Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8408 del 30/04/2020

Cassazione civile sez. trib., 30/04/2020, (ud. 11/06/2019, dep. 30/04/2020), n.8408

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. PERINU Renato – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12968-2013 proposto da:

C.P.P., elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

GRACCHI 130, presso lo studio dell’avvocati TRERESINA TITINA MACRI’,

rappresentato e difeso dall’avvocato ARNALDO AMATUCCI giusta delega

in calce;

– ricorrente principale e controricorrente incidentale –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in personal del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta difende;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 181/2012 della COMM.TRIB.REG. di FIRENZE,

depositata il 13/11/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/06/2019 dal Consigliere Dott. PERINU RENATO;

udito i P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEDICINI ETTORE che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, accoglimento del ricorso incidentale;

udito per controricorrente l’Avvocato VALENZANO che si riporta agli

atti.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L’Agenzia delle Entrate notificava a C.P.P., quale socio della Chi.bi s.n.c., gli avvisi di accertamento relativi agli anni d’imposta 1992/1993, a mezzo dei quali procedeva alla rettifica dei redditi da partecipazione, avendo accertato a seguito di verifica della GDF, maggiori ricavi dalla vendita di oreficeria in capo alla Chi.bi. S.n.c., dallo stesso contribuente partecipata.

2. Tale avviso veniva impugnato davanti alla CTP, che accoglieva il ricorso del contribuente.

3. La CTR della Toscana, adita dall’Agenzia delle Entrate, riformava la decisione del giudice di prime cure.

4. Questa Corte, a seguito di gravame interposto da C.P.P., previa rilevazione del fatto che il processo tributario era stato instaurato senza che la società partecipata fosse stata parte del giudizio, sia in primo che in secondo grado, annullava le sentenze di primo e secondo grado, per illegittima costituzione del rapporto processuale.

5. La CTP officiata in sede di giudizio di riassunzione accoglieva in parte il ricorso del C..

6. La CTR, infine, con sentenza n. 181/12, depositata il 13/11/2012 pronunciando sul ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, accoglieva in parte l’appello principale e rigettava quello incidentale interposto dal contribuente.

7. In particolare, per quanto qui rileva, il giudice di secondo grado riteneva che, i movimenti bancari riferiti al C. riguardassero direttamente i ricavi ed i costi della società, e ciò sulla scorta dei seguenti elementi di fatto: a) il contribuente era socio della S.n.c. Chi.bi., con una partecipazione assolutamente preponderante (95%); b) lo stesso non possedeva altro reddito che quello derivante dalla sua attività nell’ambito societario; c) vi era una sostanziale corrispondenza fra i ricavi dichiarati dalla Società ed il reddito dichiarato dal C.; per altro verso confermava la determinazione equitativa degli oneri per la produzione (60%) stabilita dal giudice di primo grado.

8. Avverso la sentenza della CTR, ricorre per cassazione C.P.P., affidandosi a quattro motivi.

9. L’Agenzia delle Entrate, regolarmente intimata, si difende con controricorso e propone ricorso incidentale articolato in due motivi, il contribuente si difende con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso principale viene denunciata in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 115 e c.p.c., con conseguente errata applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, per avere la CTR ritenuto che dall’esame degli assegni o comunque dai movimenti bancari del C. si potesse dedurre che gli stessi appartenessero alla Chi.bi. S.n.c., e non al ricorrente quale formale intestatario.

2. Con il secondo motivo parte ricorrente lamenta in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, l’errata applicazione degli artt. 113 e 132 c.p.c., nonchè del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, per difetto di motivazione, ed inoltre per avere la CTR ritenuto legittima l’applicazione della clausola generale dell’equità, nella determinazione dei costi di produzione.

3. Con il terzo motivo viene dedotta in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per omesso esame delle prove documentali offerte in causa dal ricorrente, essenziali ai fini della decisione giudiziale, in relazione ai fatti richiamati all’interno delle stesse.

4. Con il quarto motivo viene denunciata in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione ed errata applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 39, comma 1, lett. d), e art. 36, nonchè dell’art. 53 Cost., per avere la CTR omesso di considerare che, trattandosi di rilevare non il costo dell’oro, ma l’utile dell’azienda ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), si sarebbe dovuto, necessariamente tener conto che nella formazione del costo complessivo, oltre a quello riguardante l’oro, occorre considerare quello della manodopera, nonchè gli altri che intervengono nella produzione del prodotto finito e nella sua commercializzazione.

5. Con il primo motivo del ricorso incidentale, l’Ufficio lamenta in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, e dell’art. 113 c.p.c., sotto un duplice profilo, per avere la CTR, erroneamente, ritenuto di escludere dal computo dei ricavi i prelevamenti non giustificati pur “in mancanza di giustificazioni per la maggior parte delle operazioni”, e per avere riconosciuto la deducibilità dei costi nella misura del 60%, senza che il contribuente avesse fornito adeguate prove specifiche e documentali circa l’effettivo sostenimento di tali costi.

