Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8429 del 25/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 25/03/2021, (ud. 15/12/2020, dep. 25/03/2021), n.8429

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31258-2019 proposto da:

G.C., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato LOREDANA MANICONE;

– ricorrente –

contro

INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI

SUL LAVORO, (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,

presso lo studio dell’avvocato LUCIANA ROMEO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato LUCIA PUGLISI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 45/2019 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata l’11/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LUCIA

ESPOSITO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Potenza, in riforma della sentenza di primo grado, sulla scorta della consulenza espletata in grado di appello, ha respinto la domanda proposta da G.C. per il riconoscimento in suo favore dell’indennizzo in capitale per danno biologico conseguente a malattia dovuta a pregressa esposizione all’amianto;

avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione G.C., affidato a quattro motivi, cui ha resistito con controricorso l’INAIL;

la proposta del relatore è stata comunicata alle parti – unitamente al decreto di fissazione dell’udienza – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con il ricorso per cassazione, in sintesi, si censura: 1) la violazione dell’art. 434 c.p.c., in ragione della omessa declaratoria di inammissibilità dell’appello per totale assenza di esposizione delle questioni e dei punti contestati della sentenza di primo grado e delle relative doglianze: 2) la violazione dell’art. 132 c.p.c. e l’omessa motivazione circa un fatto decisivo e controverso (art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5), per avere la Corte omesso di valutare le censure di parte e di giustificare la preferenza della CTU di secondo grado rispetto a quella di primo grado; 3) la violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per avere la Corte territoriale meramente aderito alle risultanze della CTU, senza tener conto delle contestazioni di parte; 4) la violazione e falsa applicazione art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, per non avere la Corte territoriale ritenute acquisite al processo, perchè non fatte oggetto di contestazione in primo grado, le mansioni svolte, il tipo di attività e l’ambiente lavorativo del ricorrente;

il primo motivo di ricorso è inammissibile per difetto di allegazioni, poichè il ricorrente che assuma l’inammissibilità dell’atto di appello, in ragione della natura di giudizio a critica vincolata propria del processo di cassazione, deve riportarne il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa aspecificità, non potendosi limitare, come avvenuto nella specie, al mero richiamo dei motivi di appello e alla trascrizione solo parziale della c.t.u., poichè una tale modalità di formulazione del motivo rende impossibile individuare la critica mossa ad una parte ben identificabile del giudizio espresso nella sentenza impugnata, rivelandosi del tutto carente nella specificazione delle deficienze e degli errori asseritamente individuabili nella decisione (Cass. n. 1479 del 22/01/2018);

il secondo motivo è infondato, giacchè la sentenza riporta le notazioni del c.t.u. di primo grado riguardo all’etiologia professionale delle malattie, le quali, per un verso, sotto il profilo della violazione di legge, sono idonee a consentire di ravvisare un nucleo motivazionale conforme ai criteri di adeguatezza come individuati da Cass. 8053/2014, per altro verso, sotto il profilo del vizio di motivazione, si osserva che, quando, in presenza di due successive contrastanti consulenze tecniche d’ufficio (nella specie, la prima disposta nel giudizio di primo grado e la seconda in sede di gravame), il giudice aderisca al parere del consulente che abbia espletato la sua opera per ultimo, la motivazione della sentenza è sufficiente – ed è escluso quindi il vizio di motivazione, deducibile in cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 pur se tale adesione non sia specificamente giustificata, ove il secondo parere tecnico fornisca gli elementi che consentano, su un piano positivo, di delineare il percorso logico seguito e, sul piano negativo, di escludere la rilevanza di elementi di segno contrario, siano essi esposti nella prima relazione o “aliunde” deducibili. In tal caso, le doglianze di parte, che siano solo dirette al riesame degli elementi di giudizio già valutati dal consulente tecnico e non individuino gli specifici passaggi della sentenza idonei ad inficiarne, anche per derivazione dal ragionamento del consulente, la logicità, non possono configurare l’anzidetto vizio di motivazione (Cass. n. 4850 del 27/02/2009);

la terza censura è inammissibile, traducendosi in semplice dissenso diagnostico, e, quindi, in un’inammissibile critica del convincimento del giudice (cfr. Cass. n. 1652 del 03/02/2012, seguita da molte altre conformi, secondo cui “Nel giudizio in materia d’invalidità il vizio, denunciabile in sede di legittimità, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nell’omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura costituisce mero dissenso diagnostico che si traduce in un’inammissibile critica del convincimento del giudice, e ciò anche con riguardo alla data di decorrenza della richiesta prestazione. (Principio affermato ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c.)”;

anche l’ultimo motivo di ricorso è inammissibile, in base al principio secondo cui “ove con il ricorso per cassazione si ascriva al giudice di merito di non avere tenuto conto di una circostanza di fatto che si assume essere stata “pacifica” tra le parti, il principio di autosufficienza del ricorso impone al ricorrente di indicare in quale atto sia stata allegata la suddetta circostanza, ed in quale sede e modo essa sia stata provata o ritenuta pacifica”(Cass. n. 24062 del 12/10/2017), adempimento in concreto non avvenuto;

in base alle svolte argomentazioni il ricorso va dichiarato inammissibile, senza liquidazione delle spese di legittimità, in presenza di dichiarazione ex art. 152 disp. att. c.p.c..

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso. Nulla spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2015.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2021

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