Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8407 del 12/04/2011

Cassazione civile sez. VI, 12/04/2011, (ud. 31/03/2011, dep. 12/04/2011), n.8407

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – rel. Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 3377/2010 proposto da:

G.C. (OMISSIS), B.A.

(OMISSIS), B.L. (OMISSIS), in proprio e

quali eredi legittimi del Sig. B.M., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 30, presso lo studio

dell’avvocato CAMICI Giammaria, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ANTONELLA NARDI, giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

MILANO ASSICURAZIONI SPA (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante – amministratore delegato e per esso il Dirigente,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LEONE IV 99, presso lo studio

dell’avvocato FERZI Carlo, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato BECHI FRANCO, giusta mandato margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

CROCE VERDE – ASSOCIAZIONE VOLONTARI DI PUBBLICA ASSISTENZA –

(OMISSIS), in persona del suo Presidente e legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA APRICALE 31,

presso lo studio dell’avvocato VITOLO MASSIMO, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MONCIATTI PATRIZIO, giusta procura in

calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1044/2009 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE del

26/05/09, depositata il 03/08/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

31/03/2011 dal Presidente Relatore Dott. MARIO FINOCCHIARO;

udito l’Avvocato Ferzi Carlo, difensore del controricorrente (Milano

Ass.ni) che si riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. COSTANTINO FUCCI che si

riporta alla relazione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

1. E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente comunicata al P.G. e notificata alle parti:

“Il Consigliere relatore, Dott. Camillo Filadoro, letti gli atti RILEVA:

1. Con sentenza 26 maggio – 3 agosto 2009 la Corte di appello di Firenze, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Pistoia del 30 maggio-2 novembre 2005, dichiarava il concorso di colpa del defunto B.M. (rispettivamente marito e padre dei tre attori) in relazione al sinistro stradale del (OMISSIS), rideterminando nella minor somma di Euro 58.967,11 il residuo credito degli attori nei confronti dei tre convenuti: F.R., Croce Verde e spa Milano assicurazioni, rispettivamente conducente e proprietario e compagnia di assicurazioni della autoambulanza, interessata dall’incidente.

2. La Corte territoriale condannava dunque gli attori a restituire quanto ricevuto in più in forza della decisione di primo grado, la quale aveva ritenuto la responsabilità esclusiva del conducente dell’ambulanza per avere impegnato l’incrocio con luce semaforica rossa e condannava, d’altro lato, gli eredi B. nei limiti della quota ereditaria e la società Nuova Maa assicurazioni, presso la quale era assicurata la vettura condotta dal B., al risarcimento dei danni materiali riportati dall’ambulanza, nei limiti dei due terzi di responsabilità riconosciuti a carico del B.. La responsabilità del B., ad avviso dei giudici di appello, era da ravvisare nel fatto di non avere dato la precedenza all’ambulanza.

Proprio per le avverse condizioni atmosferiche del momento, e della strada bagnata, il B. avrebbe dovuto approssimarsi al crocevia con una andatura particolarmente moderata e con la massima cautela.

3. Doveva ritenersi accertato, sulla base degli accertamenti disposti e delle risultanze probatorie, che il B. non aveva sentito la sirena dell’ambulanza o che comunque l’aveva avvertita con colpevole ritardo, così violando il precetto costituito dall’allora vigente art. 126 C.d.S., che gli imponeva l’obbligo di arrestarsi all’incrocio e di lasciare libero il passo al mezzo di soccorso.

4. I giudici di appello rilevavano poi che il conducente dell’ambulanza, che pacificamente aveva superato l’incrocio con il semaforo rosso, non poteva ritenersi esente da qualsiasi responsabilità. Il disposto dell’art. 126 C.d.S. (vigente all’epoca dei fatti) – sottolinea la sentenza della Corte d’appello – non esime i conducenti dei mezzi di soccorso dal generale dovere di attenersi comunque al rispetto delle regole di comune prudenza e diligenza e di adottare tutte le cautele idonee a prevenire pericoli per la pubblica incolumità.

5. Avverso tale decisione, la moglie ed i figli di B.M. hanno proposto ricorso per cassazione sorretto da un unico motivo.

