Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8415 del 26/03/2019

Cassazione civile sez. un., 26/03/2019, (ud. 13/03/2018, dep. 26/03/2019), n.8415

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente f.f. –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente di Sez. –

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente di Sez. –

Dott. MANNA Antonio – Presidente di Sez. –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21024-2013 proposto da:

B.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 4, presso lo studio dell’avvocato SIMONA MARTINELLI,

rappresentata e difesa dall’avvocato PELLEGRINO CAVUOTO;

– ricorrente –

contro

CURATELA DEL FALLIMENTO DELLA (OMISSIS) S.R.L., in persona del

curatore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

MOROSINI 12, presso lo studio dell’avvocato ROSALBA STRIANI,

rappresentata e difesa dall’avvocato ERMINIO STRIANI;

COMUNE DI BENEVENTO, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE

DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato RAFFAELE

LAMPARELLI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2137/2012 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 14/06/2012.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/03/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO GRECO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. SALVATO Luigi, che ha concluso per l’accoglimento del

primo motivo del ricorso ed assorbito il secondo;

uditi gli avvocati Pellegrino Cavuoto, Barbara Montanari per delega

dell’avvocato Erminio Striani e Raffaele Lamparelli.

Fatto

FATTI DI CAUSA

B.F., proprietaria di un fondo in (OMISSIS) alla contrada (OMISSIS), convenne in giudizio davanti al Tribunale di Benevento il Comune di Benevento e la sas (poi srl) (OMISSIS) assumendo che il Comune aveva adottato un piano per insediamenti produttivi (PIP) con delibera n. 339 del 22 aprile 1987, modificandolo in seguito solo formalmente, con delibera del Consiglio comunale del 6 febbraio 1991.

Di tali aree, assoggettate a vincolo espropriativo, con delibera di G. m. del 3 aprile 1999 erano state assegnate alla (OMISSIS), con cessione in proprietà, due lotti del comparto O, e quindi il Comune aveva notificato ad essa attrice, il 10 ottobre 2000, il decreto di espropriazione di mq. 2179 del terreno di sua proprietà.

Sosteneva la B. che la procedura era illegittima “per difetto di un valido ed efficace provvedimento di dichiarazione di pubblica utilità, in quanto il PIP – strumento urbanistico di natura attuativa introdotto dalla L. n. 865 del 1971, art. 27,avente efficacia per dieci anni dalla data di approvazione – nella specie risalente al 1987 -, era già inefficace al momento dell’espropriazione, avvenuta nell’ottobre 2000, essendo la variante approvata nel 1991 inidonea a prorogare i termini di efficacia, non avendo assunto i caratteri di un autonomo ed innovativo strumento rispetto a quello originario”.

Intervenuta la trasformazione irreversibile del fondo, la B. aveva chiesto la condanna del Comune e della sas (OMISSIS) al risarcimento del danno.

Il giudice di primo grado, definito come variante sostanziale il provvedimento del novembre 1991, ritenuta la piena efficacia della dichiarazione di pubblica utilità, e l’inconfigurabilità della dedotta carenza di potere per inosservanza dei termini di ultimazione dei lavori, aveva affermato la giurisdizione del G.A., trattandosi di controversia instaurata dopo il 10 agosto 2000.

La Corte d’appello, adita dalla B., che deduceva l’inefficacia del PIP, confermava la sentenza impugnata, ritenendo appartenente la controversia alla giurisdizione del G.A.

Riteneva infatti, sulla base di elementi individuati nella disposta c.t.u., che la delibera di variante approvata nel 1991, “anche a seguito delle varianti al PRG, approvate il 10 settembre 1990”, aveva “inciso profondamente sull’estensione e sulle caratteristiche dell’intero piano”, e segnatamente sulla sorte dei suoli della B., sì che “il PIP aveva così assunto la sua definitiva configurazione solo a partire, appunto, dal 18 novembre 1991, data iniziale dalla quale computare il decennio. Non si trattò della mera riproposizione dell’originario piano (che avrebbe determinato una illegittima protrazione dei vincoli), ma in definitiva di un nuovo piano, diverso dal precedente, per effetto dell’adeguamento al nuovo PRG, delle sostanziali modifiche delle superfici interessate, delle variazioni degli indici di fabbricabilità e l’organizzazione delle infrastrutture”.