6. Con il secondo motivo viene denunciata in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione e falsa applicazione dell’art. 113 c.p.c., per avere la decisione del giudice d’appello, in presenza degli insufficienti elementi probatori raccolti dal contribuente, proceduto ad un accertamento delle riprese a tassazione in via equitativa resa al di fuori dei limiti previsti dall’art. 113 c.p.c., comma 1.

7. Vanno, preliminarmente, divisati congiuntamente, per ragioni di ordine logico il primo, il terzo ed il quarto motivo di gravame.

8. Detti mezzi di gravame s’appalesano per un verso inammissibili, e sotto altro profilo infondati.

9. In ordine al primo profilo, è sufficiente richiamare un consolidato orientamento di questa Corte (Cass. 25608/13 – Cass. n. 24155/17 – Cass. 1414/2015) secondo il quale, prospettando il vizio di motivazione, non può essere richiesta l’inammissibile revisione del ragionamento decisorio del giudice, “non potendo mai la Corte di Cassazione procedere ad un’autonoma valutazione delle risultanze degli atti di causa” (Cass. n. 91/2014), e non potendo il vizio consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, spettando soltanto al giudice di merito di individuare le fonti del proprio convincimento, controllare l’attendibilità e la concludenza delle prove, scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione dando liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova; nella specie, i motivi in disamina, nel caso del quarto motivo anche al di là dell’intestazione formale, impingono sulle valutazioni di fatto operate dalla CTR, e contestano il percorso logico dell’assetto motivazionale della sentenza in disamina, richiedendo, pertanto, una revisione nel merito del convincimento del giudice, che non può essere fatta valere nel giudizio di legittimità.

10. In merito al secondo, giova sottolineare come la CTR abbia fatto corretta applicazione del condivisibile principio di diritto enunciato da questa Corte in tema di accertamento IVA, ma valido anche in tema di imposte sui redditi ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 32 e 37, secondo cui: “In tema di accertamento IVA relativo a società di persone a ristretta base familiare, l’Ufficio finanziario può legittimamente utilizzare, nell’esercizio dei poteri attribuitigli dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, comma 2, nn. 2 e 7, le risultanze di conti correnti bancari intestati ai soci, riferendo alla medesima società le operazioni ivi riscontrate (nella specie, prelevamenti), tenuto conto della relazione di parentela tra quelli esistente, idonea a far presumere, salvo facoltà di provare la diversa origine delle entrate, la sostanziale sovrapposizione degli interessi economici perseguiti dalla società con quelli stessi dei soci.” (Cass. n. 6595/2013 – Cass. n. 30098/2018); tale principio si attaglia in pieno alla fattispecie concreta divisata dal giudice di secondo grado, in considerazione delle inspiegabili disponibilità in capo ai c/c del C..

11. Va, invece accolto il secondo motivo nella parte in cui censura il ricorso, operato dalla CTR per determinare i costi deducibili, con riferimento al criterio equitativo, posto che per giurisprudenza consolidata (Cass. n. 25365/2007) non può trovare applicazione la clausola equitativa.

12. Pare opportuno far precedere l’esame del primo motivo del ricorso incidentale da un sintetico richiamo ai principi affermati da questa Corte sul tema oggetto del giudizio, atteso che le doglianze mosse dalla ricorrente riguardano la determinazione del reddito d’impresa e l’applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32.

13. Su tale tema, l’orientamento di questa Corte (Cass. n. 7813/2010 – Cass. n. 2432/2017) è consolidato nel ritenere che la presunzione legale (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari a norma del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2, non sia riferibile ai soli titolari di reddito d’impresa o di reddito di lavoro autonomo, ma si estenda alla generalità dei contribuenti come è reso palese dal richiamo, operato dal citato D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, anche al medesimo D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, concernente l’accertamento del reddito complessivo delle persone fisiche, e che tale presunzione possa essere contrastata dal contribuente, solo adempiendo all’onere di dimostrare che sia i versamenti ed i prelievi sul conto corrente siano serviti per pagare determinati beneficiari, anzichè costituire acquisizione di utili; infatti, posto che nella “subiecta materia” sussiste inversione dell’onere della prova, alla presunzione di legge (relativa) va contrapposta una prova, non un’altra presunzione semplice ovvero una mera affermazione di carattere generale, nè è possibile ricorrere all’equità (Cass. n. 25365/2007 – Cass. n. 13035/2012).

14. Sul punto, pertanto, va accolto il motivo di gravame con assorbimento del secondo mezzo di gravame, in quanto la CTR ha fondato la determinazione dei costi deducibili sulla base del criterio dell’equità, e senza attenersi ai principi dianzi richiamati.

15. A ciò consegue l’accoglimento, per quanto di ragione, del ricorso principale e di quello incidentale, con rinvio alla CTR della Toscana che, in diversa composizione, provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso principale e quello incidentale, nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti; e rinvia alla CTR della Toscana che, in diversa composizione provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 11 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 aprile 2020

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