6. Resistono con distinti controricorsi la Milano assicurazioni e la Croce verde.

7. Con l’unico motivo i ricorrenti deducono motivazione omessa, insufficiente e/o contraddittoria circa un fatto controverso e decisivo del giudizio, violazione dell’art. 115 e 101 c.p.c., e dell’art. 111 Cost.. I giudici di appello erano giunti ad affermare il prevalente concorso di colpa del B. unicamente sulla base della perizia espletata nel giudizio penale, senza tener conto delle diverse conclusioni cui era giunto il consulente tecnico nominato dall’ufficio nel giudizio civile e della testimonianza resa dal T., presente sul luogo del sinistro. Nel contrasto delle diverse risultanze, il giudice del merito avrebbe avuto l’onere di motivare compiutamente le ragioni del dissenso rispetto alle conclusioni dell’ausiliario da lui nominato. Le risultanze della perizia penale utilizzate dalla sentenza di appello erano da considerare scarse ed incomplete. Inoltre, i giudici di appello non avevano tenuto conto di numerose circostanze di fatto che deponevano per una maggiore difficoltà di percepire rumori dall’esterno della vettura (pioggia battente, finestrini chiusi, tergicristalli in funzione, traffico intenso). I giudici di appello avevano dato maggior credito alla deposizione resa dalla teste A. (che aveva affermato di aver avvertito la sirena) rispetto alle dichiarazioni rese dal teste T., che si trovava a pochi metri di distanza dal luogo dell’incidente ed aveva dichiarato di non aver sentito la sirena della ambulanza.

8. Il consigliere relatore ritiene che sia possibile definire il giudizio con una pronuncia di rigetto del ricorso, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5.

9. Attraverso la denuncia di vizi della motivazione e di violazione di norme di diritto, i ricorrenti in buona sostanza sollecitano una diversa lettura delle risultanze processuali, inammissibile in questa sede.

10. Il giudice civile, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, può ben utilizzare le risultanze di una perizia resa in sede penale (anche se questa si ponga in contrasto con le acquisizioni della consulenza tecnica di ufficio disposta in sede civile) purchè dia motivazione delle ragioni che lo portano a condividere le conclusioni cui è giunto il perito in sede penale.

Tale conclusione appare in linea con la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale: il giudice di merito può utilizzare, in mancanza di qualsiasi divieto di legge, anche prove raccolte in un diverso giudizio fra le stesse o anche fra altre parti, come qualsiasi altra produzione delle parti stesse, e può quindi trarre elementi di convincimento ed anche attribuire valore di prova esclusiva ad una perizia disposta in sede penale, tanto più se essa sia stata predisposta in relazione ad un giudizio avente ad oggetto una situazione di fatto rilevante in entrambi i processi (Cass. 16 maggio 2006 n. 11426, e 11 agosto 1999 n. 8585).

11. Sfugge dunque a qualsiasi censura la conclusione cui è pervenuta la Corte territoriale, che ha attribuito la responsabilità del sinistro per 1/3 al conducente dell’ambulanza e per 2/3 al conducente dell’auto. Al conducente dell’ambulanza i giudici di appello hanno attribuito il concorso di colpa per avere affrontato l’incrocio ad una andatura di 70/80 kmh, in centro cittadino, in pieno giorno, con pioggia battente e strada bagnata.

12. Il F., hanno sottolineato i giudici di appello, avrebbe dovuto rallentare e una andatura più prudenziale gli avrebbe verosimilmente consentito di frenare e di evitare la collisione con la macchina che sarebbe potuto passare indenne, tanto più tenendo conto delle modalità dell’urto (l’ambulanza ha colpito la Opel sulla fiancata anteriore, segno che l’auto era entrata sull’incrocio in anticipo rispetto al veicolo di soccorso).

13. La sentenza impugnata è dunque in linea con il consolidato insegnamento di questa Corte: il conducente di autoveicoli della polizia, dei vigili del fuoco o di ambulanze, il quale circoli per servizio urgente e con le sirene in funzione, è esonerato dall’osservanza di obblighi e divieti inerenti alla circolazione stradale, ma non dal generale dovere di rispettare le norme di comune prudenza. Ne consegue che, in caso di sinistro (nella specie, investimento pedonale), resta onere del conducente fornire la prova liberatoria di aver fatto tutto il possibile per evitare il sinistro (art. 2054 cod. civ., comma 1), pur se la inevitabilità altrimenti dell’evento va valutata tenendo conto della effettiva situazione di emergenza (Cass. 18 dicembre 1996 n. 11323).

