Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8430 del 25/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 25/03/2021, (ud. 15/12/2020, dep. 25/03/2021), n.8430

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36116-2019 proposto da:

ITALPOL VIGILANZA SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato GOFFREDO GRASSO;

– ricorrente –

contro

R.N., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato SIMONA LUCERI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1573/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO

depositata il 20/9/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LUCIA

ESPOSITO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

la Corte di appello di Milano ha dichiarato improcedibile il reclamo proposto da Italpol Vigilanza s.r.l. avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva respinto l’opposizione proposta dalla stessa società avverso l’ordinanza della L. n. 92 del 2012, ex art. 1, comma 48, avente ad oggetto l’impugnativa di licenziamento intimato al dipendente R.N. il 12/6/2017;

rilevava la Corte territoriale che era pacifica la sussistenza del vizio di omessa o giuridicamente inesistente notificazione dell’atto introduttivo, atteso che non era stato notificato, unitamente all’atto, il decreto di fissazione dell’udienza che avrebbe consentito una valida vocatio in ius;

avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione la società sulla base di unico motivo;

controparte ha resistito con controricorso e ha depositato memorie;

la proposta del relatore è stata comunicata alle parti – unitamente al decreto di fissazione dell’udienza – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con unico motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 435 c.p.c., comma 3, degli artt. 156 e 164c.p.c., degli art. 111Cost. e dell’art. 6CEDU, osservando che la Corte aveva erroneamente interpretato e applicato la norma alla fattispecie concreta, giacchè, a seguito della notifica (incompleta) del ricorso il R. aveva provveduto a depositare memoria difensiva nei termini di legge, non limitandosi a eccepire la sola inammissibilità ma argomentando anche puntualmente nel merito, così dimostrando l’assenza di un concreto pregiudizio difensivo, con l’effetto di sanare il vizio processuale; espone che, previa informazione al procuratore di controparte, successivamente alla notifica del reclamo privo del decreto di fissazione dell’udienza, Italpol Vigilanza s.r.l. aveva provveduto a una successiva notificazione del reclamo, questa volta unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, e il R. aveva effettuato apposita istanza di visibilità alla consultazione del fascicolo informatico, costituendosi, poi, entro il termine previsto dall’art. 435 c.p.c.; cita la giurisprudenza in tema di sanabilità dell’inosservanza del termine dilatorio a comparire di cui all’art. 435 c.p.c. per effetto di spontanea costituzione dell’appellato, rilevando la diversità del caso rispetto a quello esaminato da Cass. SU 20604/2008, che aveva escluso che il giudice potesse concedere nuovo termine per la notifica del ricorso in appello pur tempestivamente depositato per il solo caso che la notifica non fosse avvenuta o fosse inesistente; rileva che la Corte avrebbe dovuto al più differire l’udienza, a fronte del rilievo della lesione del diritto di difesa del convenuto; richiama Cass. n. 9404 del 17 aprile 2019, secondo cui, nel caso in cui la notifica non sia stata omessa e non sia inesistente, essendosi proceduto senza il rispetto del termine a comparire, il giudice deve al più disporne la rinnovazione, assimilando il caso a quello in argomento; invoca l’applicazione del principio generale di cui all’art. 156 c.p.c., citando la giurisprudenza in tema di omissioni attinenti alla notifica dell’atto introduttivo di primo grado; osserva che la concessione di un nuovo termine non contrasta con il principio di ragionevole durata del processo;

va premesso che, per giurisprudenza costante di questa Corte, la disciplina speciale prevista dalla L. 28 giugno 2012, n. 92, art. 1, comma 58, concernente il reclamo avverso la sentenza che decide sulla domanda di impugnativa del licenziamento nelle ipotesi regolate dalla L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 18, va integrata con quella dell’appello nel rito del lavoro (ex multis Cass. n. 23021 del 29/10/2014, Cass. n. 6544 del 06/03/2019);

ciò posto, si rileva che nel rito del lavoro il ricorso in appello contiene Vediti actionis, mentre la vocatio in ius è contenuta nel decreto: di conseguenza nel caso in esame risulta notificato un atto privo dei suoi caratteri essenziali, e ciò comporta l’inesistenza della notificazione medesima;

trova applicazione, pertanto, l’orientamento ormai costante della giurisprudenza di legittimità, secondo cui in relazione “il vizio della notificazione omessa o inesistente è assolutamente insanabile e determina la decadenza dell’attività processuale cui l’atto è finalizzato (con conseguente declaratoria in rito di chiusura del processo, attraverso l’improcedibilità), non essendo consentito al giudice di assegnare all’appellante un termine per provvedere alla rinnovazione di un atto mai compiuto o giuridicamente inesistente” (Cass. n. 20613 del 09/09/2013, conforme Sez. U. n. 20604 del 30/07/2008);

poichè si è in ambito di giudizio di gravame, la situazione differisce da quella del primo grado, venendo in considerazione la legittima aspettativa della controparte al consolidamento, entro un termine predefinito e ragionevolmente breve, di un provvedimento giudiziario già emesso, rispetto alla quale alcuna possibilità di sanatoria connessa alla concreta possibilità difensiva offerta alla controparte può esservi, a fronte dell’interesse di quest’ultima al consolidamento della decisione (Nelle controversie di lavoro in grado d’appello, la mancata notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza determina l’improcedibilità dell’impugnazione, senza possibilità per il giudice di assegnare un termine perentorio per provvedervi, in quanto tale omissione lede la legittima aspettativa della controparte al consolidamento, entro un termine predefinito e ragionevolmente breve, di un provvedimento giudiziario già emesso, a differenza di quanto avviene nel processo del lavoro di primo grado, dove la notifica del ricorso assolve unicamente la funzione di consentire l’instaurazione del contraddittorio. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva dichiarato improcedibile l’appello notificato solo dopo la prima udienza, per la quale dopo l’anticipazione disposta ad istanza di parte, era stato notificato all’appellato esclusivamente il decreto di anticipazione).” (Cass. n. 6159 del 14/03/20189);

nessuna rilevanza assume, poi, la rinotifica del reclamo, intervenuta il 27/8/2019 a seguito della verifica dell’omissione da parte del notificante, a fronte di ordinanza comunicata il 18/7/2018, poichè, come si legge in sentenza, parte reclamante non ha “addotto o provato” che il vizio della notificazione sia derivato da causa alla stessa non imputabile e, in ogni caso, perchè nella riattivazione del procedimento notificatorio risulta superato il limite di tempo pari alla metà dei termini previsti per la notificazione dell’impugnazione (Cass.14594 del 15/07/2016);

in base alle svolte argomentazioni il ricorso va rigettato e le spese sono liquidate secondo soccombenza;

in considerazione della statuizione, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 15 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2021

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