Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 842 del 16/01/2017

Cassazione civile, sez. VI, 16/01/2017, (ud. 21/10/2016, dep.16/01/2017),  n. 842

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – rel. Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24383/2015 proposto da:

G.M., rappresentato e difeso, per procura speciale in calce

al ricorso, dall’Avvocato Isabella Casales Mangano;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende per legge;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Catania, depositato il 17

marzo 2015.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21

ottobre 2016 dal Presidente relatore Dott. Stefano Petitti.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, con ricorso depositato il 16 luglio 2014 presso la Corte d’appello di Catania, G.M. chiedeva la condanna del Ministero della giustizia al pagamento dell’indennizzo di cui alla L. L. n. 89 del 2001, in relazione alla irragionevole durata di un giudizio, parimenti di equa riparazione, svoltosi dinnanzi alla Corte d’appello di Caltanissetta: giudizio iniziato con ricorso depositato il 2 dicembre 2010 e definito con sentenza della Corte di Cassazione del 20 gennaio 2014;

che il consigliere designato accoglieva la domanda e liquidava un indennizzo di Euro 500,00;

che avverso questo decreto il Ministero della giustizia proponeva opposizione ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 5-ter;

che la Corte d’appello di Catania, in composizione collegiale, accoglieva l’opposizione ritenendo che il consigliere designato avesse omesso di considerare che la durata del giudizio presupposto era stata determinata dalla esigenza di attendere la definizione di una questione di legittimità costituzionale della L. n. 89 del 2001, art. 3, sollevata dalla Corte d’appello di Caltanissetta in analogo giudizio; circostanza, questa, che incidendo sulla complessità del procedimento avrebbe dovuto indurre la Corte d’appello a rigettare la domanda, atteso che, detratto dalla durata complessiva il periodo di un anno e un mese per la durata del giudizio di costituzionalità e il periodo intercorso tra il deposito del decreto (settembre 2012) e la proposizione del ricorso per cassazione (febbraio 2013), non era ravvisabile alcuna eccedenza rispetto alla durata ragionevole stimata in anni due;

che per la cassazione di questo decreto il ricorrente ha proposto ricorso affidato a un unico motivo;

che l’intimato Ministero ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che con l’unico motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 6, par. 1, della CEDU, della L. n. 89 del 2001, artt. 2 e 4, nonchè omesso esame di un fatto decisivo, per avere la Corte d’appello detratto il periodo occorso per la decisione dell’incidente di costituzionalità sollevato in altro giudizio, senza considerare che tale esigenza incide sulla complessità del giudizio, e che, nella specie, la questione di legittimità costituzionale non era necessaria ai fini della decisione perchè riguardava una questione meramente processuale, sicchè la lungaggine era da imputare interamente alla Corte d’appello;

che, in ogni caso, osserva il ricorrente, la prima udienza di discussione era stata fissata dalla Corte di Catania dopo diciotto mesi dalla proposizione del ricorso (20 dicembre 2010), mentre la questione di legittimità costituzionale era stata sollevata in altro giudizio quattro mesi dopo il deposito del ricorso;

che, dunque, tenuto conto che il giudizio aveva avuto una durata complessiva, detratta la stasi processuale, di due anni e otto mesi, si era nella specie verificata una violazione del termine di ragionevole durata di otto mesi, suscettibile di indennizzo;

che il ricorso è fondato, atteso che ai sensi della L. n. 89 del 2001, artt. 2 e 4, è scomputabile dalla durata del giudizio presupposto il lasso di tempo per il quale il giudizio stesso è rimasto sospeso per essere stata sollevata questione di legittimità costituzionale;

che tale previsione non appare estensibile, puramente e semplicemente, ai casi in cui il giudizio presupposto, come nel caso di specie, sia interessato da una questione di legittimità costituzionale sollevata in altro giudizio, ove non ne venga disposta la sospensione;

che, d’altra parte, la domanda di equa riparazione oggetto del giudizio presupposto era stata introdotta nel dicembre 2010, nel mentre la questione di legittimità costituzionale, come evidenziato nello stesso decreto impugnato, era stata sollevata in altro giudizio con ordinanza del 20 aprile 2011 ed era stata decisa con pronuncia della Corte costituzionale del 10 maggio 2012;

che, peraltro, come correttamente messo in luce dal ricorrente, in riferimento al ricorso depositato il 20 dicembre 2010 è stata fissata l’udienza di discussione per il 18 giugno 2012, sicchè risulta del tutto erroneo il decreto impugnato nella parte in cui ha detratto dalla durata ragionevole il lasso di tempo occorso per la decisione della questione di legittimità costituzionale sollevata in altro giudizio, definita con sentenza depositata il 10 maggio 2012, e quindi prima ancora dello svolgimento dell’udienza di discussione (18 giugno 2012);

che, in conclusione, il ricorso va accolto, con conseguente cassazione del decreto impugnato;

che, tuttavia, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, provvedendosi a rigettare l’opposizione ex art. 5-ter proposta dal Ministero della giustizia, con conseguente conferma del decreto adottato dal consigliere designato, che ha condannato il Ministero al pagamento di un indennizzo di Euro 500,00, oltre agli interessi legali dalla data della domanda al soddisfo;

che le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, con distrazione in favore del difensore del ricorrente, dichiaratosi antistatario.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato e decidendo la causa nel merito, condanna il Ministero della giustizia al pagamento, in favore del ricorrente, della somma di Euro 500,00, oltre interessi legali dalla data della domanda al soddisfo; condanna, inoltre, il Ministero della giustizia al pagamento delle spese del giudizio di merito, che liquida in Euro 400,00 per compensi, e di quelle del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 700,00 per compensi, oltre, per entrambi i gradi, agli accessori di legge e alle spese forfetarie nella misura del 15%; dispone la distrazione delle spese in favore del difensore del ricorrente, Avvocato Isabella Casales Mangano.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione sesta Civile – 2, della Corte Suprema di Cassazione, il 21 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 gennaio 2017

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