Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8413 del 25/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 25/03/2021, (ud. 24/02/2021, dep. 25/03/2021), n.8413

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30405-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

I.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VALADIER

43, presso lo studio dell’avvocato EGIDIO LIZZA, rappresentata e

difesa dall’avvocato RAFFAELE RAUSO;

– controricorrente –

;

– intimati –

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, (OMISSIS), in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

I.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VALADIER

43, presso lo studio dell’avvocato EGIDIO LIZZA, rappresentata e

difesa dall’avvocato RAFFAELE RAUSO;

– controricorrente all’incidentale –

avverso la sentenza n. 5642/24/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA CAMPANIA, depositata il 28/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA

CAPRIOLI.

 

Fatto

Ritenuto che:

V.E. e I.A. proponevano tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 182/29/11 dei 22 giugno 2011 con la quale la commissione tributaria regionale della Campania, in riforma della prima decisione, aveva ritenuto legittime le cartelle di pagamento loro notificate da Equitalia Sestri spa per imposta principale di successione, ipocatastale, Invim ed accessori; ciò in relazione alla dichiarazione di successione di V.A., di cui si assumeva la loro qualità di eredi.

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha rilevato che: – le cartelle in questione erano state emesse in conformità a sentenza della corte di cassazione n. 9209/07 che, in rigetto del ricorso delle contribuenti, aveva confermato la sentenza n. 7142/99 con la quale la commissione tributaria centrale aveva rettificato in minor importo (Lire 247.168.401) le passività successorie opponibili all’amministrazione finanziaria, rispetto a quelle denunciate dalle parti (Lire 704.134.316); – la commissione tributaria centrale, all’esito di “analitica motivazione”, aveva stabilito che l’ufficio dovesse conseguentemente “procedere a nuova liquidazione sulla base dei conteggi derivanti dalle superiori statuizioni”, con sufficienza del ricalcolo degli importi dovuti, e senza necessità di emissione di un nuovo avviso di liquidazione; – le contribuenti non avevano mosso eccezioni sul quantum così riliquidato.

Resistevano con controricorso tanto l’agenzia delle entrate quanto Equitalia Sud.

Con sentenza n. 11469/2018 questa Corte riteneva infondate le questioni relative al merito della pretesa rilevando tuttavia che il giudice del gravame avesse effettivamente errato nel ritenere – una volta accolto il motivo di appello proposto dall’ufficio in ordine alla non necessità di nuovo avviso di liquidazione – “assorbite le altre eccezioni” riguardanti profili del tutto diversi dalla mancanza di avviso di liquidazione, così da escludersi qualsivoglia nesso logico-giuridico di continenza, esclusione ovvero assorbimento tra le varie eccezioni, con conseguente necessità di rinvio della controversia alla commissione tributaria regionale della Campania.

Riassunto il giudizio da parte di V.E. e I.A. la CTR della Campania con sentenza n. 5642/2019 accoglieva l’appello delle contribuenti.

Rilevava la carenza di legittimazione passiva in capo a V.E. in ordine alle imposta di successione dell’eredità di V.A. per mancata accettazione dell’eredità.

Con riguardo alle cartelle indirizzate a I.A. il giudice di appello le riteneva nulle per omessa indicazione dei responsabile del procedimento in quanto le stesse erano state emesse alla luce del disposto del D.L. n. 248 del 2007, art. 36, comma 4 ter.

Sottolineava che doveva considerarsi altresì fondata l’eccezione relativa alla doppia imposizione risultando notificate per la medesima pretesa creditoria due cartelle una in data (OMISSIS) quale moglie erede ed un’altra successiva in data (OMISSIS) in proprio.

Avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi cui resistono I.A. e l’Agenzia della riscossione presentando a sua volta ricorso incidentale.

Diritto

Considerato che:

Con il primo motivo del ricorso principale si deduce la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, dell’art. 118 disp att c.p.c., nonchè del D.L. n. 248 del 2007, art. 36, comma 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si sostiene che la CTR avrebbe ritenuta nulla la cartella per la mancata indicazione del responsabile del procedimento senza esplicitare le ragioni del suo convincimento.

Si osserva comunque che la norma citata nella impugnata sentenza si limita a richiedere che venga esplicitato in cartella H responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo e di quello di emissione e notificazione della stessa cartella, indicazioni queste che sarebbero state contenute nei provvedimenti in esame.

Si rileva infine che l’eventuale irregolarità evidenziata dalla CTR non avrebbe comunque potuto condurre alla nullità della cartella in quanto non pregiudizievole del diritto di informazione del contribuente.

Con un secondo motivo l’Amministrazione denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 637 del 1972, art. 46, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

L’Ufficio si duole che la CTR sarebbe incorsa in errore annullando l’intero carico relativo alle cartelle impugnate senza considerare che in questo caso avrebbe dovuto essere annullata soltanto la cartella emessa successivamente

La contribuente oltre ad eccepire l’inammissibilità del ricorso rileva che l’impugnativa per cassazione era stata proposta dall’Amministrazione finanziaria e dall’Agente per la riscossione solo nei confronti di I.A. sicchè la statuizione relativa a V.E. era divenuta definitiva anche per quanto attiene alla liquidazione delle spese come disposta dalla CTR. L’Agente della riscossione contesta la decisione impugnata proponendo un motivo di censura identico a quello dell’amministrazione finanziaria facendo proprio anche le considerazioni sviluppate nel secondo motivo.

