Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8414 del 31/03/2017
Cassazione civile, sez. trib., 31/03/2017, (ud. 16/12/2016, dep.31/03/2017), n. 8414
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BOTTA Raffaele – Presidente –
Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –
Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –
Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –
Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 17353-2013 proposto da:
INA ASSITALIA SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA CARLO MIRABELLO 17, presso lo
studio dell’avvocato MAURIZIO FUGGITTI, che lo rappresenta e difende
giusta delega in calce;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVICIALE (OMISSIS) DI NAPOLI;
– intimato –
avverso la decisione n. 2817/2012 della COMM. TRIBUTARIA CENTRALE di
NAPOLI, depositata il 23/05/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
16/12/2016 dal Consigliere Dott. ANNA MARIA FASANO;
udito per il ricorrente l’Avvocato FUGGITTI che si riporta al
ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
GIACALONE Giovanni, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Fatto
FATTI DI CAUSA
L’INA ASSITALIA S.p.A. impugnava innanzi alla Commissione Tributaria di Primo grado di Napoli, un avviso di liquidazione di imposta ed irrogazione di sanzioni della somma di Lire 31.397,000, a titolo di INVIM decennale, relativa ad un immobile sito in (OMISSIS), sulla base del rilievo che l’Ufficio, nell’effettuare il calcolo dell’imposta dovuta, aveva operato l’esclusione illegittima di parte delle spese incrementative, notificando direttamente l’avviso di liquidazione, anzichè un nuovo avviso di accertamento. Il ricorso veniva rigettato e la sentenza veniva impugnata innanzi alla Commissione Tributaria di Secondo grado di Napoli, che respingeva l’appello. La pronuncia veniva impugnata dalla società contribuente innanzi alla Commissione Tributaria Centrale, la quale respingeva il gravame. Propone ricorso per cassazione INA ASSITALIA S.p.A., svolgendo un solo motivo di censura. L’Agenzia delle Entrate intimata non ha svolto difese.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il Collegio ha disposto, come da decreto del Primo Presidente in data 14.9.2016, che la motivazione della sentenza sia redatta in forma semplificata.
Con l’unico motivo di ricorso, la società ricorrente censura la sentenza impugnata, denunciando in rubrica: ” Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 643 del 1972, art. 19 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4″, facendo rilevare che l’Ufficio non ha fatto corretta applicazione ed interpretazione del D.P.R. n. 643 del 1972, art. 19 laddove, escludendo le spese incrementative dichiarate dal contribuente perchè riferentesi ad ordinaria e straordinaria amministrazione, ha direttamente notificato l’avviso di liquidazione, ricalcolando l’imposta dovuta, senza emettere alcun previo avviso di accertamento.
Il motivo è infondato.
Secondo l’indirizzo espresso da questa Corte, a cui si intende dare continuità, Sez. 5, n. 12170 del 2008: “In materia di INVIM, l’Amministrazione finanziaria può procedere, ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 19 (così come sostituito dal D.P.R. 23 dicembre 1974, n. 688, art. 1) direttamente alla liquidazione dell’imposta ed alla notifica del relativo avviso, quando la sua attività si fondi unicamente sugli elementi risultanti dalle dichiarazioni presentate, o nel caso in cui il valore iniziale dichiarato dal soggetto passivo risulta diverso da quello già definito a norma dell’art. 6, imponendosi, in ogni altro caso, all’Ufficio di procedere con avviso di accertamento D.P.R. n. 643 cit., ex art. 20 in particolare, l’ipotesi di valore iniziale dichiarato dal soggetto passivo che risulti diverso da quello già definito a norma dell’art. 6, che ricorre esclusivamente con riferimento alle fattispecie o dell’errore materiale del contribuente in ordine alla dichiarazione del valore iniziale o della definizione di tale valore, diversa da quello dichiarato, sopravvenuta alla dichiarazione”.
E’ stato, altresì, affermato che: “In tema di INVIM, ed ai sensi del combinato disposto del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, artt. 19 e 20 in sede di liquidazione dell’imposta principale, l’Ufficio deve limitarsi a determinare l’incremento di valore dell’immobile (costituito dalla differenza tra il valore finale e quello iniziale, maggiorato delle spese computabili), sulla base dei soli elementi di fatto esposti dal contribuente nella dichiarazione, applicando, altresì, le aliquote di cui all’art. 15 stesso D.P.R., senza possibilità di rettifica di dati dichiarati, salva la correzione di eventuali errori materiali, sicchè, quand’anche ritenga di non poter accertare quanto dichiarato dal contribuente per la non spettanza dell’agevolazione, l’Ufficio deve ugualmente procedere alla liquidazione principale sulla base degli elementi risultanti dalla dichiarazione, mentre, laddove allo stesso tempo ritenga di rettificare i valori incrementativi dichiarati, deve introdurre, separatamente, la procedura diretta all’applicazione dell’imposta complementare attraverso la notifica di un avviso di accertamento” (Cass., Sez. 5, n. 3482 del 2014).
Nella specie, trattasi di avviso di liquidazione di imposta ed irrogazione di sanzioni, emesso a titolo di INVIM decennale, relativa ad un immobile, in dipendenza della dichiarazione presentata dal contribuente ai sensi del D.P.R. n. 643 del 1972, art. 8.
Ne consegue che l’Amministrazione finanziaria ha correttamente operato, ritenendo che i valori dichiarati dal contribuente per lo stesso bene potevano essere assunti a base per il calcolo dell’imposta, in quanto dati obiettivi e quindi materiali, con la conseguenza che ben potevano essere corretti ex actis dall’Ufficio mediante la liquidazione della maggiore imposta dagli stessi risultante, senza necessità di procedere preventivante alla notifica dell’avviso di accertamento.
La società ricorrente si duole del fatto che nell’effettuare il calcolo dell’imposta, secondo le modalità di cui all’art. 19 del D.P.R. n. 643 del 1972, l’Ufficio non ha consentito al contribuente di articolare adeguatamente le proprie difese, dovendosi tenere conto delle spese incrementative sopportate.
La doglianza è infondata, in quanto si legge testualmente nella sentenza censurata che: “le spese incrementative, esaminate, non sono state ammesse dall’Ufficio poichè riferentesi ad ordinaria o straordinaria manutenzione e che le stesse, avendo tale natura, non possono essere considerate incrementative del bene stesso”.
Ritenuto che nella fattispecie la natura delle spese non è contestata, va precisato che le spese di costruzione o incrementative, di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 13, comma 1 modificato dal D.P.R. 23 dicembre 1974, n. 688, art. 1 computabili in maggiorazione del valore iniziale dell’immobile, non comprendono i costi relativi alla manutenzione e conservazione dell’immobile, anche se riferite ad opere od utilità esistenti alla data di determinazione del valore finale dell’imposta, in quanto finalizzate alla conservazione del bene e ad assicurarne il buon stato di funzionamento, non trattandosi di interventi idonei a produrre un incremento del valore del cespite.
2. Il riscontro dell’esattezza dell’interpretazione normativa seguita dal giudice a quo, in base ai principi richiamati, determina l’incensurabilità della sentenza impugnata ed il rigetto del ricorso. Nulla per le spese in mancanza di attività difensiva della parte intimata.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 dicembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2017