Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8414 del 12/04/2011

Cassazione civile sez. VI, 12/04/2011, (ud. 31/03/2011, dep. 12/04/2011), n.8414

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – rel. Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 11533/2010 proposto da:

M.F. (OMISSIS), M.G.

(OMISSIS), SOCIETA’ F.LLI MERCURI – SABATINI – LUCIANI

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLA GIULIANA 73, presso lo

studio dell’avvocato ANTINUCCI Massimo, che li rappresenta e difende,

giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

CONGREGAZIONE DELLA SACRA FAMIGLIA (OMISSIS) (in (OMISSIS)),

in persona del Rettore legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA UGO BARTOLOMEI 23, presso lo

studio dell’avvocato IVELLA Enrico, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato PAOLO BENDINELLI, giusta mandato a margine

del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2488/2007 della CORTE D’APPELLO di ROMA

dell’1/6/07, depositata il 04/11/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

31/03/2011 dal Presidente Relatore Dott. MARIO FINOCCHIARO;

è presente il P.G. in persona del Dott. COSTANTINO PUCCI.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

1. E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente comunicata al P.G. e notificata alle parti.

“Il relatore Cons. Dott. Mario Finocchiaro, letti gli atti depositati, osserva:

1. La Congregazione Sacra Famiglia ha convenuto in giudizio, innanzi al tribunale di Civitavecchia, sezione specializzata agraria, S.E., M.N., M.L. e M. F., quest’ultimo sia in proprio che nella qualità di rappresentante della società semplice fratelli Mercuri, Sabatini e Luciani, chiedendone la condanna al rilascio di una serie di fondi di proprietà della Congregazione e al risarcimento dei danni conseguenti alla indebita appropriazione delle scorte e alla occupazione senza titolo dei fondi stessi a far data dalla domanda di restituzione.

I fondi in questione, ha esposto la attrice, erano stati oggetto, in parte, di un rapporto di mezzadria e compartecipazione, in parte erano condotti direttamente da essa concludente che – allo scopo – utilizzava come contoterzisti sia il salariato Z.A. sia i fratelli M. e S..

Costituitisi in giudizio i convenuti hanno eccepito la simulazione dei contratti intervenuti tra le parti, intesi a dissimulare rapporti di affittanza agraria.

Svoltasi l’istruttoria del caso, nel corso della quale è intervenuto volontariamente in giudizio L.E., socio della società Mercuri – Sabatini – Emiliani, l’adita sezione, con sentenza 23 giugno 2006 in accoglimento della domanda attrice ha ordinato ai convenuti il rilascio dei terreni oggetto di controversia e ha condannato gli stessi al pagamento sia dell’indennità di occupazione, liquidata nella misura di Euro 34.463,21 annui, a partire dall’annata agraria 1999-2000, sia del controvalore della quota di scorte vive e morte, per Euro 60.200,00, atteso che l’istruttoria effettuata aveva escluso la fondatezza della tesi dei resistenti circa la conclusione di un rapporto di affitto agrario tra le parti e che era pacifico che nessuna delle parti aveva chiesto la conversione del rapporto in essere secondo le disposizioni di cui alla L. 3 maggio 1982, n. 203, art. 25, e segg., sì che il rapporto associativo doveva intendersi prorogato sino al 1999, epoca della prima richiesta di rilascio.

Gravata tale pronunzia dai soccombenti S.E., M. N., M.L. e M.F., quest’ultimo sia in proprio che nella qualità di rappresentante della società semplice fratelli Mercuri, Sabatini e Luciani nel contraddittorio della Congregazione Sacra Famiglia, che costituitasi in giudizio ha chiesto il rigetto della avversa impugnazione, la Corte di appello di Roma, sezione specializzata agraria, con sentenza 1 giugno 2007 – 4 novembre 2009 ha rigettato l’appello.

Per la cassazione di tale ultima pronunzia non notificata hanno proposto ricorso affidato a 4 motivi, con atto 5 maggio 2010 M. F., la società f.lli Mercuri Sabatini Lucani in persona di M.F. nonchè M.G..

Resiste, con controricorso la Congregazione Sacra Famiglia.

2. Con il primo motivo i ricorrenti censurano la sentenza impugnata denunziando omessa decisione di compensazione di quattro somme oggetto dell’eccezione riconvenzionale; violazione dell’art. 1241 c.c.; violazione dell’art. 345 c.p.c.; violazione dell’art. 112 c.p.c.; nullità del procedimento, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, per essere state rigettate, con l’espressione rigetta l’appello più domande, rassegnate nelle conclusione e in particolare la domanda riconvenzionale di compensazione delle somme a credito dei S. – M. Euro 79.347,00, Euro 1.220,00, Euro 96.373,05 con riserva di chiedere in separato giudizio le differenze in più.