Iniziando la disamina dal primo motivo del ricorso principale va esclusa preliminarmente la fondatezza dell’eccezione del controricorrente di inammissibilità del ricorso per difetto di specificità delle censure riportate nel ricorso, che, già per quanto sopra riferito, intercettano in maniera puntuale le argomentazioni svolte dai giudici di appello nell’impugnata sentenza.

Ciò posto non è configurabile il vizio di nullità della sentenza impugnata nei termini prospettati dalla ricorrente e dall’Agente della riscossione.

Giova infatti ricordare che in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass. S.U. 8053/2014; Cass. 23940/2017).

Ricorre il vizio di apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento.

Nella specie la CTR ha enunciato le ragioni in fatto e diritto -consistite nell’avere riscontrato la violazione del disposto del D.L. n. 248 del 2007, art. 36, comma 4 ter, in ordine all’omessa indicazione nelle cartelle impugnate entrambe emesse successivamente al 1.6.2008 l’indicazione del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo non essendo rispondente alla ratio della norma in questione l’indicazione di tale G.A. ai fini degli adempimenti di stampa e di notifica della cartella – che sorreggono il decisum in modo da rispettare il parametro del “minimo costituzionale”.

Con riguardo al merito della contestazione si osserva che ai sensi del D.L. n. 248 del 2007, art. 36, comma ter, conv. in L. n. 31 del 2008, “La cartella di pagamento di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 25, e successive modificazioni, contiene altresì, a pena di nullità, l’indicazione del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo e di quello di emissione e di notificazione della stessa cartella. Le disposizioni di cui al periodo precedente si applicano ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal primo giugno 2008; la mancata indicazione dei responsabili dei procedimenti nelle cartelle di pagamento relative a ruoli consegnati prima di tale data non è causa di nullità delle stesse”.

Va premesso che, nel caso di specie, le cartelle di pagamento sono state emesse, secondo quanto rilevato dalla CTR con un’accertamento in fatto non sindacabile in questa sede, successivamente al 1 giugno 2008, onde ad essa è applicabile il D.L. n. 248 del 2007, art. 36, comma 4 ter, conv. nella L. n. 31 del 2008, che reca la necessità che nella cartella di pagamento figuri l’indicazione del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo.

E’ pacifico che le cartelle rechino solamente l’indicazione del procedimento di emissione della cartella e non anche quello del responsabile di iscrizione a ruolo.

Secondo quanto affermato dalla CTR l’indicazione di G.A. ai fini degli adempimenti di stampa e di notifica della cartella sarebbe inidonea a sopperire alla omessa indicazione del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo.

Tale assunto trova conferma nella giurisprudenza di questa Corte che enunciato il principio secondo il quale “la formulazione del D.L. n. 248 del 2007, art. 36, comma 4 ter, in attuazione di quanto più in generale già disposto dalla L. n. 241 del 1990, art. 8, comma 2, lett. c, non dà luogo a dubbi. Ciò che si richiede, per rendere “personalizzato” il rapporto tra Amministrazione e Cittadino, è che si indichi il nome del responsabile del procedimento. A tal fine non è certo sufficiente che si abbia ad indicare l’Ufficio o la struttura che è destinata a svolgere il procedimento (quale, nel caso di specie, il Direttore dell’Ufficio preposto all’iscrizione a ruolo) E’ più che evidente che l’indicazione dell’Ufficio o della Struttura, circostanze, del resto, ben note perchè rese pubbliche, non possono realizzare la finalità di rendere “personale” il rapporto, nel caso di specie, con il contribuente La “personalizzazione” è in funzione della chiara individuazione di una persona fisica responsabile della eventuale inosservanza del singolo procedimento, dovendo il contribuente sapere chi e in quale momento fosse “la persona fisica” appartenente all’Ufficio preposta allo svolgimento del procedimento.” (cfr. Cass. n. 33565 del 2018, Cass. n. 9106 del 2020).

La decisione resa dalla CTR è pertanto conforme agli indirizzi giurisprudenziali sopra enunciati e si sottrae alla critica che le viene mossa.

L’accertata nullità delle cartelle comporta l’assorbimento dell’ulteriore profilo di censura fatto valere dal ricorrente principale con cui si duole dell’annullamento di entrambe le cartelle richiedenti la medesima imposizione.

Restano assorbite le considerazioni sviluppate dalla contribuente nel paragrafo relativo alle spese di lite.

Va pertanto rigettato il primo motivo di ricorso principale e di quello incidentale proposto dall’Agenzia della riscossione.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo secondo i criteri normativi vigenti.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale proposto dall’Agenzia della riscossione; condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento in favore della controricorrente delle spese di legittimità che si liquidano in complessive Euro 10.000,00 oltre s.p.a.d..

Così deciso in Roma, il 24 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2021

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