivo alla Delibera di adozione del Piano invece che dalla pubblicazione in G.U..

2. Il T.S.A.P. ha rigettato il ricorso sulla base delle seguenti considerazioni: a) in relazione alla funzione pianificatoria, è stato affermato che il D.P.C.M. 29 settembre 1998, ha previsto l’utilizzo dei principi comunitari di “precauzione, prevenzione e prevedibilità” che consentono l’adozione di misure cautelative di tutela anticipata nell’ipotesi in cui le conoscenze tecnico scientifiche non siano suscettibili di fornire risposte univoche così da comprendere non solo la probabilità del pericolo ma anche la sua possibilità. Ne consegue la legittimità dell’esercizio della funzione pianificatoria del provvedimento; b) sul difetto di legittimazione per la mancata individuazione delle classi di rischio in relazione alle aree classificate a pericolosità idraulica e specularmente per la identificazione, nel piano, di autonome zone di pericolosità come le “aree fluviali”, è stata esclusa la violazione del D.P.C.M. del 1998 il quale mutua i contenuti applicativi dal D.L. n. 180 del 1998 e dunque ha la finalità d’individuare e perimetrare le aree a rischio o maggiormente vulnerabili per i più gravi pericoli alle persone secondo criteri e classificazioni suscettibili di revisione e perfezionamento sia dal punto di vista delle metodologie d’individuazione e perimetrazione che della individuazione delle aree collocate nella categoria di prioritaria urgenza e delle altre. Il Piano ha adottato una più incisiva lettura della vulnerabilità del territorio sulla base del riconoscimento e della classificazione degli elementi di rischio e non attraverso la ritenuta insufficiente perimetrazione, in modo da indicare per ciascuna area il livello di pericolosità legato all’effettiva probabilità del verificarsi di un evento idraulico o geologico straordinario anche in relazione al grado d’intensità di popolamento. Il P.A.I. ha legato la previsione del rischio non al regime vincolistico ma alla priorità ed alla possibilità degli interventi di tutela; c) sulla illegittima creazione di nuove classificazioni, è stato affermato che le “aree fluviali” devono essere considerate luoghi liberamente inondabili a salvaguardia delle aree esterne e delle zone di attenzione individuate come aree in attesa di classificazione. L’inclusione in esse delle “piarde insommergibili” (dove l’acqua non scorre) è il frutto di scelte discrezionali dell’Amministrazione che risultano ampiamente motivate con riferimento alle specificità geologiche e morfologiche dell’alveo del fiume (OMISSIS), caratterizzato dal fenomeno del “fondo mobile” e dalla formazione dei tipici “canali intrecciati” con conseguente necessità di salvaguardare la divagazione laterale del fiume a causa degli effetti di moltiplicatore di pericolosità connessi alle richiamate piarde.

2.1 Inoltre, il provvedimento è legittimo nella parte in cui con criteri che non risultano illogici individua ulteriori classificazioni territoriali al fine della mitigazione del rischio e della riduzione della pericolosità idraulica.

2.2 Non è infine fondata la censura relativa alla violazione del giudicato esterno costituito dalla sentenza del T.S.A.P. n. 112 del 2008 dal momento che la sentenza in questione si è limitata ad annullare non tutto il Progetto di Piano Stralcio per la Sicurezza Idraulica del fiume (OMISSIS) (d’ora in avanti P.S.S.I.T.) ma solo le misure di salvaguardia delle casse di espansione senza incidere sulla generale validità dello strumento di pianificazione che ha costituito il presupposto del P.A.I..

2.3 La Regione, infine, non ha l’obbligo di valutare nell’ambito delle conferenze programmatiche le osservazioni dei privati. Le norme partecipative non sono applicabili al P.A.I. che costituisce uno stralcio del Piano di bacino.

