Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8419 del 26/03/2019

Cassazione civile sez. VI, 26/03/2019, (ud. 17/10/2018, dep. 26/03/2019), n.8419

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22018-2017 proposto da:

D.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato FAUSTO TOMASELLO;

– ricorrente –

contro

GENESI SRL IN LIQUIDAZIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 392/2017 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 14/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/10/2018 dal Consigliere Relatore Dott. FEDERICO

GUIDO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

La Corte d’Appello di Trieste, con la sentenza n. 392/2017, confermando la sentenza di primo grado, ha condannato D.M. al pagamento della somma di Euro 3.500,00 quale compenso della prestazione svolta da Genesi s.r.l. in liquidazione, relativa all’incarico di predisporre uno studio di fattibilità per la costituzione di un “trust”.

La Corte rilevava in particolare che, acquisita la prova della prestazione professionale della Genesi, non erano state, di contro provate dal ricorrente le ragioni per le quali non aveva adempiuto ai suoi obblighi. Avverso tale sentenza ricorre, con tre motivi, D.M..

La Genesi non ha svolto, nel presente giudizio, attività difensiva.

Il relatore ha proposto il rigetto per manifesta infondatezza del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con il primo motivo parte ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 63 codice del consumo (D.Lgs. 206 n. del 2005) vigente ratione temporis nonchè il vizio di motivazione ed il travisamento dei fatti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per non avere la Corte territoriale rilevato l’incompetenza territoriale del Tribunale di Trieste in applicazione della disciplina del consumatore.

Il motivo è infondato.

Il giudice d’appello ha correttamente ritenuto di escludere l’applicabilità della tutela di cui all’art. 1469 bis c.c. (ora art. 33 Codice del consumo), valutando a tal fine determinante la stretta correlazione tra il patrimonio della società, di cui il D. era socio al 99 %, e quanto sarebbe dovuto confluire nel “trust”; in tale prospettiva ha ritenuto di escludere che l’odierno ricorrente agisse in veste di persona fisica che concluda il contratto per le esigenze della vita quotidiana, estranee all’esercizio di attività imprenditoriale o professionale, ed ha pertanto escluso la particolare competenza stabilita dalla normativa su menzionata.

Tale statuizione è conforme a diritto.

In tema di contratti del consumatore, ai fini della identificazione del soggetto legittimato ad avvalersi della tutela di cui al vecchio testo dell’art. 1469-bis c.c. (ora art. 33 del Codice del consumo, approvato con D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206), la qualifica di “consumatore” spetta solo alle persone fisiche e la stessa persona fisica che svolga attività imprenditoriale o professionale potrà essere considerata alla stregua del semplice “consumatore” soltanto allorchè concluda un contratto per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all’esercizio di dette attività; correlativamente deve essere considerato “professionista” tanto la persona fisica, quanto quella giuridica, sia pubblica che privata, che utilizzi il contratto non necessariamente nell’esercizio dell’attività propria dell’impresa o della professione, ma per uno scopo connesso all’esercizio dell’attività imprenditoriale o professionale. (Cass. 21763/2013).

Con il secondo mezzo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 per non avere la Corte territoriale rilevato il difetto di legittimazione passiva dell’odierno ricorrente.

Il motivo è inammissibile in quanto non coglie la ratio della statuizione.

La sentenza impugnata ha correttamente riconosciuto la legittimazione passiva in capo all’odierno ricorrente, ritenendo tuttavia che nel caso di specie questi non agisse in qualità di “consumatore”, visto lo stretto collegamento tra la consulenza per la costituzione del trust e l’attività della società quasi interamente posseduta da quest’ultimo;

Con il terzo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1460 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, nonchè omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, per non avere la Corte territoriale applicato il principio dell’exceptio inadimpleti contractus.

Il motivo, che presenta profili di inammissibilità per la c.d. “mescolanza” di vizi eterogenei ed incompatibili, quali quello di violazione di legge da un lato e di carenza motivazionale si risolve, in concreto, nella richiesta di un sindacato sulla valutazione delle prove effettuata dal giudice di merito, inammissibile nel presente giudizio.

La corte territoriale infatti, con apprezzamento adeguato, confermando la valutazione del primo giudice, ha ritenuto provata la prestazione di Genesi srl, la cui attività, secondo quanto accertato da entrambi i giudici di merito, emerge dai documenti in atti e non è stata completata a causa del comportamento dell’odierno ricorrente.

La Corte territoriale, premesso che risultano provati, anche sulla base di diverse mail, i contatti intercorsi tra le parti ha accertato che l’attività di Genesi risulta dalla documentazione in atti, oltre che dalle dichiarazioni del teste G., mentre il D. si era sottratto agli impegni impedendo la prosecuzione dell’attività suddetta.

Tale accertamento non risulta specificamente contestato sulla base di allegazione di alcun fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti.

Il ricorso va dunque respinto e, considerato che Genesi srl è rimasta intimata, non deve provvedersi sulle spese di lite.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

la Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2019

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