Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8433 del 26/03/2019

Cassazione civile sez. VI, 26/03/2019, (ud. 16/01/2019, dep. 26/03/2019), n.8433

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3559-2018 proposto da:

RISCOSSIONE SICILIA SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato PIETRO

PATTI;

– ricorrente –

contro

A.R.;

– intimata –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 3463/7/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della SICILIA SEZIONE DISTACCATA di CALTANISSETTA,

depositata il 18/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/01/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PIERPAOLO

GORI.

Fatto

RILEVATO

che:

– Con sentenza n. 3463/7/17 depositata in data 18 settembre 2017 la Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione staccata di Caltanissetta (in seguito, la CTR), rigettava l’appello proposto da Riscossione Sicilia Spa – Agente per la riscossione per la provincia di Enna – avverso la sentenza n. 489/2/13 della Commissione tributaria provinciale di Enna (in seguito, la CTP) che aveva accolto il ricorso di A.R., coobbligata solidale erede di B.P., (in seguito, la contribuente) contro due cartelle di pagamento IVA 2000;

– Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate deducendo un unico motivo. La contribuente non si è difesa, restando intimata, mentre l’Agenzia delle Entrate ha depositato una comparsa al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– Con l’unico motivo – dedotto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – l’Agente per la riscossione ricorrente lamenta la violazione dell’art. 111 Cost., del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 1, 36 e 61, dell’art. 118 disp. att. c.p.c. e dell’art. 132 c.p.c., per motivazione apparente della sentenza, relativamente alla ripresa IVA;

– Il motivo è infondato. La Corte reitera l’insegnamento secondo cui “La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture” (Cass. Sez. Un. 3 novembre 2016 n. 22232); rammenta inoltre che “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Cass. Sez. Un., 7 aprile 2014 n. 8053);

– Nel caso di specie, la motivazione che conferma nel merito la ripresa prende le mosse dal rinvio alle motivazioni dei giudici di prime cure: “Invero la sentenza appellata è condivisibile, perchè adeguatamente motivata, logica e coerente e deve ritenersi parte integrante di questa decisione”; tale ratio decidendi tuttavia si identifica compiutamente sulla base dell’esposizione in fatto della sentenza: “I primi giudici hanno ritenuto illegittimi gli atti di pagamento perchè privi di contenuto identificativo dal quale trarre le ragioni dell’imposizione”.

– L’esposizione del fatto nella sentenza gravata è, più in generale, adeguata, come pure l’esposizione dei motivi di appello (“Riscossione Sicilia Spa (…) chiede che sia dichiarata la legittimazione passiva dell’Ente impositore (…) chiede ritenersi gli atti sufficientemente motivati, e in subordine (…)” e, dunque, è presente l’individuazione del thema decidendum;

– Alla domanda la CTR ha poi dato risposta con rationes decidendi evincibili, sia pure espresse in modo succinto, anche circa la questione della legittimazione passiva dell’Agente della riscossione, che i giudici di appello ritengono sussistente “in quanto gli atti impugnati sono stati formati e notificati da parte appellante”. Inoltre, nel merito della decisione, la motivazione non si limita al rinvio alle motivazioni della sentenza di primo grado, le cui ragioni sono – come sopra visto – succintamente riportate nel fatto, ma l’adesione alla decisione di primo grado è motivata da ulteriori argomentazioni adesive: “le cartelle sono prive di ogni loro preciso riferimento ad atti pregressi, genericamente indicati, che non hanno consentito al contribuente, persona diversa, peraltro dal debitore principale defunto, di individuare le ragioni della richiesta. Inverso non sono indicati gli estremi di notificazione (…)”. Tanto basta per collocare la motivazione al di sopra del minimo costituzionale richiesto dalla giurisprudenza della S.C. e così l’unica doglianza sollevata dall’Agente della riscossione non può che essere disattesa;

– In conclusione, il ricorso va rigettato, ma non segue regolamento delle spese di lite in assenza di costituzione della contribuente intimata e di deposito di una mera comparsa di costituzione da parte dell’Agenzia delle Entrate.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

La Corte dà atto che, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1 comma 17 (legge di stabilità 2013), per effetto del presente provvedimento sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore contributo unificato di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-bis, testo unico spese di giustizia.

Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2019

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