3. Avverso questa pronuncia hanno proposto ricorso per cassazione l’Associazione Agricoltori Medio Tagliamento ed i vari associati indicati in epigrafe, affidato ad undici motivi, accompagnati da memoria. Hanno resistito con unico controricorso e ricorso incidentale, affidato a due motivi, accompagnato da memoria, l’Autorità di Bacino dei fiumi (OMISSIS), la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Ambiente. E’ rimasta intimata la Regione Friuli Venezia Giulia. Le parti contro ricorrenti hanno formulato istanza di trattazione congiunta del presente ricorso con quelli recanti il n. 36738 del 2018 e 483 del 2019.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4. Preliminarmente si deve disattendere l’istanza di trattazione congiunta dei ricorsi formulata dalle parti contro ricorrenti, in quanto non coincidenti nè in relazione al petitum, nel ricorso n. 36738 del 2018 di natura risarcitoria e nell’altro relativo ad un altro strumento di pianificazione.

5. Nel primo motivo di ricorso viene dedotta la violazione della L. n. 183 del 1989, art. 17; D.L. n. 279 del 2000, art. 1 bis e D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 170, oltre al vizio di omessa motivazione sulle specifiche censure formulate davanti al T.S.A.P. ed aventi ad oggetto il mancato rispetto dei termini perentori stabiliti dalla legge per il progetto di Piano stralcio e per l’adozione di esso. Da tale inosservanza è conseguito il difetto di legittimazione e di competenza pianificatoria dell’Autorità di bacino nell’esercizio della funzione pianificatoria attuata.

5.1 Nel secondo motivo la censura è prospettata sotto il profilo dell’omesso vaglio del fatto denunciato (l’inosservanza dei termini perentori imposti ex lege, da ritenersi fondanti la potestà pianificatoria esercitata.

5.2. I due motivi sono inammissibili. La pronuncia del T.S.A.P. ha radicalmente omesso di decidere sull’autonomo motivo di ricorso specificamente illustrato a pag. 3, nella parte espositiva del provvedimento impugnato, (denominata “Fatto”). La censura, prospettata, coerentemente con il criterio dell’ordine logico delle questioni, come prima, ha effettivamente carattere pregiudiziale ed assorbente rispetto alle altre, dal momento che contesta in radice la competenza pianificatoria dell’Autorità di bacino, ove esercitata fuori dei termini di legge. Essa, di conseguenza, pur se articolata nei primi due motivi di ricorso o come omessa motivazione ed omesso esame di un fatto decisivo (coincidente, tuttavia, nell’annessa decisione sull’inosservanza dei termini di legge) o come violazione delle norme che prevedono le scansioni temporali ritenute eluse, non può che essere qualificata come vizio di omessa pronuncia (Cass. 16170 del 2018) su un profilo di illegittimità del tutto autonomo dagli altri, sul quale doveva assumersi autonoma statuizione.

5.3 Deve rilevarsi, tuttavia, che le S.U. di questa Corte con la recente pronuncia n. 488 del 2019 hanno affermato che: “avverso l’omessa pronuncia del Tribunale superiore delle acque pubbliche il rimedio esperibile non è il ricorso per cassazione, bensì lo specifico rimedio del ricorso per rettificazione al medesimo Tribunale superiore, come disposto dal R.D. n. 1775 del 1933, art. 204 (T.U. delle acque), recante un rinvio recettizio ai casi previsti dall’art. 517 codice di rito del 1865 ovvero alle seguenti ipotesi: se la sentenza “abbia pronunciato su cosa non domandata”, “se abbia aggiudicato più di quello che era domandato”, “se abbia omesso di pronunciare sopra alcuno dei capi della domanda” e “se contenga disposizioni contraddittorie”. Nel caso di specie, non può ritenersi sufficiente la diversa prospettazione dei vizi secondo il paradigma di cui all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. In relazione alla denunciata violazione di legge, non vi è stata da parte del T.S.A.P. la non applicazione (illegittima) delle norme relative ai termini perentori, neanche in forma implicita, dal momento che nella decisione non viene proprio affrontata la correlazione posta dal ricorrente davanti ad esso tra mancato rispetto dei termini e carenza di potere. Per quanto riguarda il vizio di motivazione la conclusione è identica. L’autonoma causa d’illegittimità non è stata esaminata nè in modo esplicito nè implicito perchè la pronuncia si è occupata esclusivamente degli altri profili d’illegittimità pianificatoria del Piano di Bacino, denunciati dai ricorrenti, incentrati sulla perimetrazione imposta dallo strumento adottato.

