Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8402 del 31/03/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 31/03/2017, (ud. 09/02/2016, dep.31/03/2017),  n. 8402

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29921/2011 proposto da:

IMMOBILIARE SUD SRL IN LIQUIDAZIONE in persona del Liquidatore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PANAMA 6, presso lo

studio dell’avvocato GIOVANNI PUOTI, che lo rappresenta e difende

delega a margine;

– ricorrenti –

contro

EQUITALIA SUD SPA in persona dell’Amm.re delegato pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TARVISIO 2, presso lo studio

dell’avvocato MARCO FIERTLER, che lo rappresenta e difende delega a

margine;

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 536/2010 della COMM. TRIB. REG. di CATANZARO,

depositata il 18/10/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/02/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO GRECO;

udito per il ricorrente l’Avvocato LOMONACO delega avvocato PUOTI che

si riporta agli atti;

udito per il controricorrente l’avvocato BACOSI che si riporta agli

atti;

è comparso l’avv. CANONACO per delega dell’avv. FIERTLER che si

riporta agli atti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI Anna Maria, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La IMM. SUD srl, già F.V. & Figli srl, propone ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, illustrati con successiva memoria, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Calabria che ne ha disatteso l’appello, confermando la fondatezza di due dinieghi di definizione, ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, relativi, rispettivamente, a omessi versamenti di ritenute per l’anno 2002, e ad omessi versamenti IRPH, IRAP e IVA per l’anno 2002, e di due cartelle di pagamento recanti iscrizione a ruolo, rispettivamente, di IVA, IRAP e ritenute, all’esito del controllo automatizzato delle dichiarazioni per l’anno 2002, e di IVA, IRAP e ritenute, all’esito del controllo automatizzato della dichiarazione per l’anno 2003.

Il giudice d’appello ha infatti ritenuto “sia da rigettare l’appello della contribuente società”.

“Non sono degne di pregio le argomentazioni reiterate prospettate dall’appellante: nessuna censura può essere mossa alla sentenza dei primi giudici, considerato anche che la società contribuente con i motivi d’appello si limita a reiterare le doglianze già esposte in primo grado, riproducendo le ragioni e circostanze già dedotte ed argomentate, senza però contrapporre alle argomentazioni del giudice le proprie argomentazioni tali da incrinare il fondamento logico giuridico delle prime. Nessuna decisione difforme dalla decisione appellata può essere omessa da questo giudice d’appello…. La sanzione di inammissibilità, prevista dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, deve colpire l’appello che si risolva in una richiesta di riforma della decisione in fatto ed in diritto della stessa in quanto consiste in un rinvio tout court alle difese affrontate nel precedente grado di giudizio”.

L’Agenzia delle entrate e la spa Equitalia Sud resistono con controricorso.

Diritto

MDTIVI DELLA DECTSICNE

Col primo motivo del ricorso, denunciando “violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2 e dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c.”, la contribuente censura la sentenza per aver dichiarato l’infondatezza dell’appello da essa contribuente proposto, confermando nel merito la statuizione dei giudici di primo grado.

Con il secondo motivo, denunciando “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 e dell’art. 342 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3″, assume che qualora invece dovesse ritenersi che la CTR, nonostante il chiaro tenore in senso contrario, abbia inteso pronunciare non già l’infondatezza nel merito, Ma l’inammissibilità dell’impugnazione per mancata specificazione dei motivi d’appello – accogliendo così la censura erariale in sede di costituzione in appello – tale statuizione sarebbe comunque illegittima per violazione della normativa processuale indicata in rubrica”.

La sentenza impugnata sembra incorrere in entrambi i vizi ad essa addebitati.

Questa Corte ha affermato che la sentenza è nulla ai sensi dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 – e quindi ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2 – ove risulti del tutto priva dell’esposizione dei motivi sui quali la decisione si fonda ovvero la motivazione sia solo apparente, estrinsecandosi in argomentazioni non idonee a rivelare la “ratio decidendi” (Cass. n. 161 del 2009).

Nella specie il giudice d’appello non ha dato conto delle ragioni del rigetto dell’appello, risolvendosi la motivazione sul punto in espressioni stereotipate e prive di contenuto (“le argomentazioni non sono degne di pregio nessuna censura può essere mossa alla sentenza dei primi giudici nessuna decisione difforme dalla decisione appellata, che appare assolutamente ponderata, può essere emessa da questo giudice d’appello…”).

Quanto al secondo motivo, questa Corte ha in più occasioni chiarito come “ai fini della specificità dei motivi d’ appello richiesta dall’art. 342 c.p.c., l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto, invocate a sostegno del gravame, possono sostanziarsi anche nella prospettazione delle medesime ragioni addotte nel giudizio di primo grado, purchè ciò determini una critica adeguata e specifica della decisione impugnata e consenta al giudice del gravame di percepire con certezza il contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice” (Cass. n. 25218 del 2011, n. 2814 del 2016).

Nella specie il giudice d’appello ha appunto ritenuto che “nessuna censura può essere mossa alla sentenza dei primi giudici, considerato anche che la società contribuente con i motivi d’appello si limita a reiterare le doglianze già esposte in primo grado, riproducendo le ragioni e circostanze già dedotte ed argomentate”, ma tanto ha affermato, a ben vedere, per ragioni che attengono al merito dell’impugnazione, piuttosto che alla sua ammissibilità (“le argomentazioni della società appellante non sono degne di pregio senza però contrapporre alle argomentazioni del giudice le proprie argomentazioni tali da incrinare il fondamento logico giuridico delle prima..”), ragioni che, a ben vedere, hanno consentito ad esso “giudice del gravame di percepire con certezza il contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice”.

In conclusione, il ricorso deve essere accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata, anche per le spese, alla CTR della Calabria in diversa composizione.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Calabria in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2017

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