Nei confronti della decisione B.F. propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi, uno dei quali attinente alla giurisdizione, illustrati con successiva memoria.

Resistono con distinti controricorsi il Comune di Benevento ed il Fallimento della srl (OMISSIS).

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Col primo motivo, denunciando “violazione e falsa applicazione della L. n. 865 del 1971, art. 27 e della L. n. 2359 del 1865, art. 13, comma 3. Sulla conseguente carenza di potere. Anche sulla violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 34. Sulla natura usurpativa della espropriazione de qua. Sulla giurisdizione del giudice ordinario. Sulla sentenza della Corte di cassazione a sezioni unite n. 15119/2013”, la ricorrente assume che il decreto di esproprio definitivo non sarebbe stato sostenuto da una ancora efficace dichiarazione di pubblica utilità, fondamento di ogni procedura espropriativa; l’assenza o la divenuta inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità, manifestatasi anteriormente alla occupazione e alla successiva irreversibile trasformazione del fondo, sanzionerebbe la procedura come usurpativa. Nella specie la dichiarazione di pubblica utilità delle aree andrebbe individuata nella delibera di approvazione del PIP del Comune di Benevento n. 339, emessa il 22 aprile 1987, Piano avente, a decorrere dalla delibera di approvazione, a norma della L. n. 865 del 1971, art. 27, comma 3, efficacia di dieci anni. Poichè dunque il decreto di esproprio definitivo risalirebbe all’ottobre 2000, sarebbe evidentemente assente una valida dichiarazione di pubblica utilità al momento della sua emissione, dopo la quale i convenuti si erano immessi nel possesso dei beni della ricorrente. La sopravvenuta inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità, per l’inutile decorso dei termini finali in essa fissati per il compimento dell’espropriazione e i lavori, senza che sia intervenuto il decreto ablativo o si sia verificata la cd. occupazione appropriativa, comporterebbe la natura usurpativa della espropriazione e la conseguente giurisdizione del giudice ordinario.

Posto poi che la regola è nel senso che il PIP abbia efficacia decennale e che il termine non possa essere oggetto di proroga, osserva che comunque nella specie la “delibera di variante” al PIP del novembre 1991 non prevede alcuna proroga dei termini della dichiarazione di pubblica utilità, non evincendosi dal suo contenuto alcun elemento che faccia intendere una volontà di far decorrere un nuovo termine decennale dall’approvazione della “variante” stessa.

Col secondo motivo, denunciando “violazione dell’art. 112 c.p.c.. Violazione e falsa applicazione della L. n. 865 del 1971, art. 19”, la ricorrente si duole che il giudice d’appello non si sia pronunciata sulla domanda, avanzata in via subordinata nell’ipotesi di rigetto della domanda risarcitoria, di conversione di quest’ultima in domanda di opposizione alla stima o di rideterminazione dell’indennità ai sensi della disposizione in rubrica.

Il primo motivo è fondato, rimanendo assorbito l’esame del secondo motivo.

Come questa Corte ha avuto modo di chiarire, “il piano per insediamenti produttivi (P.I.P.) – strumento urbanistico di natura attuativa introdotta dalla L. n. 865 del 1971, art. 27, la cui funzione è quella di incentivare le imprese, offrendo ad un prezzo politico le aree occorrenti per il loro impianto ed espansione (Cons. Stato, sez. V, 5 luglio 1995, n. 539) – è dotato di efficacia decennale dalla data di approvazione ed ha valore di piano particolareggiato d’esecuzione ai sensi della L. n. 1150 del 1942 e succ. mod. Trascorsi dieci anni, non è prevista, dunque, in via normativa, alcuna proroga ed all’Amministrazione non rimane che valutare l’opportunità di predisporre un nuovo strumento con conseguente rinnovazione della scelta pianificatoria attuativa rimasta inattuata (Cons. Stato, sez. IV, 2 marzo 1995, n. 128)” (Cass. n. 1602 del 1999; cfr. anche Cass., sezioni unite, n. 15119 del 2013, in motivazione).