5.4 I primi due motivi sono, in conclusione, inammissibili.

6. Nel terzo motivo viene dedotto il vizio di violazione legge e di motivazione apparente in relazione agli artt. 24 e 111 Cost., per essere stata eseguita la perimetrazione delle aree dei ricorrenti quali aree fluviali senza il necessario supporto normativo e tecnico scientifico. La classificazione adottata è stata creata ex novo arbitrariamente in violazione delle regole dettate dal D.P.C.M. oltre a fondarsi su un criterio morfodinamico non previsto dal decreto. In particolare non è stato indicato nel Piano perchè si è ritenuto di utilizzare previsioni più restrittive in applicazione dei principi comunitari di precauzione, prevenzione e proporzionalità invece di attenersi a quelli del decreto. Il Piano avrebbe dovuto chiarire perchè si ravvisava l’ipotesi della “dubbia determinazione dei livelli di probabilità delle situazioni di pericolo” ovvero della condizione che avrebbe giustificato l’adozione dei criteri di precauzione, prevenzione e proporzionalità e, conseguentemente, la perimetrazione adottata.

6.1 La censura, è stata sviluppata anche nella memoria illustrativa. Il D.P.C.M. contiene espressamente il richiamo ai principi posti a base della perimetrazione adottata, come rilevato anche nel motivo. Nella sentenza impugnata si pone, correttamente, in evidenza che nel testo normativo è espressamente previsto che “i criteri e le classificazioni preesistenti possono essere suscettibili di revisione e perfezionamento non solo dal punto di vista delle metodologie d’individuazione e perimetrazione ma anche conseguentemente nella stessa scelta sia delle aree collocate nella categoria di prioritaria urgenza, sia delle altre”. Questa precisazione esclude la fondatezza del vizio di violazione di legge, formulato in relazione all’illegittimo discostarsi del piano dal proprio paradigma normativo di riferimento. Come adeguatamente argomentato nella sentenza impugnata, il P.A.I., all’interno delle finalità ed entro le prescrizioni del D.P.C.M. ha mutato in senso più rigoroso, la classificazione delle aree, coerentemente con la flessibilità ivi prevista e in ossequio ai principi sopra illustrati, di derivazione Eurounitaria. Il vizio dedotto non si ravvisa neanche in relazione alla dedotta mancata specificazione, nel P.A.I. delle ragioni poste a base delle modifiche classificatorie attuate, non essendo precisato secondo le parti ricorrenti in cosa potesse consistere il dubbio sulla pericolosità delle aree, classificate come fluviali. Al riguardo, come precisato nella sentenza impugnata, anche alla luce della relazione tecnica allegata al Piano, il rispetto del parametro previsto dal D.P.C.M. per discostarsi dalle classificazioni preesistenti, è stato dettato dalla necessità di adeguarsi ai nuovi criteri e standards scientifici relativi alla sicurezza delle aree aventi le caratteristiche di quelle in oggetto, alla luce dei quali sono state evidentemente innalzate le soglie di pericolosità non oltrepassabile mediante l’utilizzazione di criteri quali l’effettiva probabilità del verificarsi di un evento idrogeologico anche in relazione al rischio connesso all’antropizzazione dell’area. E’ stato applicato, nel Piano, secondo una valutazione non censurabile, perchè fondata esclusivamente sul merito tecnico delle scelte, un criterio di classificazione delle aree fondato sul principio Eurounitario di precauzione proprio perchè ritenuto idoneo a dare “risposte univoche” (come richiesto dal D.P.C.M.) in termini di sicurezza in relazione “ai livelli di probabilità delle situazioni di pericolo”. In conclusione, come affermato anche nella sentenza impugnata, la classificazione per aree fluviali non è stata adottata in violazione del potere pianificatorio attribuito nel D.P.C.M., secondo il quale potevano essere seguiti gli standards tecnico scientifici di sicurezza più affidabili, all’attualità. L’altro profilo affrontato nella memoria e illustrato nella discussione orale, attinente al difetto d’istruttoria in ordine alle caratteristiche delle aree, è inammissibile, mirando esclusivamente a prospettare, nel merito, una diversa metodologia e differenti criteri volti alla definizione delle perimetrazione e dei livelli di pericolo delle aree stesse.

