Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8398 del 29/04/2020

Cassazione civile sez. III, 29/04/2020, (ud. 20/12/2019, dep. 29/04/2020), n.8398

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33188-2018 proposto da:

L.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SAN MARTINO

VALPERGA, 54, presso lo studio dell’avvocato CARLO RATTI, che lo

rappresenta difende;

– ricorrente –

contro

GROUPAMA ASSICURAZIONI SPA, in persona del Procuratore speciale e

Legale Rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CLEMENTE IX 10, presso lo studio dell’avvocato LUCIA FELICIOTTI, che

la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

EDILIDEA SRL IN LIQUIDAZIONE, C.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2278/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 10/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/12/2019 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L.R. ricorre per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 2278 del 2018 che, in riforma della sentenza di primo grado, pronunciando in relazione alle responsabilità di un sinistro occorso in (OMISSIS) nel quale L.R., alla guida di un motociclo e C.M. alla guida di un autocarro erano rimasti coinvolti, ha ritenuto che la responsabilità andasse imputata per il 50% al C., condannato in primo grado quale esclusivo responsabile dell’evento, e per il 50% al L., il quale al momento del sinistro, secondo le prove testimoniali acquisite in giudizio e ritenute attendibili dal giudice, si trovava nell’opposta corsia di marcia impegnato in un sorpasso vietato perchè effettuato nelle vicinanze di un semaforo ed in presenza di una linea di mezzeria continua. Il Giudice d’appello, adito dalla Groupama assicurazioni, compagnia assicuratrice del C., condannata in primo grado a pagare al L. la somma di Euro 789.813,49, per quel che ancora qui di interesse, ha rigettato l’eccezione di mancata integrazione del contraddittorio sollevata dal L., ritenendo che la società Groupama avesse correttamente integrato il contraddittorio nei confronti di C., notificando un apposito atto ai sensi dell’art. 163 c.p.c., a nulla rilevando che non fosse stata notificata l’ordinanza con la quale era stata ordinata la suddetta integrazione; nel merito il Giudice ha valorizzato la testimonianza di G.P., in linea con le risultanze del verbale della Polizia Municipale ed in ragione della presenza in loco del teste, testimonianza ritenuta da preferire ad altre, acquisite non nell’immediatezza del fatto ma a distanza di un mese; ha ridotto la durata dell’inabilità temporanea e la quota di danno liquidata a titolo di indennità lavorativa specifica, in mancanza di adeguata prova al riguardo ed ha liquidato il danno non patrimoniale sulla base delle Tabelle del Tribunale di Roma, già adottate dal giudice di prime cure senza che nessuna delle parti sollevasse specifiche contestazioni al riguardo. Conclusivamente ha rideterminato l’importo dovuto al L., detratte le somme già versate, in Euro 89.071,40 oltre interessi. Avverso la sentenza, che ha in parte compensato le spese di lite e per altra parte le ha poste a carico delle parti soccombenti, il L. ricorre affidandosi a cinque motivi, illustrati da memoria. Resiste Groupama Assicurazioni SpA con controricorso, illustrato da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo il ricorrente solleva la nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, error in procedendo in violazione degli artt. 102,163,291 e 292 c.p.c.artt. 331 e 332 c.p.c. e art. 350 c.p.c. con riguardo al capo di sentenza che ha ritenuto, ai fini dell’editio actionis e della vocatio in ius, irrilevante la mancata notifica dell’ordinanza con cui era stata disposta l’integrazione del contraddittorio.

Ad avviso del ricorrente la sentenza avrebbe erroneamente mancato di attribuire rilevanza alla mancata notifica dell’ordinanza con la quale il Giudice aveva sollecitato l’integrazione del contraddittorio.

1.1 Il motivo è infondato. Nell’atto di citazione per integrazione del contraddittorio è stato innanzitutto integralmente trascritto l’atto di appello ed in secondo luogo menzionata l’ordinanza di integrazione del contraddittorio alla parte che non si era costituita nel giudizio di primo grado. L’atto era pertanto del tutto legittimo ed efficace non essendo certamente necessaria la notifica dell’ordinanza della Corte d’Appello il cui contenuto era peraltro riportato nell’atto notificato.

L’appellante ha ottemperato all’esigenza di rendere edotta la parte rimasta contumace in primo grado dell’atto d’appello e del fatto che il Giudice considerasse il giudizio connotato da posizioni sostanziali inscindibili, così ottemperando alla ratio dell’art. 331 c.p.c. La sentenza appare soddisfare quanto statuito da questa Corte in tema di integrazione del contraddittorio come si evince dalla pronuncia Cass., 1, n. 13233 del 16/6/2011: “In tema di litisconsorzio necessario nel giudizio d’appello, ai sensi dell’art. 331 c.p.c. l’atto di integrazione del contraddittorio non deve contenere formule predeterminate essendo sufficiente, ai fini della sua validità, l’esposizione dei fatti di causa e delle doglianze mosse con l’atto di impugnazione, cioè atti che siano idonei al raggiungimento dello scopo di porre il destinatario al corrente dei termini dell’impugnazione e di difendersi costituendosi per l’udienza stabilita. Ne consegue la validità della notifica di fotocopia dell’atto di citazione in appello al destinatario precedentemente omesso, accompagnata dall’ordinanza del giudice che dispone l’integrazione del contraddittorio e fissa la nuova udienza”.

2. Con il secondo motivo di ricorso – omessa valutazione di un fatto storico decisivo risultante dagli atti di causa ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 con riguardo al capo di sentenza che ha valorizzato alcune risultanze istruttorie rispetto ad altre, omettendo fatti decisivi per la controversia – il ricorrente chiede, in sostanza, un riesame delle risultanze probatorie contestando che sia stato attribuito rilievo alla testimonianza del teste G. piuttosto che a quella dei testi Ch. e D.G..