Allo scopo vengono esposte le ragioni con le quali il tribunale ha rigettato tali domande, ritenendole inammissibili perchè riguardano un rapporto giuridico già oggetto di indagine con altra sentenza dello stesso tribunale di Civitavecchia.

3. Il motivo è inammissibile.

Almeno sotto tre concorrenti profili.

In primo luogo si osserva – in linea assorbente – che il motivo non censura la sentenza di appello (salvo che per la statuizione rigetta l’appello) ma si limita a criticare le affermazioni del tribunale, totalmente prescindendo dal considerare che giusta la testuale previsione di cui all’art. 360 c.p.c., sono suscettibili di ricorso per cassazione le sentenze pronunciate in grado di appello o in unico grado.

In secondo luogo, deducendo, in primis, sul punto i ricorrenti la nullità del procedimento sotto il profilo della omessa pronunzia, da parte del giudice di appello, di domande che essi assumono di avere introdotto in giudizio, è di palmare evidenza che era loro onere trascrivere, in ricorso, il contenuto di tali domande non solo come formulate in primo grado, ma anche come riproposte, con l’atto di impugnazione, al giudice di appello, sì da porre questa Corte in grado di apprezzare se le stesse erano, o meno, state ritualmente introdotte nel giudizio di secondo grado (cfr. Cass. 13 giugno 2007, n. 13845; Cass. 18 aprile 2007, n. 9245; Cass. 9 gennaio 2006, n. 79).

In terzo, e ultimo, luogo si osserva che qualora si interpreta il motivo come diretto a censurare il mancato accoglimento del terzo motivo di appello (come riportato nella parte introduttiva della sentenza) la censura svolta con il primo motivo di ricorso – singolarmente – prescinde dal considerare che la sentenza impugnata ha, puntualmente, esaminato anche tale motivo di appello indicando le ragioni per cui lo stesso non poteva trovare accoglimento, ragioni in alcun modo censurate in questa sede di legittimità.

4. Con il secondo motivo i ricorrente censurano la sentenza impugnata lamentando che l’indennità di occupazione senza titolo deve essere determinata in misura minore per la legge regionale, non in base alla CTU violazione della L.R. Lazio n. 18 del 1994 e della delibera regione Lazio n. 6796 del 1997 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

5. Il motivo pare manifestamente infondato.

La giurisprudenza di questa Corte regolatrice è assolutamente pacifica nell’affermare che per effetto della declaratoria di incostituzionalità di cui alla sentenza della Corte costituzionale n. 318 del 2002, sono divenute prive di effetti sia le tabelle per il canone di equo affitto come disciplinate dalla L. 3 maggio 1982, n. 203, art. 9 e dalle norme da questo richiamate, sia, ai fini della quantificazione del canone stesso, i redditi dominicali stabiliti – ai sensi della L. n. 203 del 1982, art. 62 – a norma del R.D.L. 4 aprile 1939, n. 589, per cui deve ritenersi precluso al giudice sia l’esame, nel merito, di domande formulate ai sensi della L. 11 febbraio 1971, n. 11, art. 28, allorchè dirette ad ottenere la restituzione di somme pagate dal conduttore oltre i livelli massimi di equità, sia l’esame (nè per essere accolte perchè fondate, nè per essere rigettate in assenza dei relativi requisiti o per essere dichiarate precluse per intervenuta decadenza) di eventuali domande – comunque denominate – avanzate in forza della L. 12 giugno 1962, n. 567, art. 7 (Cass. 9 aprile 2010, n. 9266; Cass. 19 novembre 2007, n. 23931; Cass. 14 novembre 2008, n. 27264).

Certo quanto precede è palese che correttamente i giudici del merito al fine di determinare la indennità per occupazione senza titolo dei terreni in questione dovuta dai ricorrenti (ex art. 1591 c.c.) hanno tenuto presente la redditività delle proprietà terriere (cioè il canone conseguibile concedendo a terzi in affitto i terreni in discussione).

