Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8420 del 08/04/2010

Cassazione civile sez. lav., 08/04/2010, (ud. 10/03/2010, dep. 08/04/2010), n.8420

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso l’AVVOCATURA

CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli Avvocati CORETTI

ANTONIETTA, PATRIZIA TADRIS, EMANUELE DE ROSE, giusta mandato

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

S.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 370/2008 della CORTE D’APPELLO di MESSINA del

13/03/08, depositata il 26/05/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/03/2010 dal Consigliere Relatore Dott. D’AGOSTINO Giancarlo;

e’ presente il P.G. in persona del Dott. FINOCCHI GHERSI Renato.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con ricorso del 5 aprile 1996 S.A. ha chiesto al Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto di condannare l’Inps alla corresponsione dell’indennita’ di maternita’ per astensione obbligatoria e facoltativa in relazione al parto dell’11 giugno 1994, avendo l’Istituto con provvedimento del 24 febbraio 1995 respinto le domande amministrative presentate in data 22 aprile 1994 e 5 dicembre 1995 per insussistenza del rapporto di lavoro subordinato.

Nella resistenza dell’Inps il Tribunale con sentenza n. 1352 del 2004 accoglieva la domanda. L’Inps proponeva appello eccependo la decadenza dell’azione giudiziaria, avendo l’interessata proposto ricorso giudiziario oltre il termine di un anno e trecento giorni dalla domanda amministrativa.

La Corte di Appello di Messina con sentenza depositata il 26 maggio 2008, rigettava l’appello dell’Istituto assumendo che il termine di decadenza dall’azione giudiziaria decorreva dalla data del provvedimento di rigetto del ricorso amministrativo contro il diniego della prestazione (24 febbraio 1995), in relazione al quale la domanda giudiziale per astensione obbligatoria (del 5 aprile 1996) doveva ritenersi tempestiva; nel merito riteneva che la bracciante avesse provato il rapporto di lavoro subordinato.

Avverso detta sentenza l’Inps ha proposto ricorso con un motivo con il quale, denunciando violazione del D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47 nel testo sostituito dal D.L. 19 settembre 1992, n. 384, art. 445, comma 1 convertito in L. 14 novembre 1992, n. 438, sostiene che la scadenza dei termini prescritti per l’esaurimento del procedimento amministrativo costituisce la soglia oltre la quale l’adozione di un provvedimento di rigetto della domanda di prestazione non consente lo spostamento in avanti del termine di decadenza. Poiche’ la domanda di indennita’ per astensione obbligatoria e’ stata presentata il 22 aprile 1994, il provvedimento di rigetto e’ intervenuto dopo l’esaurimento dei termini del procedimento amministrativo (trecento giorni dalla domanda), per cui il termine di decadenza dall’azione giudiziaria e’ cominciato a decorrere dalla scadenza dei termini del procedimento; di conseguenza l’azione e’ inammissibile essendo stata proposta oltre un anno e trecento giorni dalla domanda. L’Inps nulla ha eccepito ne’ in ordine alla sussistenza del rapporto di lavoro subordinato, affermata in sentenza, ne’ in ordine alla domanda di indennita’ per astensione facoltativa, accolta dal giudice di merito.

L’intimata non si e’ costituita.

Il ricorso, limitatamente alla domanda di indennita’ per astensione obbligatoria, e’ manifestamente fondato.

Le Sezioni Unite della Cassazione, con sentenza n. 12718 del 2009, componendo un contrasto di giurisprudenza, hanno affermato il seguente principio di diritto: “In tema di decadenza dall’azione giudiziaria per il conseguimento di prestazioni previdenziali, il D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47 (nel testo modificato dal D.L. 19 settembre 1992, n. 384, art. 4 convertito con modificazioni in L. 14 novembre 1992, n. 483) dopo aver enunciato due diverse decorrenze delle decadenze riguardanti dette prestazioni (dalla data della comunicazione della decisione del ricorso amministrativo o dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronuncia della detta decisione), individua, infine, nella scadenza dei termini prescritti per l’esaurimento del procedimento amministrativo, la soglia di trecento giorni (risultante dalla somma del termine presuntivo di 120 giorni dalla data di presentazione della richiesta di prestazione di cui alla L. 11 agosto 1973, n. 533, art. 7 e di 180 giorni, previsto dalla L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 46, commi 5 e 6) oltre la quale la presentazione di un ricorso tardivo -pur restando rilevante ai fini della procedibilita’ dell’azione giudiziaria – non consente lo spostamento in avanti del “dies a quo” per l’inizio del computo del termine decadenziale (di tre anni o di un anno). Ne consegue che, al fine di impedirne qualsiasi sforamento in ragione della natura pubblica della decadenza regolata dall’anzidetto art. 47, il termine decorre, oltre che nel caso di mancanza di un provvedimento esplicito sulla domanda dell’assicurato, anche in quello di omissione delle indicazioni di cui al comma quinto del medesimo art. 47″. Tale principio in motivazione e’ stato espressamente esteso anche al caso di tardivo provvedimento di rigetto nel merito da parte dell’istituto previdenziale. A fondamento della decisione le Sezioni Unite hanno sottolineato il carattere pubblicistico e l’indisponibilita’ della decadenza, nonche’ la correlata impossibilita’ delle parti del rapporto previdenziale (sia parte privata che istituto previdenziale) di incidere con il loro comportamento, neppure omissivo, sul decorso del termine decadenziale.

In conclusione, il ricorso deve essere accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa puo’ essere decisa nel merito con il rigetto della domanda di indennita’ di maternita’ per astensione obbligatoria proposta dalla sig.ra S..

Nulla per le spese dell’intero processo a norma dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo vigente prima delle modifiche introdotte dalla L. n. 326 del 2003.

PQM

LA CORTE Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta la domanda. Nulla per le spese dell’intero processo.

Cosi’ deciso in Roma, il 10 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 8 aprile 2010

 

 

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