7. Nel quarto motivo viene dedotta la violazione della L. n. 183 del 1989, art. 17, comma 2 (in relazione al D.P.C.M.); la violazione L. n. 183 del 1989 e del D.Lgs. n. 52 del 2006, art. 170, perchè il T.S.A.P. avrebbe introdotto il principio di precauzione per giustificare la nuova classificazione per aree fluviale senza che esso sia rinvenibile nel P.A.I., dal momento che in esso la classificazione viene effettuata senza indicare i criteri scientifici e giuridici che la sostengono.

7.1 La censura deve essere disattesa sia perchè in parte ripetitiva di quella che la precede, in relazione alla contestazione del merito tecnico scientifico dei criteri classificatori posti a base del P.A.I., sia perchè, come già rilevato, i principi di precauzione e proporzionalità erano contenuti nel D.P.C.M. ed hanno ispirato la classificazione per aree fluviali in ossequio a standards tecnici di più elevata sicurezza ambientale, illustrati, come incensurabilmente riferito nella sentenza impugnata, nella relazione tecnica. Ne consegue che la classificazione del P.A.I. non risulta sfornita di giustificazione scientifica ma, al contrario, costituisce legittimo esercizio della discrezionalità tecnica all’interno delle finalità di tutela ambientale indicate nel D.P.C.M.. Infine, deve rilevarsi che i parametri legislativi violati indicati nel motivo fondato sul vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, non vengono sviluppati nella censura che s’incentra prevalentemente su inammissibili profili di merito, e sulla generica invocazione di criteri di classificazione alternativa a quelli contenuti nel P.A.I. o sulla valutazione, altrettanto priva di specificità, d’inattendibilità scientifica dei fondamenti della classificazione adottata.

8. Nel quinto motivo viene dedotta la violazione di legge (artT. 24 e 111 Cost., art. 132 c.p.c.); la violazione e falsa applicazione del principio di precauzione e l’omessa valutazione di un fatto decisivo oltre che il vizio di motivazione apparente. Si lamenta in particolare l’omessa osservanza del principio di proporzionalità e di gradualità in relazione all’individuazione delle aree fluviali che si compongono di compendi territoriali molto diversi tra di loro sulla base di un’inesatta valutazione dei luoghi e senza tener conto del corso dei fiumi nei secoli, così da creare un blocco rigido ed indiscriminato che ha determinato un’illegittima compressione dei diritti dei proprietari od utilizzatori delle aree.

8.1 La censura è inammissibile perchè, al di là dell’inesatta rubricazione formale, ha ad oggetto la contestazione dei criteri di classificazione adottati ed in particolare, dell’ampiezza della classificazione delle aree fluviali. La rilevata sproporzione del sacrificio imposto deriva, a sua volta, dalla contestazione dell’applicabilità del principio di precauzione e delle sue ricadute in termini di valutazione di pericolosità e di rischio che, come già rilevato nell’esame dei motivi precedenti, trovano giustificazione nella cornice legislativa unionale, nazionale e sono stati recepiti, attraverso la previsione di criteri flessibili derivanti dalla non univocità dei giudizi prognostici sulla pericolosità delle aree in questione, nel D.P.C.M.. Peraltro, deve osservarsi che nella sentenza impugnata viene data adeguata motivazione alla dedotta ampiezza del criterio precauzionale in relazione ai rischi per la popolazione e mediante il richiamo alle vulnerabilità illustrate nella relazione tecnica, non contestata nè oggetto di specifica censura da parte dei ricorrenti. Anche questa censura attiene al merito dal momento che prospetta una connotazione contenutistica del principio di precauzione non perfettamente coerente con quella posta a base della sentenza impugnata come attribuibile al PAI.