14. E, sotto altro profilo: nel caso di scontro di veicoli, l’entità della prova liberatoria, che uno dei conducenti deve fornire per vincere la presunzione di pari concorso di colpa stabilita dall’art. 2054 cod. civ., comma 2, deve essere determinata non in astratto, ma in rapporto alla concreta situazione della circolazione. Pertanto, il conducente di un’auto scontratasi con un’autoambulanza avente il dispositivo supplementare di allarme in azione è tenuto, al fine suddetto, a dimostrare positivamente – oltre l’adeguatezza della velocità da lui mantenuta – di aver arrestato il proprio veicolo tempestivamente, in rapporto non soltanto all’avvistamento della ambulanza ma anche alla percezione acustica della sirena azionata dalla stessa (Cass. 18 febbraio 1980 n. 1180).

Conclusivamente, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in Camera di consiglio, potendo essere dichiarato inammissibile o rigettato in quanto manifestamente infondato (art. 375 c.p.c., comma 1, nn. 1 e 5)”.

2. Il collegio condivide i motivi in fatto e diritto esposti nella relazione.

Anche atteso che la memoria depositata dalla difesa dei ricorrenti:

– da un lato, prescinde totalmente sia dalle considerazioni ampiamente svolte nella sopra trascritta relazione al fine di dimostrare la manifesta infondatezza del ricorso, sia dalla puntuale – assolutamente pacifica – giurisprudenza di questa Corte regolatrice richiamata nella detta relazione a fondamento delle conclusioni ivi raggiunte;

– dall’altro, si esaurisce nella soggettiva valutazione, da parte della stessa difesa dei ricorrenti, che il proposto ricorso è ammissibile e fondato;

– totalmente prescindendo da una più che consolidata giurisprudenza di questa Corte regolatrice costante nell’affermare:

– e che in tema di incidenti stradali la ricostruzione della loro dinamica, come pure l’accertamento delle condotte dei veicoli coinvolti e della sussistenza o meno della colpa dei soggetti coinvolti e la loro eventuale graduazione, al pari dell’accertamento della esistenza o esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l’evento dannoso, integrano altrettanti giudizi di merito, come tali sottratti al sindacato di legittimità, qualora il procedimento posto a base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico-giuridico, e ciò anche per quanto concerne il punto specifico se il conducente di uno dei veicoli abbia fornito la prova liberatoria di cui all’art. 2054 c.c. (Tra le tantissime, Cass. 18 aprile 2007, n. 9243; Cass. 5 giugno 2007, n. 13085; Cass. 23 febbraio 2006, n. 4009; Cass. 12 luglio 2005, n. 14599; Cass. 14 luglio 2003, n. 11007; Cass. 10 luglio 2003, n. 10880; Cass. 5 aprile 2003, n. 5375; Cass. 11 novembre 2002, n. 15809);

– e che, comunque, il motivo di ricorso per cassazione con il quale alle sentenza impugnata venga mossa censura per vizi di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – contemporaneamente – deve essere inteso a far valere carenze o lacune nelle argomentazioni, ovvero illogicità nella attribuzione agli elementi di giudizio di un significato fuori dal senso comune, o ancora, mancanza di coerenza tra le varie ragioni esposte per assoluta incompatibilità razionale degli argomenti ed insanabile contrasto tra gli stessi, mentre non può, invece, essere inteso a far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, non si può proporre un preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti (cfr. Cass. 2 novembre 2010, n. 25127;

Cass. 13 ottobre 2010, n. 22298; Cass. 26 aprile 2010, n. 9908; Cass. 30 marzo 2010, n. 7626; Cass. 26 marzo 2010, n. 7394, tra le tantissime).

Il proposto ricorso, pertanto, deve essere rigettato, con condanna dei ricorrenti, in solido al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità liquidate come dispositivo, in favore dei controricorrenti.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso;

condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità liquidate in Euro 200,00, oltre Euro 4.000,00 per onorari e oltre spese generali e accessori come per legge, in favore della Milano Assicurazioni s.p.a. e in Euro 200,00, oltre Euro 3.500,00 per onorari e oltre spese generali e accessori come per legge in favore della Croce Verde.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 31 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2011

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