Irrilevante, al fine di pervenire a una diversa conclusione è il contenuto della L.R. Lazio 16 giugno 1994, n. 18 (recante disposizioni per il riordino del servizio sanitario regionale ai sensi del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni e integrazioni, istituzione delle aziende unita sanitarie locali e delle aziende ospedaliere) nonchè del Delib. Giunta Regionale di tale Regione n. 6796 del 1997, certo essendo che – a prescindere da ogni altra considerazione – esula dalle materie attribuite alla competenza regionale quella della determinazione del canone di affitto dei fondi rustici e, di conseguenza, di quantificazione del danno in caso di abusiva occupazione di fondi rustici (di proprietà, comunque, non regionale).

6. Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano improcedibilità della eccezione di compensazione per omesso tentativo di conciliazione;

errore di diritto con la violazione dell’art. 115 c.p.c.; errore di diritto con la violazione della L. 3 maggio 1982, n. 203, art. 46, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere i giudici di appello dichiarato improcedibile la domanda riconvenzionale, per non essere stata preceduta dal tentativo di conciliazione di cui alla L. 3 maggio 1982, n. 203, art. 46, totalmente prescindendo dal considerare che tale tentativo era stato sollecitato in data 7 ottobre 2006.

7. Il motivo pare, per un verso, inammissibile, per altro, manifestamente infondato.

7.1. Sotto il primo profilo (inammissibilità) si osserva che i giudici di appello hanno dichiarato la improcedibilità della domanda perchè non preceduta dal previo tentativo di conciliazione di cui alla L. n. 203 del 1982, art. 46.

Assumendo, per contro, i ricorrenti, che tale tentativo era stato – in realtà – sollecitato è palese che gli stessi lamentano non una violazione di legge (sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3) in cui sarebbero incorsi i giudici di appello, ma imputano a costoro di avere supposto inesistente un fatto (il tentativo obbligatorio di conciliazione) la cui verità, per contro, è positivamente stabilita ed è evidente, pertanto, che il vizio doveva essere dedotto non come motivo di ricorso per cassazione, ma proponendo impugnazione per revocazione, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4 (cfr., tra le tantissime, Cass. 9 gennaio 2007, n. 213;

Cass. 25 agosto 2006, n. 18498; Cass., sez. un., 20 giugno 2006, n. 14100; Cass. 18 gennaio 2006, n. 830; Cass. 30 novembre 2005, n. 26091).

7.2. Anche a prescindere da quanto precede si osserva che giusta la testuale previsione di cui alla L. 3 maggio 1982, n. 203, art. 46, chi intende proporre in giudizio una domanda relativa a una controversia agraria è tenuto a darne preventivamente comunicazione …

Pacifico quanto precede, cioè che il tentativo di conciliazione deve precedere la proposizione della domanda e non seguire questa, pacifico che nella specie il presente giudizio è iniziato nel 2003 (e del 2003 è, altresì, la comparsa di costituzione dei convenuti, odierni ricorrenti) è palese la assoluta irrilevanza, al fine del decidere di un tentativo di conciliazione sollecitato unicamente nel mese di ottobre 2006 (successivamente all’udienza in cui la causa, in primo grado, è stata trattenuta per la decisione, svoltasi il 23 giugno 2006).

8. Con il quarto motivo i ricorrenti lamentano manifestazione di volontà di dividere le scorte, di consegnarle alla congregazione;

violazione degli artt. 113 e 115 c.p.c.; erroneità della condanna a pagare il valore delle quote delle scorte alla congregazione;

violazione dell’art. 1362 c.c., comma 2 e segg., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per avere i giudici di appello rigettato il secondo motivo di impugnazione “con il quale era stata dedotta l’erronea condanna a pagare il valore delle scorte”.

9. Il motivo per più aspetti oscuro pare inammissibile, ove solo si considera che non solo non esiste alcuna relazione tra gli argomenti addotti dalla sentenza impugnata per giungere al rigetto dello specifico motivo di appello argomenti puntualmente trascritti in ricorso e le censure sviluppate nel corpo del motivo (senza considerare che si invocano conclusioni rassegnate nel quarto motivo di appello, totalmente prescindendo dal considerare che la sentenza di secondo grado ha accertato che l’appello si articolava unicamente in tre motivi e non si denunzia – come sarebbe stato necessario – la sentenza sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, sotto il profilo della nullità della stessa per omessa pronunzia su uno dei motivi di appello)”.

2. Il collegio condivide i motivi in fatto e diritto esposti nella relazione, anche tenuto presente che in replica alla sopra trascritta relazione non sono state depositare memorie.

Il proposto ricorso, pertanto, manifestamente infondato, deve essere rigettato con condanna dei ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso;

condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00, oltre Euro 1.500,00 per onorari e oltre spese generali e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, della Corte di Cassazione, il 31 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2011

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