9. Nel sesto motivo viene dedotto il vizio di motivazione apparente ed omesso esame di un fatto decisivo in relazione all’inesistenza della carta degli insediamenti e delle attività antropiche nonchè della carta del danno e delle carte del rischio. Si rileva in particolare che nel P.A.I. la classificazione delle aree si fonda sull’avvenuta verifica dell’effettiva pericolosità e probabilità del verificarsi di un evento idraulico o geologico straordinario anche in relazione al grado di antropizzazione. Non risulta tuttavia dimostrata l’avvenuta esecuzione della verifica sopra indicata nè sono evidenziati i livelli di pericolosità perchè manca l’accertamento dello stato dei luoghi e del rischio idraulico effettivo in relazione agli insediamenti di popolazione, espressamente prevista dal D.P.C.M. 29 settembre 1998. Nelle aree fluviali sono inseriti terreni distanti chilometri dall’alveo aventi caratteristiche idrauliche ed insediative molto diverse. I fatti posti a base della valutazione eseguita ai fini della classificazione sono dati per esistenti ma senza alcuna giustificazione. E’ venuto, pertanto, proprio a mancare l’accertamento del fatto decisivo costituito dalle caratteristiche effettive delle aree.

9.1 Anche questa censura non supera il vaglio di ammissibilità. In primo luogo si deve cogliere un difetto di specificità, perchè nel motivo non viene dedotto quali siano le caratteristiche oggettive dei luoghi che non sono state poste a base della valutazione di effettività dei rischi idraulici e geologici che il P.A.I. si prefigge di scongiurare con la classificazione per aree fluviali. Il T.S.A.P. fonda la legittimità dei criteri di classificazione adottati nel piano su un accertamento di fatto, eseguito sulla base della relazione tecnica illustrativa del Piano che, come già rilevato, non risulta oggetto di specifica censura nè viene indicato con sufficiente grado di specificità quali fossero le alternative caratteristiche dei luoghi con riferimento ai fattori di rischio evidenziati nel piano in correlazione con il grado di popolosità delle aree classificate. Il fatto decisivo che si ritiene omesso in conclusione è genericamente allegato mentre la motivazione della sentenza impugnata, ancorchè sintetica, sulla corretta applicazione dei criteri di pericolosità (correlati ai principi di precauzione e proporzionalità adottati nel piano) ai fini della classificazione delle aree non è affatto apparente ma strettamente conseguente all’esame del P.A.I. e delle fonti normative che ne sostengono la legittimità.

10. Nel settimo motivo viene dedotta la palese contraddittorietà della sentenza impugnata in relazione all’utilizzo nel P.A.I. del criterio possibilistico piuttosto che probabilistico. Nella censura viene sottolineata la natura assertiva della sentenza impugnata.

10.1. Il motivo è manifestamente infondato in relazione alla censura di radicale contraddittorietà della motivazione dal momento che nella sentenza impugnata viene data adeguata giustificazione, come già rilevato nell’esame degli altri motivi, della legittimità della classificazione delle aree fluviali, e del fondamento normativo dell’adottato criterio di precauzione. La possibilità costituisce il limite applicativo del principio di precauzione. La probabilità è invece riferita alla natura delle aree, alla loro conformazione idrogeologica in relazione alla prognosi dell’effettivo verificarsi di un evento. La censura è invece inammissibile laddove viene genericamente qualificata come assertiva la giustificazione argomentativa della stessa. Per questa parte risulta anche priva di autonomia, riferendosi ad argomentazioni già svolte negli altri motivi.

