Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8412 del 31/03/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 31/03/2017, (ud. 15/11/2016, dep.31/03/2017),  n. 8412

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. ANDREAZZA Gastone – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7007-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

S.C., O.T. elettivamente domiciliati in ROMA

VIA MONTE SANTO 25 presso lo studio dell’Avvocato GIOVANNI MERLA,

rappresentati e difesi dall’Avvocato VITTORIO DI MARTINO giusta

delega in calce;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 248/2013 della COMM.TRIB.REGISEZ.DIST. di

BRESCIA, depositata l’11/09/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/11/2016 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO;

udito per il ricorrente l’Avvocato GUIZZI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per i controricorrenti l’Avvocato DI MARTINO che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE Sergio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza depositata l’11/9/2013 la Commissione Tributaria Regionale di Milano, sez. distaccata di Brescia, confermò la decisione del giudice di primo grado che aveva integralmente accolto il ricorso proposto da S.C. e da O.T. avverso gli avvisi di accertamento emessi rispettivamente nei loro confronti dall’Agenzia delle Entrate ai fini dell’Irpef e delle Addizionali regionali e comunali all’Irpef per l’anno d’imposta 2005. Sulla base delle disposizioni di cui AL D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 4 l’ufficio aveva determinato sinteticamente il reddito in Euro 99.660 per lo S. e in Euro 38.607,00 per la O., rilevando una macroscopica incongruenza tra i redditi dichiarati e il tenore di vita della famiglia.

2. La Commissione fondava la decisione sul rilievo che i contribuenti avevano dimostrato documentalmente, con numerosi estratti di conti bancari di corrispondenza e patrimoniali, di possedere notevoli disponibilità economico-finanziarie, già tassate con ritenute d’imposta alla fonte, disponibilità tali da giustificare il possesso dei beni accertati dall’ufficio e le operazioni compiute nel 2005. Faceva riferimento in proposito a sentenze di primo e secondo grado, prodotte in copia, relative ad analoga materia del contendere e favorevoli ai contribuenti in relazione agli anni 2001 e 2002.

3. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate sulla base di un unico motivo. Resiste il contribuente con controricorso. Il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente con l’unico motivo deduce ex art. 360 c.p.c., n. 5: omessa motivazione in relazione ad un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti (costituito dall’utilizzo di “altri redditi” posseduti dai coniugi per il mantenimento dei beni nella propria disponibilità). Rileva che i contribuenti hanno dimostrato l’esistenza di altri redditi, ma sono rimaste completamente sfornite di prova le modalità di utilizzazione degli stessi, non risultando dimostrato che tali redditi, transitati nei propri conti correnti, siano stati impiegati per la conduzione della vita familiare. La Commissione, pertanto, ha omesso di valutare una precisa circostanza di fatto, vale a dire se la liquidità utilizzata per le spese familiari fosse proveniente proprio da quei redditi esenti, divenuti denaro contante e riversati sui conti.

2. La doglianza, per come posta, è inammissibile. Nella formulazione vigente ratione temporis, infatti, l’art. 360 c.p.c., n. 5, nel testo novellato ex L. n. 134 del 2012, consente la denuncia di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”. Secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629831), il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5) introduce nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia). La parte ricorrente, pertanto, dovrà indicare nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), – il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui ne risulti l’esistenza, il “come” e il “quando” (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, e la, “decisività” del fatto stesso (Cass. Sez. U. n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629831).

3. Gli indicati parametri non risultano rispettati nella specie, posto che il ricorrente, lamentando esclusivamente la sussistenza di un vizio motivazionale, non denuncia l’omessa valutazione riguardo a un “fatto” storico che risulti esistente dal testo della sentenza, ma lamenta sostanzialmente un errore di giudizio, concernente la valutazione degli elementi di prova ritenuti idonei a superare la presunzione di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38. Il motivo, pertanto, non rispecchia i criteri legali di formulazione richiesti dall’art. 360 c.p.c., n. 5, nel testo attualmente vigente.

4. In base alle svolte argomentazioni il ricorso va dichiarata inammissibile. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

5. Non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, in quanto è soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 6.000,00 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 15 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2017

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