Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 842 del 19/01/2010

Cassazione civile sez. lav., 19/01/2010, (ud. 09/12/2009, dep. 19/01/2010), n.842

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAVAGNANI Erminio – Presidente –

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OTRANTO 36,

presso lo studio dell’avvocato MASSANO MARIO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato INGANGI ALESSANDRA, giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

SPLASH SAS di GIUSEPPE FAIELLA & C. in persona

dell’amministratore e

legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DEL

POPOLO 18, presso lo studio dell’avvocato RIZZO NUNZIO, che la

rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso e

ricorso incidentale;

– ricorrente incidentale –

contro

P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OTRANTO 36,

presso lo studio dell’avvocato MASSANO MARIO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato INGANGI ALESSANDRA, giusta procura in

calce al ricorso principale;

– controricorrente al ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 8085/2007 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

13.11.07, depositata il 24/12/2007;

E’ presente il P.G. in persona del Dott. FUZIO Riccardo che ha

concluso per la trattazione del ricorso in pubblica udienza.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte di Appello di Napoli, con sentenza depositata il 24.12.2007, ha confermato la decisione di primo grado nella parte in cui ha escluso il rapporto di lavoro subordinato sin dall’ottobre 1969 di P.A. con la soc. Splash di Giuseppe Failla & C. s.a.s., riconoscendolo solo a partire dal 1.6.1993, ed ha riformato la medesima decisione nella parte in cui ha liquidato al P. differenze retributive, condannando la societa’ datrice di lavoro al pagamento in favore del lavoratore della somma di Euro 33.338,00 per i titoli specificati in motivazione.

Avverso detta sentenza il P. ha proposto ricorso per Cassazione con un motivo, con il quale ha lamentato violazione degli artt. 2094, 2697 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonche’ omessa ed insufficiente motivazione, per avere il giudice di appello non applicato i criteri legali di distinzione tra lavoro autonomo e lavoro subordinato e per aver erroneamente valutato le prove addotte dal lavoratore.

La societa’ intimata si e’ costituita con controricorso, con il quale ha proposto anche ricorso incidentale condizionato con un motivo, con il quale ha denunciato violazione degli artt. 2118, 2119, 2090 c.c. e della L. n. 604 del 1966, art. 3 nonche’ difetto di motivazione, in ordine alla condanna al pagamento dell’indennita’ sostitutiva del preavviso. Il P. ha resistito con controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria. Il ricorso principale e’ manifestamente infondato.

Osserva la Corte che la qualificazione del rapporto di lavoro effettuata dal giudice di merito e’ censurabile in sede di legittimita’ soltanto limitatamente alla scelta dei parametri normativi di individuazione della natura subordinata o autonoma del rapporto, mentre l’accertamento degli elementi che rivelano l’effettiva presenza del parametro stesso nel caso concreto attraverso la valutazione delle risultanze processuali e che sono idonei a ricondurre la prestazione al suo modello costituisce apprezzamento di fatto che, se immune da vizi giuridici e adeguatamente motivato, resta insindacabile in Cassazione (vedi Cass. 14371/2008, 16681/2007, 4171/2006). Nella specie le censure proposte non investono i parametri normativi tenuti presenti dal giudice di appello per la decisione, ma la effettiva presenza degli elementi qualificanti il parametro, quali a dire del ricorrente sarebbero emersi dalle prove testimoniali raccolte.

Per costante giurisprudenza di questa Corte la valutazione delle prove testimoniali e documentali spetta al giudice di merito ed e’ censurabile in sede di legittimita’ solo se detta valutazione non e’ sorretta da motivazione congrua ovvero se la motivazione presenti vizi logici e giuridici. Con il ricorso per Cassazione, infatti, non e’ possibile chiedere al giudice di legittimita’ una diversa valutazione delle prove, rispetto a quella ritenuta dal giudice di merito, ma soltanto indicare i vizi logici, le contraddizioni e le lacune della motivazione che non consentono di ricostruire l’iter logico che sorregge la decisione (cfr. tra le tante Cass. 6064/2008, n. 17076/2007); ne consegue che la deduzione con il ricorso per Cassazione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata non conferisce al giudice di legittimita’ il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale, bensi’ la sola facolta’ di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, non essendo consentito al giudice di legittimita’ di procedere ad un nuovo giudizio di merito attraverso l’autonoma valutazione degli atti di causa (cfr. tra le tante Cass. n. 18214/2006, n. 3436/2006).

Nella specie le valutazioni delle risultanze probatorie operate dal giudice di appello sono congruamente motivate e l’iter logico – argomentativo che sorregge la decisione e’ chiaramente individuabile, non presentando alcun profilo di manifesta illogicita’ o insanabile contraddizione; per contro, le censure mosse dal ricorrente si risolvono sostanzialmente nella prospettazione di un diverso apprezzamento delle stesse prove e delle stesse circostanze di fatto gia’ valutate dal giudice di merito in senso contrario alle aspettative del medesimo ricorrente e si traducono nella richiesta di una nuova valutazione del materiale probatorio, del tutto inammissibile in sede di legittimita’.

Pertanto, riuniti i ricorsi a norma dell’art. 335 c.p.c., il ricorso principale deve essere rigettato, mentre il ricorso incidentale condizionato resta assorbito.

Il ricorrente principale deve essere condannato al pagamento in favore del resistente delle spese di questo giudizio, come liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale, e condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese di questo giudizio, che si liquidano in Euro 30,00 per esborsi ed in Euro millecinquecento/00 per onorari, oltre spese generali, Iva e Cpa.

Cosi’ deciso in Roma, il 9 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2010

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