11. Nell’ottavo motivo viene dedotta l’inesistenza della motivazione in relazione alla classificazione e perimetrazione delle aree fluviali. Si censura al riguardo che la motivazione risulta meramente assertiva, in quanto non è stata valutata la mancanza della carta degli insediamenti, del danno, del rischio e non è stato giustificato l’utilizzo di un criterio morfodinamico in contrasto con le evidenze scientifiche; come indicato nella consulenza di parte depositata davanti al T.S.A.P.. Il metodo utilizzato ha qualificato di altissimo rischio aree che non ne hanno i requisiti, sulla base di considerazioni prive di substrato scientifico.

11.1 La censura è inammissibile sia perchè largamente ripetitiva di quelle che la precedono sia perchè risulta generica in relazione al contrasto con le evidenze scientifiche e strettamente attinente al merito nella valutazione alternativa dei rischi. Risulta assertiva la dedotta necessità di una carta di insediamenti, del danno, del rischio e del criterio della perimetrazione invece che la classificazione delle aree fluviali, rispetto alla quale nella pronuncia, come rilevato nella stessa censura c’è una descrizione del metodo adottato (lo si definisce morfodinamico) e una giustificazione finalistica. La sentenza impugnata spiega adeguatamente che il Piano è uno strumento tecnico conoscitivo progettuale e di pianificazione. Non si fonda su vincoli normativi ma sulle emergenze scientifiche ed, in particolare sul principio di precauzione unionale.

12. Nel nono motivo viene dedotto il vizio di violazione di legge e di motivazione apparente in relazione alla condizione delle “piarde insommergibili”. La parte ricorrente afferma che esse debbano essere escluse dalle aree fluviali non essendo giustificata nel P.A.I. la inclusione in esse. Si tratta di aree coltivate, fin dalla pianificazione degli anni ‘20 destinate a conservare tale caratteristica e a scongiurarne l’erosione anche attraverso strutture di supporto (i cd. pennelli). Secondo la parte controricorrente le piarde insommergibili sono opere idrauliche di contenimento di inondazioni, straripamenti etc. secondo il R.D. n. 523 del 1904, che avrebbero dovuto essere eseguite ed implementate dai Consorzi idraulici ed appartenere al demanio idrico. Esse tuttavia non sono mai state effettivamente realizzate cosicchè i terreni su cui dovrebbero insistere sono a quota altimetrica inferiore a quella del fondo dell’alveo di magra del (OMISSIS) e sono poste ai confini dei terreni dei ricorrenti. Per questa ragione esse sono all’interno delle aree fluviali contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti. Il confronto, strettamente valutativo sulla natura delle “piarde” pone in luce l’inammissibilità della censura che ha ad oggetto la valutazione della natura e della funzione delle “piarde insommergibili”, fondata sulle caratteristiche originarie di esse, alternativa a quella, strettamente attinente al merito tecnico delle scelte dell’autorità amministrativa, contenuta nel P.A.I., in conseguenza della legittima adozione del principio di precauzione, come sinteticamente ma chiaramente espresso nella sentenza del T.S.A.P.. Chiarisce la sentenza che l’inclusione delle “piarde sommergibili” nelle aree fluviali deriva non da una qualificazione astratta ma dalle caratteristiche geologiche e morfologiche dell’alveo del fiume (OMISSIS), caratterizzato dal “fondo mobile” e dalla formazione dei “canali intrecciati” che ne impone la salvaguardia della divagazione laterale del fiume a causa dell’effetto moltiplicativo della pericolosità di esso connesso proprio alle “piarde” (pag. 6 sentenza impugnata).