2.1 Il motivo è inammissibile perchè impinge nel merito e contrasta con la consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo la quale il giudice del merito ha piena discrezionalità nella valutazione delle prove e nella scelta se attribuire rilevanza alle une piuttosto che alle altre ed il suo apprezzamento non è censurabile in cassazione (Cass., 2, n. 21187 dell’8/8/2019; Cass. L, n. 13054 del 10/6/2014: “In tema di procedimento civile, sono riservate al giudice del merito l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell’attendibilità e della concludenza delle prove, la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonchè la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento. E’, pertanto, insindacabile, in sede di legittimità, il “peso probatorio” di alcune testimonianze rispetto ad altre, in base al quale il giudice di secondo grado sia pervenuto a un giudizio logicamente motivato, diverso da quello formulato dal primo giudice”).

3. Con il terzo motivo di ricorso – omessa valutazione di un fatto storico decisivo risultante dagli atti di causa ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 in relazione alla CTU di primo grado del Dott. P. e alla mancata comparazione con la CTU di appello del Dott. R. – il ricorrente censura la sentenza nella parte in cui ha aderito acriticamente alle risultanze della CTU espletata in grado di appello omettendo ogni comparazione con le risultanze della CTU disposta in primo grado ed espressamente motivando nel senso della mancata contestazione delle risultanze della suddetta prima consulenza.

3.1 Il motivo è privo di specificità in quanto non evidenzia quali siano le parti della seconda consulenza contestate ed in contrasto con quelle della prima consulenza. In ogni caso la censura attiene al merito in quanto il Giudice d’Appello dispose il rinnovo della consulenza tecnica d’ufficio perchè non convinto delle risultanze della prima consulenza e motivò diffusamente sulle ragioni dell’adesione alle risultanze del secondo CTU. Il Giudice ha infatti considerato, soddisfacendo l’obbligo di motivazione, di poter aderire alle conclusioni medico-legali del CTU nominato nel giudizio di appello, “perchè basate su un compiuto esame anamnestico ed obiettivo e su uno studio ed una valutazione adeguati e coerenti degli elementi desunti da tale esame e dalla documentazione prodotta ed in considerazione del fatto che, nei termini assegnati dalla Corte d’Appello, nessuna delle parti costituite ha trasmesso al consulente note critiche sul contenuto della bozza peritale preventivamente trasmessa ai difensori”. A queste considerazioni segue un motivato dissenso rispetto alle conclusioni del CTU del primo grado del giudizio in ordine alla equiparazione, dell’entità delle lesioni riportate, alla perdita anatomica dell’arto.

Da quanto esposto consegue che, contrariamente a quanto affermato nel motivo di ricorso, il Giudice d’Appello ha sufficientemente motivato in relazione alle ragioni di adesione alla CTU espletata in grado d’appello. Ed ha pertanto soddisfatto le condizioni richieste dalla giurisprudenza di questa Corte in merito alle risultanze della CTU ed all’adesione ad essa da parte del giudice del merito. Si consideri sul punto la pronuncia Cass., L, n. 19572 del 26/8/2013 secondo la quale “In tema di consulenza tecnica di ufficio, se lo svolgimento di una prima consulenza non preclude l’affidamento di un’ulteriore indagine a professionista qualificato nella materia al fine di fornire al giudice un ulteriore mezzo volto alla più approfondita conoscenza dei fatti già provati dalle parti, è tuttavia necessario che il giudice che intenda uniformarsi alle risultanze della seconda consulenza tecnica di ufficio non si limiti ad un’adesione acritica ad esse ma giustifichi la propria preferenza, specificando la ragione per la quale ritiene di discostarsi dalle conclusioni del primo consulente, salvo che queste abbiano formato oggetto di esame critico nell’ambito della nuova relazione peritale con considerazioni non specificamente contestate dalle parti.”.

4. Con il quarto motivo di ricorso – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 Cost., comma 2, art. 1226 c.c., art. 116 c.p.c., artt. 2043 e 2907 c.c. e art. 99 c.p.c. – il ricorrente censura la sentenza per aver fatto applicazione delle Tabelle del Tribunale di Roma, anzichè di quelle del Tribunale di Milano.

4.1 Il motivo è inammissibile perchè le Tabelle del Tribunale di Roma sono state applicate già dal giudice di primo grado e nessuna delle parti ha contestato in appello tale applicazione, sicchè su tale statuizione è sceso il giudicato.

5. Con il quinto motivo il ricorrente censura la sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., art. 2043 c.c., art. 2059 c.c., art. 1226 c.c. art. 147 CdA per aver escluso la prova del danno da perdita della capacità lavorativa specifica avendo lo stesso danneggiato ritenuto che la suddetta incapacità non si fosse tradotta in riduzione di guadagno.

5.1 Il motivo è inammissibile perchè di merito. Il ricorrente non ha prodotto nei giudizi di merito le dichiarazioni dei redditi successive al sinistro ed ha del tutto omesso di provare la pretesa riduzione del reddito in nesso eziologico con l’occorso. La Corte territoriale ha dunque negato il danno patrimoniale non potendolo accertare neppure in via presuntiva, in ragione della mancanza in atti di qualunque elemento di prova della decrescita del reddito, essenziale ai fini della liquidazione del danno in parola.

6. Conclusivamente il ricorso va rigettato. In ragione delle alterne vicende giudiziali le spese del giudizio di cassazione sono compensate. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, del cd. “raddoppio” del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile, il 20 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 aprile 2020

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