“Il piano delle aree da destinare ad insediamenti produttivi, di cui alla L. 22 ottobre 1971, n. 865, art. 27, una volta approvato dal Presidente della Giunta regionale, equivale a dichiarazione di pubblica utilità delle opere in esso previste, ed abilita il Sindaco, nel decennio di efficacia del medesimo, a disporre l’occupazione d’urgenza e la espropriazione dei fondi occorrenti. Peraltro, la dichiarazione di pubblica utilità viene meno contestualmente alla scadenza della efficacia del piano, essendo escluso che l’occupazione d’urgenza legittimamente in atto possa assumere rispetto ad essa una funzione vicariante o sostitutiva. Ne consegue la illegittimità totale della occupazione protratta, in carenza di potere, oltre detta scadenza” (Cass. n. 1861 del 1999).

Con riguardo ad una fattispecie analoga e coeva di “variante del PIP”, queste sezioni unite hanno posto in luce come “il termine di validità della dichiarazione di pubblica utilità è previsto dalla legge, ed è posto a presidio del diritto di proprietà, avendo la giurisprudenza della Corte costituzionale ripetutamente negato la possibilità di imporre o reiterare vincoli espropriativi a tempo indeterminato. Ne consegue che non è nel potere della pubblica amministrazione prorogare quel vincolo, ma soltanto di predisporre un nuovo strumento, che peraltro dovrebbe contenere nuovi termini per il compimento dei lavori e per l’emissione dei decreti di espropriazione; sicchè l’approvazione della variante avvenuta nel 1991, che peraltro non recava alcuna disposizione interpretabile nel senso della decorrenza di un nuovo termine di efficacia della precedente dichiarazione di pubblica utilità, non ha alcuna rilevanza nella presente controversia. La dichiarazione di pubblica utilità viene meno contestualmente alla scadenza dell’efficacia del piano, essendo escluso anche che l’occupazione d’urgenza legittimamente in atto possa assumere rispetto ad essa una funzione vicariante o sostitutiva (Cass. 5 marzo 1999 n. 1861). Da ciò discende che la detenzione e la trasformazione del fondo di proprietà privata, dopo la cessazione di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità, costituiscono comportamenti tenuti dalla pubblica amministrazione in carenza assoluta di potere. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa corte di legittimità, infatti, nel sistema normativo conseguente alla L. 21 luglio 2000, n. 205, la tutela giurisdizionale risarcitoria contro l’agire illegittimo della P.A. spetta al giudice ordinario quante volte il diritto del privato non sopporti compressione per effetto di un potere esercitato in modo illegittimo o, se lo sopporti, quante volte l’azione della P.A. non trovi rispondenza in un precedente esercizio del potere, che sia riconoscibile come tale, perchè a sua volta deliberato nei modi ed in presenza dei requisiti richiesti per valere come atto o provvedimento e non come mera via di fatto. In particolare, nel settore delle occupazioni illegittime, sono ascrivibili alla giurisdizione ordinaria le forme di occupazione “usurpativa” (giacchè la trasformazione irreversibile del fondo si produce in una situazione in cui una dichiarazione di pubblica utilità manca affatto), e così pure i casi in cui il decreto di espropriazione è pur stato emesso, e però in relazione ad un bene, la cui destinazione ad opera di pubblica utilità si debba dire mai avvenuta giuridicamente od ormai venuta meno, per mancanza iniziale o – come nella fattispecie di causa – per sopravvenuta scadenza del suo termine di efficacia: Cass. sez. un. 13 giugno 2006 n. 13659; v. anche Sez. un. 23 gennaio 2012 n. 832″ (Cass. sezioni unite, n. 15119 del 2013, in motivazione).

Nella presente controversia il primo motivo del ricorso va pertanto accolto, la sentenza impugnata va cassata e dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario; la causa va rinviata, anche per le spese del presente grado di legittimità, al Tribunale di Benevento in differente composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, al Tribunale di Benevento in differente composizione.

Così deciso in Roma, il 13 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2019

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