13. Nel decimo motivo viene dedotta la violazione del giudicato esterno costituito dalla sentenza n. 112 del 2008 del T.S.A.P. con la quale è stato annullato il Piano stralcio del fiume (OMISSIS) nonchè delle misure di salvaguardia per difetto d’istruttoria in relazione allo stato dei luoghi. Il T.S.A.P. ha operato un’interpretazione illegittimamente riduttiva del giudicato esterno che invece aveva ad oggetto tutto il P.S.S.I.T., legittimamente impugnabile in modo autonomo, di cui le misure di salvaguardia costituivano parte integrante. In particolare sono state accolte le censure relative alla proporzionalità e ragionevolezza dei vincoli imposti non essendo lo stato dei luoghi esattamente rappresentato, in relazione alle individuazione delle “pertinenze idrauliche,” che esse non riguardano aree demaniali. Ne consegue che i vincoli in oggetto devono essere conformati in modo da contemperare le esigenze della proprietà privata con le esigenze della messa in sicurezza del territorio. Viene inoltre rilevato che lo stesso T.S.A.P. con sentenza n. 125 del 2012 ha annullato gli atti della regione Friuli Venezia Giulia di approvazione del Progetto preliminare per la realizzazione delle opere per la laminazione delle piene del medio corso del fiume (OMISSIS), previste dal P.S.S.I.T. L’annullamento, in conclusione, ha riguardato l’intero P.S.S.I.T. I ricorrenti nel giudizio su quest’ultimo piano sono gli stessi del presente giudizio ed anche le proprietà soggette ad illegittima classificazione sono le medesime. Il difetto d’istruttoria accertato ha effetti a cascata sulla perimetrazione effettuata dal P.A.I..

13.1. La parte controricorrente ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del motivo per difetto di autosufficienza nella formulazione della censura. L’eccezione è fondata dal momento che dalle parti selezionate nel ricorso, relative alla sentenza n. 112 del 2008 non risulta desumibile l’oggetto dell’annullamento -identificato nelle misure di salvaguardia contenute nel P.S.S.I.T potenzialmente conformative e vincolanti le aree di proprietà dei ricorrenti, ed il P.A.I. successivamente adottato. Viene allegato il difetto d’istruttoria sullo stato dei luoghi senza tuttavia censurare efficacemente la ratio decidendi della sentenza impugnata in ordine all’interpretazione del predetto giudicato esterno che si fonda sulla natura soltanto parziale dell’annullamento perchè limitato alle misure di salvaguardia preordinate alle casse di espansione. Al riguardo non viene chiarito mediante l’esame diretto del testo della pronuncia di cui s’invoca il giudicato esterno, quale sia il contenuto complessivo del P.S.S.I.T. e alla diretta inferenza causale della statuizione del difetto d’istruttoria sulle determinazioni del P.A.I.. Tale carenza del requisito di specificità non può essere integrato con le deduzioni difensive che tendono ad identificare le questioni affrontate nell’uno e nell’altro giudizio a fronte della diversità degli atti di progettazione e pianificazione e dell’oggetto delle statuizioni, l’una diretta alle misure di salvaguardia relative alle casse di espansione e l’altra alla contestazione del criterio di classificazione delle aree fluviali e dei parametri di pericolosità posti a base di esse. Non c’è alcun riscontro dal testo riprodotto della sentenza n. 112 del 2008 che i due atti siano in sequenza procedimentale diretta. Il P.A.I. secondo quanto affermato nel controricorso, e non oggetto di specifica contestazione, tiene conto e si adegua al giudicato per la parte che ne costituisce un’evoluzione.

In relazione all’inammissibilità per difetto di specificità si richiama il costante orientamento di questa Corte così massimato:

L’interpretazione del giudicato esterno può essere effettuata anche direttamente dalla Corte di Cassazione con cognizione piena, nei limiti, però, in cui il giudicato sia riprodotto nel ricorso per cassazione, in forza del principio di autosufficienza di questo mezzo di impugnazione, con la conseguenza che, qualora l’interpretazione che abbia dato il giudice di merito sia ritenuta scorretta, il ricorso deve riportare il testo del giudicato che si assume erroneamente interpretato, con richiamo congiunto della motivazione e del dispositivo, atteso che il solo dispositivo non può essere sufficiente alla comprensione del comando giudiziale.(Cass. 5058 del 2018; cfr. anche 15737 del 2017 e 13988 del 2018).

14. Nell’undicesimo motivo viene dedotta la violazione della L. n. 183 del 1989, art. 17, comma 6 ter; L. n. 183 del 1989, art. 18; D.Lgs. n. 152 del 2006, artt. 66 e 68; L. n. 241 del 1990, artt. 9 e 10; L. n. 365 del 2000, art. 1 bis, per non essere stata garantita la partecipazione attiva di tutti i soggetti interessati al procedimento che ha portato all’adozione del P.A.I. e per non aver tenuto conto e dato atto delle osservazioni dei privati.

14.1 La censura è inammissibile. In relazione all’omessa partecipazione al procedimento l’inammissibilità deriva dal difetto di specificità dal momento che l’incontestata formulazione di osservazione evidenzia la partecipazione ad esso. Doveva di conseguenza essere specificata con riferimento al P.A.I., la carenza di partecipazione alla fase istruttoria dei ricorrenti, salva la verifica dell’esistenza dell’obbligo partecipazione, le sue modalità procedimentali etc. Al riguardo a pag. 22 del controricorso viene riferito che le parti ricorrenti sono stati invitate alle conferenze programmatiche ed hanno partecipato a quelle di consultazione finalizzate all’adozione del P.A.I. e la circostanza è confermata a pag. 43 del ricorso. Per quanto riguarda l’omessa valutazione delle osservazioni, la censura deve ritenersi ugualmente inammissibile non essendo neanche dedotto il contenuto specifico delle osservazioni stesse così da escludere prima ancora della fondatezza, la possibilità di un accertamento puntuale.

15. Nel primo motivo di ricorso incidentale viene dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti ovvero l’approvazione del Piano di gestione del Rischio di Alluvioni con il quale si conferma la qualificazione delle aree fluviali operata dal P.A.I. e la conseguente improcedibilità del ricorso per difetto d’interesse.

15.1 La censura deve essere rigettata alla luce dell’orientamento delle S.U., cui si presta piena condivisione, contenuta nella pronuncia n. 22658 del 2006 così massimata: Nei ricorsi proposti al Tribunale superiore delle acque pubbliche del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, ex art. 143, in sede di cognizione diretta avverso gli atti dei Comitati istituzionali delle Autorità di bacino che abbiano deliberato misure di salvaguardia, sul presupposto degli adottati piani di bacino, comportanti vincoli e divieti, imposti su aree di proprietà privata, l’interesse processuale ad una decisione sul ricorso non viene meno per effetto dell’approvazione del piano stesso, la quale conclude il procedimento e conferma atti e vincoli impugnati.

Solo quando, con l’approvazione, si siano modificati i vincoli adottati con il piano presupposto e con le misure ad esso accessorie di salvaguardia, viene meno l’interesse del ricorrente ad una pronuncia che incida su atti i cui effetti possono in tal caso ritenersi cessati a seguito della detta approvazione. Pertanto, qualora questa abbia riformato le misure di salvaguardia in senso conforme alle istanze del ricorso stesso, si determina la cessazione della materia del contendere; ma se l’approvazione non comporti il venir meno degli effetti degli atti impugnati e da essa confermati, il ricorso non può dichiararsi improcedibile. Nella specie la dedotta improcedibilità del ricorso viene invece ricondotta proprio alla conformità dei due atti.

16. Nel secondo motivo di ricorso incidentale viene dedotta la violazione del R.D. n. 523 del 1904, art. 7, in relazione alla non riconosciuta natura demaniale delle piarde insommergibili.

16.1 Il motivo è qualificato espressamente come subordinato all’accoglimento del nono motivo di ricorso principale. Il rigetto di questa censura esclude la necessità del suo esame.

17. In conclusione il ricorso principale deve essere rigettato, così come quello incidentale. Le spese processuali in considerazione della reciproca soccombenza delle parti devono essere integralmente compensate.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale e quello incidentale. Compensa le spese processuali.

Sussistono i requisiti processuali per il versamento dell’ulteriore contributo previsto nel D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 aprile 2020

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